"La conoscenza di Dio non si può ottenere
cercandola; tuttavia solo coloro che la cercano
la trovano" (Bayazid al-Bistami)
"Chi non cerca è addormentato, chi cerca è un
accattone"
(Yun Men)
brano tratto da "frammenti
di un insegnamento sconosciuto" di P. D. Ouspensky
Gurdjieff:
In verità, soltanto l’uomo che possieda i quattro corpi completamente sviluppati
può essere chiamato Uomo nel pieno senso della parola. Così, l’uomo compiuto
possiede numerose proprietà che l’uomo ordinario non possiede. Una di queste
proprietà è l’immortalità. Tutte le religioni e tutti gli insegnamenti antichi
contengono l’idea che con l’acquisizione del quarto corpo l’uomo acquista
l’immortalità; e tutte indicano delle vie per acquisire il quarto corpo, ossia
l’immortalità.
In relazione a ciò, alcuni insegnamenti paragonano l’uomo ad una casa di quattro
stanze. L’uomo vive in una sola, la più piccola e la più povera di tutte, senza
supporre minimamente, fino a quando non glielo si dice, l’esistenza delle altre,
che sono piene di tesori. Quando egli ne sente parlare, incomincia a cercare le
chiavi di queste stanze, e specialmente della quarta, la più importante. E
quando un uomo ha trovato il mezzo di penetrarvi, diventa realmente il padrone
della sua casa, perchè è soltanto allora che la casa gli appartiene
completamente e per sempre.
La quarta stanza dà all’uomo l’immortalità e tutti gli insegnamenti religiosi si
sforzano di indicargli il cammino verso di essa. Vi è un grandissimo numero di
strade, più o meno lunghe, più o meno dure, ma tutte, senza eccezione, conducono
o cercano di condurre in una stessa direzione, che è quella dell’immortalità.
L’immortalità non è una proprietà con la quale l’uomo nasce, ma una proprietà
che può essere acquisita. Tutte le vie che conducono all’immortalità, quelle che
sono generalmente conosciute e le altre, possono essere ripartite in tre
categorie:
1. La via del
fachiro.
2. La via del monaco.
3. La via dello yogi.
La via del
fachiro è quella della lotta con il corpo fisico, è lunga, difficile e incerta.
Il fachiro si sforza di sviluppare la volontà fisica, il potere sul corpo. Egli
vi riesce attraverso terribili sofferenze, torturando il corpo. Tutta la via del
fachiro è fatta di esercizi fisici incredibilmente penosi. Egli sta in piedi,
nella medesima posizione, senza un movimento, per ore, giorni, mesi o anni;
oppure siede con le braccia tese, su un nudo sasso, al sole, alla pioggia, alla
neve; oppure si infligge il supplizio del fuoco o quello del formicaio in cui
egli tiene le gambe nude, e così via. Se non cade ammalato o non muore, si
sviluppa in lui ciò che può essere chiamato volontà fisica ed egli raggiunge
allora la possibilità di formare il quarto corpo. Ma le altre sue funzioni,
emozionali e intellettuali, rimangono non sviluppate. Egli ha conquistato la
volontà, ma non possiede niente cui applicarla, non può farne uso per acquistare
la conoscenza o perfezionare se stesso. In generale, è troppo vecchio per
cominciare un lavoro nuovo.
Ma dove vi
sono scuole di fachiri, si trovano pure scuole di yogi.
Generalmente gli yogi non perdono di vista i fachiri. E allorché‚ un fachiro
raggiunge ciò a cui aspirava, prima di essere troppo vecchio, essi lo prendono
in una delle loro scuole, dove per prima cosa lo curano e ricreano in lui il
potere di movimento, dopo di che incominciano ad istruirlo. Un fachiro deve
imparare di nuovo a parlare e a camminare come un bimbo piccolo. Ma egli
possiede ora una volontà che ha superato difficoltà incredibili e che potrà
aiutarlo a superare le difficoltà che l'attendono ancora nella seconda parte del
suo cammino, allorché‚ si tratterà di sviluppare le sue funzioni intellettuali
ed emozionali.
Non potete
immaginarvi le prove alle quali si sottomettono i fachiri.
Non so se voi abbiate mai visto veri fachiri. Io ne ho incontrati molti; mi
ricordo di uno di essi che viveva nel cortile interno di un tempio indiano; ho
perfino dormito al suo fianco. Giorno e notte, per vent'anni, egli si era tenuto
sulla punta delle dita dei piedi e delle mani. Non era più capace di
raddrizzarsi ne‚ di spostarsi. I suoi discepoli lo portavano a braccia, lo
conducevano al fiume dove lo lavavano come un oggetto. Ma un tale risultato non
si ottiene in un giorno. Pensate a tutto ciò che aveva dovuto superare, alle
torture che aveva dovuto subire per raggiungere quel grado.
