in quiete
Il Sito di Gianfranco Bertagni

 

"La conoscenza di Dio non si può ottenere cercandola; tuttavia solo coloro che la cercano la trovano"
(Bayazid al-Bistami)

"Chi non cerca è addormentato, chi cerca è un accattone"
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George Ivanovitch Gurdijeff

[Oltre il mito] [Le danze sacre]

di Sauro Tronconi

Oltre il mito


Ogni epoca ha visto nascere, tra le pieghe della sua storia, alcuni uomini straordinari a cui l’esistenza ha dato il compito di far compiere un balzo alla consapevolezza e all’evoluzione generale, ed ogni volta questi uomini vengono mitizzati proprio per l’impulso di novità che apre nuovi spazi alla coscienza umana. George Ivanovitch Gurdjieff è sicuramente uno di questi uomini strordinari. Provate a pensare all’effetto che poteva produrre, agli inizi del 900, incontrare un uomo al di fuori dagli schemi di pensiero corrente, ma decisamente attivo e carismatico. Se un qualsiasi uomo del 2000 tornasse in quell’epoca, incontrerebbe persone spesso molto semplici, con un livello di suggestionabilità altissimo, che gli permetterebbe di muoversi ed arricchirsi con estrema facilità, e proprio questo accadde a Gurdjieff che era fuori dagli schemi morali dell’epoca. Gurdjieff era un uomo evoluto, che attraverso l’esplorazione e l’esperienza in varie culture era uscito dagli schemi che normalmente ingabbiano gli esseri umani. L’uomo è come un foglio bianco, su cui l’ambiente, la società incidono delle linee precise. Sul foglio di Gurdjieff vi erano sicuramente molte incisioni e soprattutto lui ne era divenuto il responsabile consapevole. Per l’uomo della strada il Maestro (colui che è “risvegliato”) deve rispecchiare un canone: essere un puro, un asceta al di sopra delle tentazioni di questo mondo, soffrire in miseria ecc.. ecc... Per molti il Maestro è uno schermo dove proiettare automaticamente tutte le aspettative e le angosce. Se pensassimo di vedere Gurdjieff quasi come un santo-asceta commetteremmo un errore madornale. Quando Gurdjieff arriva nell’ occidente della Russia Imperiale la rivoluzione è già nell’aria, c’è sentore di cambiamento e di trasformazione. Egli non ha assolutamente scrupoli nello sfruttare questi uomini inconsapevoli per procurarsi agi e ricchezze, “come rubare le caramelle ad un bimbo addormentato”. Mi piace pensare a Gurdjieff come ad un uomo che lungo il suo viaggio di consapevolezza si risveglia in un mondo che dorme e in maniera unica, senza retorica ne moralismi cerca di svegliarlo in qualsiasi modo e con qualsiasi mezzo. Egli era Maestro di se stesso, ed era divenuto inevitabilmente portatore di consapevolezza. Forse non è stato un caso che G. nascesse nel 1866 (?) ad Alexandropol nell’Armenia Russa, in uno di quegli spazi di contatto e di attrito tra varie religiosità, sia orientali che occidentali, dove culture diverse si mischiavano nel commercio e nelle guerre, una zona di frontiera, dove un padre prudente non registrava la nascita del proprio figlio. Il padre Ioannas Giorgiades era un ricco allevatore, ma anche un “ashok” poeta-bardo che amava raccontare uno straordinario repertorio di miti e leggende tramandate da generazioni, era anche un uomo duro, consapevole che il suo primogenito doveva sopravvivere in un ambiente duro, ostile, dove il debole facilmente soccombeva. L’infanzia di Gurdjieff dovette essere decisamente dura, in inverno veniva svegliato all’alba, doveva lavarsi all’aperto con acqua gelida e correre nudo, in estate invece per abituarlo ad essere sempre attento e vigile gli si facevano maneggiare dei serpenti; neanche il sonno era per lui un rifugio visto che veniva spesso svegliato nel cuore della notte. Il periodo della sua formazione sino all’età di 19 anni lo vede dibattersi in un ambiente culturale intriso di contraddizioni. Per molti anni egli è influenzato dal suo tutore il decano Borsh, con cui studia medicina e ingegneria. Cristianesimo e Islamismo, progresso occidentale e tradizionalismo orientale, intrighi politici e idealismo liberale, raziocinio ed eventi paranormali, è in questo coacerbo di culture che la mente particolarmente attenta di George Ivanovitch comincia a farsi delle domande; che significato vi è in tutta la creazione? Che connessioni vi sono tra gli strati di vita organica su questo pianeta e le forze planetarie e universali? L’uomo è un caso della creazione, oppure questa sua complessità unica e queste sue straordinarie potenzialità latenti gli danno un ruolo unico e insospettato in questa dinamica evolutiva? Forse da questo inizia l’avventura Gurdjieff o forse all’inizio a spingerlo furono le aspettative di un giovane intelligente che voleva “vivere” e non rimanere intrappolato nella miseria che a quei tempi faceva ovunque parte della quotidianità. Dall’estate del 1885 si può decisamente dire che Gurdjieff inizia il suo cammino iniziatico di Ricercatore. Siamo ancora in una fase storica in cui molte antiche conoscenze, ancora a portata di mano, erano spesso sottovalutate e non sfruttate. Il suo