in quiete
Il Sito di Gianfranco Bertagni

 

"La conoscenza di Dio non si può ottenere cercandola; tuttavia solo coloro che la cercano la trovano"
(Bayazid al-Bistami)

"Chi non cerca è addormentato, chi cerca è un accattone"
(Yun Men)

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Il mito di Gurdjieff

 

Sovente, fra le innumerevoli pieghe del tempo, uomini straordinari, cui il destino ha affidato l'arduo compito di aiutare gli individui a compiere un "balzo evolutivo", vengono mitizzati proprio per il carisma e le conoscenze in loro possesso. Essi sono maestri di se stessi: un riferimento per tutti coloro che, non soddisfatti della realtà in cui vivono, cercano risposte adeguate ai propri interrogativi.
George Ivanovitch Gurdjieff (Alessandropoli, 1866 - Parigi, 1949) è certamente uno di questi uomini straordinari, che, viaggiando attraverso varie culture alla ricerca della verità, desta se stesso dal "sogno della realtà" e, incapace di assistere inerme a quella che egli definisce ipnosi di massa, decide di ri-svegliare con qualsiasi mezzo un mondo addormentato che sta andando verso la rovina. Egli parlava infatti delle popolazioni come di masse ipnotizzate, guidate da uomini altrettanto ipnotizzati, che, condizionati da slogan assurdi, hanno come unico scopo la reciproca distruzione.
Ipnotista e mercante; autore di libri illuminanti senza essere scrittore e maestro di danza per vocazione, fu un individuo che in molti hanno cercato di classificare, ma che è sfuggito ad ogni categoria. Egli, comunque, era un un uomo straordinario e la sua dottrina segnò un punto di svolta nel pensiero e nel modo in cui l'uomo contempraneo percepiva se stesso e la realtà.
Sicuramente non fu un caso che Gurdjieff a sei anni si sia trasferito con la famiglia a Kars, nell'Anatolia orientale. Kars è, infatti, uno spazio di contatto tra varie culture e religioni, culla feconda per costruire stimoli per la ricerca cui il maestro dedicherà tutta la vita. Non si possono dimenticare, inoltre, le sue origini: il padre, Joannas Giorgiades, era un ricco allevatore di famiglia greco-bizantina, ma anche un Ashok, poeta-bardo, in possesso di un patrimonio di miti e leggende tramandate di generazioni in generazioni; la madre, invece era di famiglia armena. L'infanzia di Gurdjieff sembra essere stata decisamente dura, come tutta la sua vita del resto… Ma chissà, forse anche nella sua autobiografia egli, come in altri suoi scritti, crea metafore per indicare al lettore attento vie maestre verso la vera conoscenza. In inverno, svegliato all'alba, veniva costretto a lavarsi nudo all'aperto con l'acqua gelida (Nudo, in essenza, spogliandosi davanti a tutti della falsa personalità); in estate, invece, per abituarlo ad essere coraggioso, doveva imparare a "giocare" con i serpenti (Giocare, cioè gestire coraggiosamente le tentazioni, i desideri insani e le emozioni negative).
Durante la sua formazione, fino all'età di diciannove anni, entra in contatto con la comunità russa-ortodossa, presso la quale la fortuna di ricevere gli insegnamenti di Padre Barsh, suo tutore. Ecco il perché della sua formazione scientifica, accompagnata da una profonda educazione religiosa.
A Kars, tuttavia, è fortissimo l'influsso esercitato dalla comunità musulmana, sensibile all'aspetto mistico dell'Islam, il Sufismo. È qui che sono nate tante confraternite Dervisce.
In questo coacervo di tradizioni, idealismo ed eventi paranormali, il giovane Gurdjieff comincia inevitabilmente a porsi delle domande, ad interrogarsi sul senso della vita umana. A spingerlo verso l'avventura contribuirono certo anche le aspettative di un giovane che, come molti altri in quell'epoca di miseria, voleva vivere invece che sopravvivere.
È il 1885 (?) quando Gurdjieff inizia il suo cammino iniziatico insieme con un gruppo di amici, detto dei "Ricercatori di Verità", che tra le fila annovera scienziati e studiosi d'ogni genere.
Va tenuto presente che a quell'epoca bastava conoscere l'inglese per viaggiare senza troppi problemi da un capo all'altro del mondo, oltre a ciò va compreso che, molte antiche conoscenze erano ancora sottovalutate e, dunque, a portata di mano.
La sua prima tappa è Costantinopoli, dove studia le tradizioni, in parte già conosciute, dei Dervisci Melvevi e Bektaschi (vedi relativo capitolo sulle danze sacre). Poi, scavando tra le rovine della città di Ani, trovano tracce di un'antica scuola esoterica, la Confraternita di Sarmoung, sviluppatasi probabilmente in Babilonia 2.500 anni prima di Cristo. Proseguendo il cammino, grazie alla sua straordinaria intuizione, nel Kurdistan scoprono un'antica mappa dell'Egitto pre-sabbia. È proprio in Egitto, forse al Cairo, che Gurdjieff fa uno degli incontri che segnerà la sua vita. Qui, infatti, dopo aver accompagnato un archeologo, intento a contemplare la sua mappa, conosce il Principe Lubovedsky, che guidandolo amorevolmente per qualche tempo, lo introduce agli ambienti più idonei alla sua ricerca, tra sapienti Sufi e saggi yogi. Ecco che il mosaico si compone e tutto trova la propria collocazione, ma sarà un altro l'incontro decisivo attraverso cui Gurdjieff entrerà in contatto con la vera scienza dell'uomo, quello con padre Giovanni. Costui, che era stato missionario cristiano, molti anni addietro venne "casualmente" in contatto con alcuni membri della Confraternita Universale Sarmoung, trovando finalmente ciò che aveva cercato per tutta la vita. Ammesso alla confraternita, non aveva più desiderato cercare oltre: aveva trovato la Verità…quella Verità Oggettiva, quella fede che più tardi, nel monastero di Sarmoung "conquisterà" anche Gurdjieff.