E un uomo non
diventa fachiro per sentimento religioso, o perché‚ egli comprenda le
possibilità e i risultati di questa via. In tutti i paesi d'Oriente dove
esistono fachiri, il popolino ha l'usanza di votare ai fachiri un ragazzo nato
dopo qualche avvenimento felice. Accade anche che i fachiri adottino degli
orfani o acquistino i figli di povera gente. Questi bambini diventano loro
allievi e li imitano di buon grado, o vi sono costretti; alcuni lo fanno solo
esteriormente, ma altri col tempo diventano realmente fachiri.
Si aggiunga
che altri seguono questa via semplicemente per essere stati colpiti dallo
spettacolo di qualche fachiro. Accanto a tutti i fachiri che si possono vedere
nei templi, si trovano persone che li imitano, sedute o in piedi, nella stessa
posizione. Costoro non lo fanno a lungo, certamente, ma a volte per parecchie
ore. E accade anche che un uomo, entrato per caso in un tempio in un giorno di
festa, dopo aver cominciato ad imitare qualche fachiro che l'aveva
particolarmente impressionato, non ritorni a casa mai più ma si aggiunga alla
folla dei suoi discepoli; più tardi, col passare del tempo diventerà anche lui
un fachiro. Capirete che io in questi casi non do più alla parola 'fachiro' il
suo senso proprio. In Persia, la parola fachiro indica semplicemente un
mendicante; in India. i giocolieri, i saltimbanchi sono soliti chiamare se
stessi fachiri. Gli europei, soprattutto gli europei istruiti, danno molto
spesso il nome di fachiro agli yogi come pure a monaci erranti di diversi
ordini.
Ma in realtà
la via del fachiro, la via del monaco e la via dello yogi sono completamente
differenti. Non ho parlato finora che dei fachiri.
Questa è la
prima via.
La seconda è
quella del monaco.
È la via della fede, del sentimento religioso e del sacrificio. Un uomo che non
abbia fortissime emozioni religiose e una immaginazione religiosa molto intensa
non può diventare un monaco nel vero senso della parola. Pure la via del monaco
è molto dura e molto lunga. Il monaco passa degli anni, decine di anni a lottare
contro se stesso, ma tutto il suo lavoro è concentrato sul secondo corpo, ossia
sui sentimenti. Sottomettendo tutte le altre emozioni a una sola emozione, la
fede, egli sviluppa in se stesso l'unità, la volontà sulle emozioni. Ma il suo
corpo fisico e le sue capacità intellettuali possono restare non sviluppate. Per
essere in grado di servirsi di ciò che egli avrà raggiunto, dovrà coltivarsi
fisicamente e intellettualmente. Questo non potrà essere condotto a buon fine se
non mediante nuovi sacrifici, nuove austerità, nuove rinunce. Un monaco deve
ancora diventare uno yogi e un fachiro. Rarissimi sono coloro che arrivano così
lontano; più rari sono ancora coloro che superano tutte le difficoltà. La
maggior parte muoiono prima o non diventano monaci che in apparenza.
La terza via è
quella dello yogi.
É la via della conoscenza, la via dell'intelletto. Lo yogi riesce a sviluppare
il suo intelletto, ma il suo corpo e le sue emozioni restano da sviluppare e,
come il fachiro ed il monaco, egli è incapace di trarre profitto da ciò che ha
realizzato. Egli sa tutto, ma non può fare nulla. Per diventare capace di fare
deve conquistare il dominio sul suo corpo e sulle sue emozioni. Per riuscirvi,
deve rimettersi al lavoro ed egli non otterrà alcun risultato se non con degli
sforzi prolungati. Però in questo caso ha il vantaggio di comprendere la sua
posizione, di conoscere ciò che gli manca, ciò che deve fare e la direzione da
seguire. Ma, come sulla via del fachiro e del monaco, rarissimi sono coloro che
acquistano una tale conoscenza sulla via dello yogi, ossia raggiungono il
livello in cui un uomo può sapere dove va. La maggior parte si arrestano ad un
certo grado e non vanno oltre.
Le vie si
differenziano l'una dall'altra anche nella loro relazione con il maestro o guida
spirituale.