viaggio di ricerca inizia a Costantinopoli per studiare i dervisci Mevlevi e Bektaschi. Con altri compagni di viaggio, scavando “casualmente” tra le rovine dell’antica città di Ani, trovano le tracce della scuola esoterica di saggezza chiamata “La Confraternita di Sarmoung” ipoteticamente sviluppatesi nel 2500 a.C. in Babilonia. Nel Kurdistan scoprono una mappa dell’ Egitto pre-sabbia, poi proseguono per Alessandria e Il Cairo. Visitano Tebe, l’Abissinia e le rovine di Babilonia in Iraq. Nel periodo che va dal 1890 al 1910 grazie alla sua fenomenale capacità di sopravvivenza e probabilmente anche con agganci politici, Gurdjieff viaggia in lungo e in largo per l’Asia studiando e sperimentando, prima assieme ad un mitico gruppo di “cercatori della Verità”, poi da solo. Studia nel ritrovato, dopo lunghe ricerche, monastero di Sarmoung (da qui le famose Danze Sacre), esplora il deserto del Gobi, studia la magia persiana e le tecniche ipnotiche. Non si fa certamente scrupolo nel 1901 di diventare un agente dello Zar per entrare in Tibet, allora zona di attrito tra due potenze imperialiste, quella Russa e quella Inglese, probabilmente per trovare nuove discipline di consapevolezza, ma certamente anche per trovare ricchezze e possibilità di guadagno in quei mitici territori di cui all’epoca si parlava come la terra dell’oro. Troviamo Gurdjieff in Tibet più volte e per lunghi periodi, era probabilmente in zona quando il 5 luglio del 1903 il colonnello Francis Younghusband la invade penetrando dall’India. Assite al massacro dei Tibetani da parte degli Inglesi a Guru e alla successiva conquista di Lhasa. La leggenda narra che in questi frangenti assistendo alla morte di un Lama iniziato e quindi alla perdita di una straordinaria saggezza, Gurdjieff decidesse di combattere la suggestionabilità e l’isterismo delle masse che causano le guerre. Questa decisione non gli impedisce comunque di continuare la sua vita decisamente violenta e di imbattersi per ben tre volte “incidentalmente” in un proiettile. Durante questi anni di ricerche non viene risparmiato, vista l’epoca, da alcune pesanti malattie, non ultima l’idropisia che lo costringe ad andarsene dal Tibet. Solo la sua tempra fortissima e l’uso cosciente delle proprie energie gli permettono di sopravvivere. Molte altre volte durante la sua lunga esistenza egli mette alla prova le sue capacità psicofisiche, come accade nel pauroso incidente automobilistico occorsogli nell’estate del 1924 in Francia. Tutto si può dire di Gurdjieff ma certamente non che fosse un santo, o per lo meno non nell’accezione comune del termine. Era un uomo intelligente e sveglio, che in maniera determinata aveva lavorato sulla propria consapevolezza attingendo da varie tradizioni non rimanendo mai invischiato in una visione limitata, ma utilizzando tutto in una visione complessa e armonica. Gurdjieff è stato probabilmente il primo Ricercatore dell’era moderna a creare una sintesi tra Oriente e Occidente. Egli era un uomo del nostro tempo, e dal suo “qui ed ora” cominciò ad elaborare metodi per risvegliare l’essere umano dalla sua meccanicità, per far riemergere nell’individuo potenzialità latenti. La sua visione era decisamente in anticipo sul suo tempo, egli era spietatamente chiaro nella sua analisi. Diceva: “non c’è progresso di nessun tipo... la forma esterna cambia. L’essenza invece non cambia... La civiltà moderna è basata sulla violenza, sulla schiavitù e sulle belle parole”. Parlava delle popolazioni come di masse ipnotizzate, guidate da uomini ugualmente ipnotizzati che hanno come occupazione principale la reciproca distruzione condizionati da slogan assurdi. In questo stato di cose egli vedeva chiaramente l’inevitabilità della guerra, tutti gli accordi, le utopie, le leghe di Nazioni i trattati di pace, tutte le “soluzioni” trovate in superfice non avrebbero cambiato nulla. Il vero cambiamento deve essere dato dalla trasformazione spirituale dell’uomo, dal suo risveglio, dalla sua consapevolezza. Gurdjieff non amava i compromessi, aveva una visione netta, non addolcita da false retoriche sentimentali. Gurdjieff invita all’osservazione dell’Universo per quello che è non per quello che si vuole o che si crede sia, e descrive le energie cosmiche come un continuo processo di cambiamento e distruzione reciproca, un principio universale ed inevitabile di mantenimento reciproco. Per Gurdjieff se un uomo vive inconsapevolmente e meccanicamente la vita, la sua morte non sarà altro che alimento meccanico di questo stato di cose; ma se lavora costantemente alla sua consapevolezza, cercando il risveglio egli può liberarsi anche durante la vita ed “elaborare un anima che può sopravvivere alla morte”. La scelta è mangiare o essere mangiato. E’ la stessa tensione evolutiva presente in grandi Maestri del passato come Buddha o Cristo, ma posta in maniera cruda ed essenziale. Anche per Gurdjieff l’obbiettivo era lo stesso, ma il metodo doveva essere per forza diverso unico e adatto all’uomo di quel periodo. I veri Maestri sono