Non ci è dato di sapere quanto tempo ci volle perché l'allievo si elevasse a maestro, ma sicuramente egli ascoltò i consigli del suo benefattore, il Principe Lubovedski. Egli, prima di congedarsi da lui per ritirarsi in un monastero ancora più sacro, dove dedicare gli ultimi anni della sua vita all'ascenzione, lo invitò a fermarsi in quel luogo in cui vi erano le condizioni ideali perché il desiderio del suo cuore potesse diventare la realtà del suo essere. A fermarsi là finché non avesse acquisito una padronanza che nulla poteva distruggere. Solo quella volontà ferrea gli avrebbe consentito, infatti, di misurarsi con quelle forze in grado di indicargli il suo posto, il luogo dove "lavorare".
La leggenda vuole che Gurdjieff, senza farsi scrupoli pur di ottenere nuove conoscenze, diventa agente dello Zar per entrare in Tibet, zona d'attrito tra due potenze imperialiste, quella Russa e quella Inglese. Ed è lì che, secondo certe fonti, lo ritroviamo più volte, anche quando, nel 1903, il colonnello F. Younghusband invade quelle terre entrando dall'India. Là, assistendo alla strage dei tibetani da parte degli inglesi, alla conquista della città santa di Lhasa e alla morte d'un grande Lama iniziato ed alla perdita della sua straordinaria saggezza, Gurdjieff decide di tornare in occidente con il suo ricchissimo bagaglio di conoscenze, per combattere la suggestionabilità e l'isteria collettiva che causavano guerre e ingiustizie d'ogni genere. Durante questi anni avventurosi nulla gli viene risparmiato, né incidenti (S'imbatterà incidentalmente in un proiettile vagante per ben tre volte, un'altra metafora che sta ad indicare i tre punti di choc necessari al ricercatore per uscire dalla meccanicità e ri-svegliarsi), né malattie (Che costringono l'uomo Gurdjieff a rispettare i suoi limiti e a fare i conti con la propria vulnerabilità, ma, soprattutto, gli offrono l'opportunità d'imparare a trasformare la sofferenza volontariamente, senza subirla).
Lo si vede poi a Mosca nel 1915, dove incontra Ouspensky, altro grande Ricercatore di Verità, che rimarrà al suo fianco, tra alti e bassi, per sette anni e che nel libro Frammenti di un insegnamento sconosciuto , trascriverà fedelmente ed in forma comprensibile per l'uomo occidentale, quegli anni d'oro trascorsi insieme al maestro.
L'incontro tra i due fu importantissimo sotto vari aspetti, ma soprattutto perché, attraverso il lavoro di Ouspensky, Gurdjieff, a Essentuki, ha appena gettato le basi per la nascita del primo Istituto per lo Sviluppo Armonico dell'Uomo. Qui, con un ristretto circolo di allievi, iniziando a sperimentare le sue tecniche, si inizia ad intravedere la sostanza del suo lavoro: l'osservazione consapevole del ricercatore su se stesso per uscire dalla meccanicità. Una sfida per sfuggire agli automatismi quotidiani e comprendere chi siamo davvero.
Nel 1920, dopo incredibili peripezie per sfuggire alla rivoluzione, si imbarca per Costantinopoli e riapre l'Istituto per continuare la grande opera.
Gli eventi, comunque, lo spingono sempre più a Ovest e il 24 Novembre tiene a Berlino la sua prima vera conferenza europea. Ma è in Francia, a Fontainbleu, che finalmente, nel 1922, fonderà l'Istituto, o come veniva chiamato da tutti, il Prieurè, che rappresenta un punto nevralgico nella diffusione dei metodi di Gurdjieff per risvegliare l'attenzione. Qui divennero suoi seguaci scrittori come Margaret Anderson, Luc Dietrich, Renè Daumal e Katherine Mausfield, promettente scrittrice la cui morte fu ragione di tante accuse a Gurdjieff ed al suo Istituto. Altri nomi illustri sono: John G. Bennet, ingegnere, matematico, filosofo e linguista, considerato uno dei suoi migliori allievi; Fritz Peters, fedele servitore ed amico, ma anche attento osservatore della vita privata del maestro; Olga e T. De Hartmann, il musicista russo che, sotto la supervisione di Gurdjieff, annotò ed arrangiò le composizioni che il maestro gli indicava nelle sue linee principali; il filosofo Alfred Orage, che aveva fondato in quegli anni la rivista letteraria "The New Age", e tanti altri. Ma era la gente semplice, quella con cui Gurdjieff amava intrattenersi a condividere il suo grande sapere, magari tra una vodka e una ciarla da caffè.
Se pensiamo a Gurdjieff come ad un santo, però, siamo fuori strada. D'altronde l'unica definizione che abbia mai dato di sé, oltre a maestro di danza, fu quella di esoterista cristiano. Ma prontamente aggiungeva:

" Il Cristianesimo dice di amare tutti gli uomini, ma se ciò è assolutamente giusto, d'altro canto risulta impossibile, poiché prima bisogna essere; solo dopo si può amare davvero. Sfortunatamente, col passare del tempo, i moderni Cristiani hanno adottato la seconda metà del comandamento ed hanno perso di vista la prima, la religione (Da re-ligere, cioè ri-unire) che avrebbe dovuto precederla. Così, Sarebbe stupido da parte di Dio chiedere all'uomo ciò che non può dare…" = citazione raccolta in Jacob Needleman, Lost Cristianity, N.York, 1980 =

E ancora:

"Di noi dicono che non abbiamo amore, solo perché non incoraggiamo la debolezza e l'ipocrisia ma, al contrario, cerchiamo di rimuovere dall'uomo tutte le maschere. Eppure, chi desidera la verità non parlerà mai d'amore o di cristianesimo, perché sa quanto ne è lontano." = Op. cit. =

Egli era un uomo scaltro, che, per procurarsi i denari per vivere e mantenere la sua scuola, non si faceva scrupoli. Così, durante la guerra, lo vediamo speculare sulla valuta e vendere a caro prezzo ciò che aveva pagato pochi denari. Questi i termini in cui si esprime: "Fare affari con gli uomini di oggi è come rubare dolci ad un bambino che dorme". Tale è la sua vita: una lunga serie di situazioni in cui far affari, più o meno leciti, ma solo per poter portare avanti il suo lavoro e offrire al genere umano metodi per l'espansione della consapevolezza.
Nel 1933 l'Istituto per lo Sviluppo Armonico dell'Uomo, per motivi economici, chiude e Gurdjieff è costretto a vivere in un piccolo appartamento a Parigi, in Rue Des Colonel Rènard, dove per mantenersi si arrangia, somministrando terapie ai personaggi più disparati: alcoolisti, prostitute, artisti depressi ecc. A Parigi continuerà ad insegnare fino alla sua morte, avvenuta per cause naturali il 29 ottobre del'49.
Ma facciamo un passo indietro. Nel 1924, insieme a quaranta allievi, decide di intraprendere un'impresa difficile e costosa. Si reca negli Stati Uniti e qui, in varie città, si esibisce in una serie di rappresentazioni dei suoi movimenti di sincronia che suscitano subito un grande interesse per la sua opera.
Tornerà spesso negli Stati Uniti, un paese che giudica come portatore di novità e cambiamenti per l'intero genere umano. E proprio in questo paese egli avrà sempre un gran seguito e gratificazioni sia morali sia economiche.
Sempre nel '24 al suo ritorno dagli USA, ebbe un gravissimo incidente automobilistico che, se non fosse stato per la sua tempra e l'uso cosciente che sapeva fare delle proprie energie, gli sarebbe costato di certo la vita. Fu allora che decise di mettere per iscritto le sue idee, rendendole accessibili a tutti. Da quel momento in poi scrivere diventa una delle sue principali attività, ma l'apoteosi fu , senza ombra di dubbio il libro "I racconti di Belzebù" scritto negli ultimi anni della sua vita per il piccolo nipote. Un messaggio forte contro la stupidità umana ed un monito contro l'annichilimento e l'autodistruzione cui ci stiamo avviando.

 

Da: http://www.agartha.it/prova/articoli/mito.php

 

 

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