Sulla via del
fachiro un uomo non ha maestro nel vero senso di questa parola. Il maestro in
questo caso non insegna, serve semplicemente da esempio. Il lavoro dell'allievo
consiste nell'imitare il maestro.
L'uomo che
segue la via del monaco ha un maestro, e una parte dei suoi doveri, una parte
del suo compito, è di avere nel suo maestro una fede assoluta, egli deve
sottomettersi assolutamente a lui, in obbedienza. Ma l'essenziale sulla via del
monaco è la fede in Dio, l'amore di Dio, gli sforzi ininterrotti per obbedire a
Dio e servirlo, anche se nella sua comprensione dell'idea di Dio e del servizio
di Dio può esservi una grande parte di soggettività e molte contraddizioni.
Sulla via
dello yogi senza un maestro non si può fare nulla e non si deve fare nulla.
L'uomo che abbraccia questa via deve, all'inizio, imitare il suo maestro come il
fachiro e credere in lui come il monaco. Ma in seguito diviene gradualmente il
maestro di se stesso. Egli impara i metodi del suo maestro e si esercita
gradualmente ad applicarli a se stesso.
Ma tutte le
vie, la via del fachiro come le vie del monaco e dello yogi hanno un punto
comune: tutte incominciano da ciò che vi è di più difficile, un cambiamento di
vita totale, una rinuncia a tutto ciò che è di questo mondo. Un uomo che ha una
casa, una famiglia, deve abbandonarle, deve rinunciare a tutti i piaceri,
attaccamenti e doveri della vita, e partire per il deserto, entrare in un
monastero o in una scuola di yogi. Fin dal primo giorno, dai primi passi sulla
via egli deve morire al mondo; soltanto così egli può sperare di raggiungere
qualcosa su una di queste vie.
In una vita
ordinaria, per quanto colma di interessi filosofici, scientifici, religiosi o
sociali, non vi è nulla e non può esservi nulla che offra le possibilità
contenute nelle vie. Infatti, esse conducono o potrebbero condurre l'uomo
all'immortalità. La vita mondana, anche la più riuscita, conduce alla morte e
non potrebbe condurre a nient'altro. L'idea delle vie non può essere compresa,
se si ammette la possibilità di un'evoluzione dell'uomo senza il loro aiuto.
Per cogliere
l’essenza di questo insegnamento, è indispensabile comprendere che le vie sono
gli unici metodi che possono garantire lo sviluppo delle possibilità nascoste
dell’uomo. Ciò mostra d’altronde come un tale sviluppo sia raro e difficile. Lo
sviluppo di queste possibilità non è una legge. La legge per l’uomo è una
esistenza nel cerchio delle influenze meccaniche., è lo stato di "uomo
macchina". La via dello sviluppo delle possibilità nascoste è una via contro la
natura, contro Dio. Ciò spiega le difficoltà e il carattere esclusivo delle vie.
Esse sono ardue e strette. Ma al tempo stesso nulla potrebbe essere raggiunto
senza di esse. Nell’oceano della vita ordinaria, e specialmente della vita
moderna, le vie sono un fenomeno piccolo, appena percettibile, che, dal punto di
vista della vita stessa, non ha la minima ragione di essere. Ma questo piccolo
fenomeno contiene in se stesso tutto ciò di cui l’uomo può disporre per lo
sviluppo delle sue possibilità nascoste. Le vie si oppongono alla vita di tutti
i giorni, basata su altri principî e assoggettata ad altre leggi. In ciò
consiste il loro potere e il loro significato. In una vita ordinaria, per quanto
colma di interessi filosofici, scientifici, religiosi o sociali, non vi è nulla
e non può esservi nulla che offra le possibilità contenute nelle vie. Infatti,
esse conducono o potrebbero condurre l’uomo all’immortalità. La vita mondana,
anche la più riuscita, conduce alla morte e non potrebbe condurre a nient’altro.
L’idea delle vie non può essere compresa, se si ammette la possibilità di una
evoluzione dell’uomo senza il loro aiuto.