così, essi trovano dei metodi adatti a quel momento, metodi che devono per forza di cose essere innovativi. Non si può rimanere legati ad un momento evolutivo di 2000 anni prima. La sintesi della sua ricerca lo aveva fatto diventare inevitabilmente un Maestro quale che sia stata la molla dell’inizio, egli si era trasformato lungo la strada, nell’alchimia della coscienza, con la conoscenza. Da avventuriero l’esistenza lo aveva trasformato in un uomo consapevole, in questa situazione diventa molto difficile far finta di niente e non prendersi le proprie responsabilità; passare da una visione limitata ad una universale crea decisamente qualche cambiamento in un essere umano. A questo punto, con una consapevolezza formata ed una visione d’insieme che pochi suoi contemporanei avevano, Georges Ivanovitch Gurdjieff arriva nel 1912 a Mosca ed inizia a sintetizzare e a divulgare queste sue conoscenze in un sistema coesivo impiegando una terminologia originale e a suo modo scientifica, dando informazioni sulla legge delle ottave e sulla tavola degli idrogeni. Gurdjieff, è molto legato alla danza e alla musica, li vede come strumenti di armonizzazione e consapevolezza, mette in scena infatti a Pietrogrado un suo balletto “The struggle of the magicians”. Nell’istruzione dei suoi allievi la danza avrà sempre un ruolo predominante, come mezzo per unire diversi livelli di divisione interiore, le sue ricerche in oriente con i sufi e nel monastero di Sarmough lo portano all’elaborazione di un metodo adatto ai suoi contemporanei occidentali. Nel 1915 Gurdjieff incontra a Mosca Ouspensky. Un incontro del destino. Ouspensky era uno uomo di grande cultura, uno scrittore famoso, conosceva le lingue e fu indubbiamente un ottimo tramite per il pensiero di Gurdjieff in occidente. Nel 1917 quando la rivoluzione bolscevica porta Lenin al potere Gurdjieff si rifugia a Essentuki vicino al Mar Nero dove inizia a sperimentare il suo “laboratorio di consapevolezza” con un ristretto circolo di allievi. Qui si inizia a vedere la quintessenza del lavoro di Gurdjieff il lavoro sull’attenzione quale sfida alla comprensione, il lavoro determinato e consapevole del ricercatore su se stesso per uscire dall’automatismo e dalla meccanicità. Egli direziona il lavoro sull’attenzione nel contesto di una convincente fenomenologia della consapevolezza. Nel 1920 dopo incredibili peripezie per sfuggire alla guerra civile, riesce ad imbarcarsi per Costantinopoli e da qui inizia la grande opera di Gurdjieff in occidente, il 24 novembre tiene a Berlino la sua prima conferenza europea. Nel frattempo Ouspensky in Inghilterra aveva divulgato, a suo modo, il lavoro di Gurdjieff raccogliendo attorno a se numerosi allievi. Quando finalmente questi allievi ebbero modo di incontrare Gurdjieff nel febbraio del 1922 nacque in alcuni di loro un sentimento profondo nei confronti di questo Maestro, tanto che proprio dall’Inghilterra arrivò un consistente aiuto economico che gli permise di acquistare il suo luogo più famoso: la Prieuré des Basses Loges a Fontainbleu-Avon, una grande tenuta. La Prieuré rappresenta un punto nevralgico nella diffusione dei metodi Gurdjieffiani. La grande capacità di combinare affari, anche al di fuori degli schemi tradizionali gli diede in qualche maniera la possibilità di portare avanti il suo lavoro sulla consapevolezza; tutta la vita di Gurdjieff è punteggiata di situazioni connesse al denaro. Alla Prieurè fonda una grande Casa di Studi dove comincia un intenso lavoro sulle Danze Sacre e sulla sperimentazione personalizzata dell’Attenzione con diversi allievi. In questi anni prima della seconda guerra mondiale vissero e lavorarono accanto a lui persone di tutti i tipi: c’erano artisti, scrittori, pittori, matematici, filosofi, architetti, musicisti e gente semplice. Fece anche diversi viaggi negli Stati Uniti, per procurarsi denaro fresco, ma anche per dare vita ad un movimento di ricercatori molto aggressivo e costruttivo. La guerra lo coglie a Parigi dove si è trasferito in un piccolo appartamento in Rue des Colonel Rènard al numero 6, dopo aver perso tutto in varie vicende economiche. Si rifiuta di abbandonare Parigi quando le truppe Tedesche la occupano. Durante l’occupazione lasciato da solo, egli comincia a muoversi come in un mercato Armeno, senza distinzione politica facendo affari con tutti. Lo vediamo proliferare con il mercato nero, ed anche, grazie alle sue capacità, aiutare tantissime persone in difficoltà. Nel piccolo appartamento di Gurdjieff, vi è una dispensa fornitissima ed una intelligente raccolta di quadri. George. Ivanovitch. Gurdjieff. muore il 29 ottobre 1949. Gli ultimi anni della sua vita lo vedono come al solito molto attivo e propositivo, continua a riunire i suoi allievi unendo quelli francesi agli inglesi e agli americani, acquista nuovi spazi per la creazione di centri. In questi anni lavora molt , istruendo gruppi di allievi con la danza, sia come metodo di risveglio per il danzatore che come mezzo di trasmissione di conoscenza oggettiva.