Come regola
generale, è duro per un uomo rassegnarsi a quest'idea; essa gli pare esagerata,
ingiusta e assurda. Egli ha una povera comprensione del senso della parola
'possibilità. Si immagina che, se vi sono delle possibilità in lui, debbano
svilupparsi e che debbano pur esserci dei mezzi di sviluppo alla sua portata. Da
un totale rifiuto di riconoscere in se stesso qualsiasi genere di possibilità,
l'uomo, in generale, passa immediatamente a un'esigenza imperiosa del loro
sviluppo inevitabile. É difficile per lui abituarsi all'idea che non soltanto le
sue possibilità possono restare al loro stadio attuale di sottosviluppo, ma che
esse possono atrofizzarsi definitivamente e che d'altra parte il loro sviluppo
esige da lui sforzi prodigiosi e perseveranti. In generale, se noi consideriamo
le persone che non sono né fachiri, né monaci, né yogi, e delle quali possiamo
affermare con sicurezza che non lo saranno mai, siamo in grado di affermare con
certezza assoluta che le loro possibilità non possono svilupparsi e non saranno
mai sviluppate. É indispensabile persuadersene profondamente per comprendere ciò
che sto per dire.
Nelle
condizioni ordinarie della vita civilizzata, la situazione di un uomo, anche
intelligente, che cerca la conoscenza, è senza speranza, poiché‚ egli non ha la
minima possibilità di trovare attorno a se‚ qualcosa che somigli ad una scuola
di fachiri o ad una scuola di yogi; quanto alle religioni dell'occidente, esse
sono degenerate a tal punto che da molto tempo non vi è più nulla di vivente in
esse. Infine dall'occultismo o dallo spiritismo non c'è altro da aspettarsi che
qualche ingenua esperienza.
E la
situazione sarebbe veramente disperata se non esistesse un'altra possibilità,
quella di una quarta via.
La quarta via
non richiede che ci si ritiri dal mondo, non esige la rinuncia a tutto ciò che
formava la nostra vita. Essa comincia molto più lontano che non la via dello
yogi. Ciò significa che bisogna essere preparati per impegnarsi sulla quarta via
e che questa preparazione deve essere acquisita nella vita ordinaria, essere
molto seria e abbracciare parecchi aspetti differenti. Inoltre un uomo che vuole
seguire la quarta via deve riunire nella sua vita condizioni favorevoli al
lavoro, o che in ogni caso non lo rendano impossibile. Infatti, bisogna
convincersi che sia nella vita esteriore che nella vita interiore di un uomo,
certe condizioni possono costituire per la quarta via barriere insormontabili.
Aggiungiamo che questa via, contrariamente a quella del fachiro, del monaco e
dello yogi, non ha una forma definita. Prima di tutto essa deve essere trovata.
É la prima prova. Ed è difficile, poiché‚ la quarta via è ben lontana
dall'essere conosciuta quanto le altre tre vie tradizionali. C'è molta gente che
non ne ha mai sentito parlare ed altri che negano semplicemente la sua esistenza
o anche la sua possibilità.
Tuttavia,
l'inizio della quarta via è ben più facile dell'inizio delle vie del fachiro,
del monaco e dello yogi. É possibile seguire la quarta via e lavorare su di essa
rimanendo nelle condizioni abituali di vita e continuando il lavoro usuale,
senza rompere le relazioni che si avevano con la gente, senza abbandonare nulla.
Anzi, le condizioni di vita nelle quali un uomo si trova quando inizia il lavoro
- dove il lavoro, per così dire, lo sorprende - sono le migliori possibili per
lui, perlomeno all'inizio. Infatti, queste condizioni gli sono naturali. Esse
sono quell'uomo stesso, poiché‚ la vita di un uomo e le sue condizioni
corrispondono a ciò che egli è. La vita le ha create sulla sua misura; di
conseguenza ogni altra condizione sarebbe artificiale e il lavoro non potrebbe,
in questo caso, toccare contemporaneamente tutti i lati del suo essere.
Così la quarta
via tocca tutti i lati dell’essere umano simultaneamente. È il lavoro sulle tre
camere contemporaneamente. Il fachiro lavora sulla prima camera, il monaco sulla
seconda, lo yogi sulla terza. Quando raggiungono la quarta camera, il fachiro,
il monaco e lo yogi lasciano dietro di sè molte cose incompiute e non possono
fare uso di ciò che hanno raggiunto, poichè non sono padroni di tutte le loro
funzioni. Il fachiro è padrone del suo corpo, ma non delle emozioni, né dai
pensieri; il monaco è padrone delle sue emozioni, ma non del corpo, né del suo
pensiero; lo yogi è padrone del suo pensiero, ma non del corpo, né delle
emozioni.