Uno degli ultimi atti della vita di Gurdjieff e forse l’apoteosi del suo lavoro furono “I racconti di Belzebù al suo piccolo nipote”, un libro sintesi dei suoi insegnamenti, un messaggio contro l’ipnosi di massa. Gurdjieff era consapevole della fragilità dei messaggi lasciati alla libera interpretazione, ed anche della dinamica trasformazione delle situazioni. Egli ha senza dubbio influenzato la cultura occidentale di questo fine millennio, il suo messaggio è un seme per il risveglio cosciente dell’uomo. Chi ama il messaggio di questo Maestro, deve far suo l’impulso del ricercatore e lavorare con determinazione ed elasticità al proprio risveglio, mantenendo desta la propria Attenzione nel “qui ed ora”.

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Le danze sacre

di Sauro Tronconi

Gurdijeff si definiva un Maestro di danza. La danza per Gurdjieff non è solo una rappresentazione ma un insieme di movimenti sincronici che davano all’esecutore uno strumento di conoscenza di attenzione, di coscienza. Arte come mezzo per arrivare allo sviluppo armonioso dell’uomo. Le Danze Sacre come tecniche di consapevolezza, attraverso il movimento per creare un centro di coordinamento fra i vari livelli che compongono l’uomo: centro fisico, intellettuale, emozionale. Lo scopo è creare un “centro di gravità permanente” ed un linguaggio interiore che permettesse al Danzatore-Ricercatore di sviluppare l’Attenzione. In alcuni movimenti il centro di gravità è il corpo, per passare poi alla mente e al sentimento, segue la mente e il corpo assieme, il corpo e il sentimento, sentimento, mente e corpo. Il settimo movimento è il coordinamento di questi tre centri nello sviluppo dell’attenzione alla meccanicità dell’uomo. I movimenti delle danze sacre ed anche le musiche di accompagnamento ricalcano la dinamica delle Leggi Universali. Esse racchiudono specifiche conoscenze, idee religiose e filosofiche. Per riassumere, i movimenti delle danze hanno due precisi obbiettivi: lo studio e lo sviluppo. Nelle danze che Gurdjieff mise in scena non vi era il concetto di arte come la concepiamo normalmente, e cioè soggettiva, a qualcuno può piacere e dare un’emozione a un altro produrre un effetto diverso. Egli parlava di arte oggettiva, matematica, fatta per essere compresa da tutti nella medesima maniera, a patto di conoscerne l’esatta chiave di lettura.

Le danze e le musiche di Gurdjieff viste e ascoltate in maniera inconsapevole sono di una noia mortale, trovandone la chiave di lettura esse sono invece dei messaggi precisi, scritti attraverso la totalità dell’essere umano per portare esecutore e spettatore alla consapevolezza.

 

 

Da: http://www.espande.it/cultura/Uoministra/gurd.html

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