La quarta via
differisce dunque dalle altre in quanto la sua principale richiesta è una
richiesta di comprensione. L'uomo non deve fare nulla senza comprendere - salvo
a titolo di esperienza - sotto il controllo e la direzione del suo maestro. Più
un uomo comprenderà quello che fa, più i risultati dei suoi sforzi saranno
validi. É un principio fondamentale della quarta via. I risultati ottenuti nel
lavoro sono proporzionali alla coscienza che si ha di questo lavoro. La fede non
è richiesta su questa via; al contrario, la fede di qualsiasi tipo costituisce
un ostacolo. Sulla quarta via un uomo deve assicurarsi da se‚ la verità di ciò
che gli viene detto. E fin quando non avrà acquisito questa certezza, non deve
fare nulla.
Il metodo
della quarta via è il seguente: mentre si lavora sul corpo fisico, bisogna
lavorare simultaneamente sul pensiero e sulle emozioni; lavorando sul pensiero,
bisogna lavorare sul corpo fisico e sulle emozioni; mentre si lavora sulle
emozioni, occorre lavorare sul pensiero e sul corpo fisico. Ciò che permette di
riuscire è la possibilità, nella quarta via, di fare uso di un sapere
particolare, inaccessibile nelle vie del fachiro, del monaco e dello yogi.
Questo sapere rende possibile un lavoro simultaneo nelle tre direzioni. Tutta
una serie di esercizi paralleli sui tre piani: fisico, mentale ed emozionale,
servono a questo scopo.
Inoltre, nella quarta via è possibile individualizzare il lavoro di ciascuno;
vale a dire, ogni persona deve fare solo ciò che gli è necessario e nulla che
sia inutile per lui. Infatti, la quarta via fa a meno di tutto il superfluo che
si è mantenuto per tradizione nelle altre vie.
Così,
allorché‚ un uomo raggiunge la volontà mediante la quarta via, egli può
servirsene, poiché‚ ha acquistato il controllo di tutte le sue funzioni fisiche,
emozionali ed intellettuali. Egli ha risparmiato per giunta molto tempo con
questo lavoro simultaneo e parallelo sui tre lati del suo essere.
La quarta via
è talvolta chiamata la via dell’uomo astuto. "L’uomo astuto" conosce un segreto
che il fachiro, il monaco e lo yogi non conoscono. In che modo "l’uomo astuto"
abbia appreso questo segreto, non si sa. Forse l’ha trovato in qualche vecchio
libro, forse l’ha ereditato, forse l’ha comperato, forse l’ha rubato a qualcuno.
Fa lo stesso. L’uomo astuto conosce il segreto, e con il suo aiuto supera il
fachiro, il monaco, lo yogi.
"Il fachiro è, tra i quattro, colui che opera nella maniera più grossolana; sa
pochissimo e comprende pochissimo. Supponiamo che egli riesca, dopo un mese di
intense torture, a sviluppare una certa energia, una certa sostanza che produca
in lui determinati cambiamenti. Egli lo fa assolutamente all’oscuro, ad occhi
chiusi, non conoscendo ne lo scopo, ne i metodi, ne i risultati, semplicemente
per imitazione.
Il monaco sa un po’ meglio ciò che vuole; è guidato dal sentimento religioso,
dalla tradizione religiosa, da un desiderio di compiutezza, di salvezza; egli ha
fede nel maestro che gli dice ciò che deve fare e crede che i suoi sforzi ed i
suoi sacrifici "piacciano a Dio". Supponiamo che in una settimana di digiuni, di
continue preghiere, di privazioni e di penitenze, riesca a raggiungere ciò che
il fachiro non aveva potuto sviluppare in sè che in un mese di torture.
Lo yogi ne sa molto di più. Sa ciò che vuole, sa perchè lo vuole, sa come può
ottenerlo. Egli sa per esempio che, per arrivare al suo scopo, deve sviluppare
in sè una certa sostanza. Egli sa che questa sostanza può essere prodotta in un
giorno mediante un certo tipo di esercizio mentale o mediante una concentrazione
intellettuale. Così per un giorno intero, senza permettersi una sola idea
estranea, tiene l’attenzione fissa sopra questo esercizio ed ottiene ciò di cui
ha bisogno. In questa maniera uno yogi riesce a raggiungere in un giorno la
stessa cosa che il monaco raggiunge in una settimana, e il fachiro in un mese.
Bisogna ancora notare che oltre a queste vie giuste e legittime, vi sono anche
vie artificiali che non danno che risultati temporanei e vie decisamente
sbagliate che possono anche dare risultati permanenti, ma nefasti. Pure su
queste vie l’uomo cerca la chiave della quarta stanza e qualche volta la trova.
Ma ciò che trova nella quarta stanza, non ci è dato sapere.
Accade anche che la porta della quarta stanza venga aperta artificialmente con
un grimaldello e in entrambi i casi è possibile che la stanza sia vuota".