"La conoscenza di Dio non si può ottenere
cercandola; tuttavia solo coloro che la cercano
la trovano" (Bayazid al-Bistami)
"Chi non cerca è addormentato, chi cerca è un
accattone"
(Yun Men)
George Ivanovitch Gurdjieff (1866?-1949), il cui insegnamento
combina cristianesimo, sufismo e altre tradizioni religiose, è uno dei più
influenti maestri nella storia dell’esoterismo contemporaneo. Parlare di
movimenti “gurdjieffiani” suscita in genere la disapprovazione proprio di chi ne
fa parte; si può quindi fare riferimento – più generalmente – a una “eredità” di
Gurdjieff, tuttora viva e presente.
Gurdjieff nasce in una data imprecisata che oscilla tra il
1866 e il 1877 (i biografi, pur senza sicurezza, preferiscono la data del 1866)
nella città di Alexandropol (oggi chiamata Gyumri, nell’attuale Armenia) da
padre greco e madre armena. Il padre – prima commerciante di legname e poi
falegname – è anche un cantastorie, e questa tradizione di poesia orale
influenza il figlio. Dopo che la famiglia si è trasferita a Kars, Gurdjieff è
educato da sacerdoti ortodossi e prende in considerazione a sua volta il
sacerdozio. Non è questa peraltro la sua via, e a partire dal 1884 comincia a
esplorare altre tradizioni spirituali, in particolare quella sufi. Fra il 1887 e
il 1907 si situano i “vent’anni mancanti” nella biografia di Gurdjieff. Si sa
che con altri amici forma un gruppo chiamato dei “Cercatori della verità”,
compie numerosi viaggi che lo portano dal Medio Oriente all’India, dall’Asia
Centrale al Tibet, visitando monasteri e centri religiosi, e cercando una
misteriosa “Confraternita di Sarmoung”, di cui aveva trovato un riferimento nel
1886. Più tardi, di questi anni sarà dato conto nel volume autobiografico
Incontri con uomini straordinari – da cui il regista Peter Brook ricaverà
l’omonimo film, nel 1978 –, un testo che certamente ha in parte un significato
simbolico e metaforico piuttosto che fattuale.
Nel 1907 Gurdjieff è a Tashkent, dove inizia a insegnare
“scienze soprannaturali”. Nel 1912 nasce il primo gruppo di Mosca, seguito nel
1913 da un altro a San Pietroburgo. Sempre nel 1912 Gurdjieff legge con
interesse il Tertium Organum, una complessa opera sulla natura
dell’universo pubblicata, nel 1911, dallo scrittore Piotr Demianovich Ouspensky
(1878-1947). Nel 1915, Gurdjieff accetta Ouspensky come allievo a Mosca. Nel
1916 e 1917 entrano nel gruppo anche il compositore Thomas Alexandrovich de
Hartmann (1885-1956) e sua moglie Olga Arkadievna de Hartmann (1885-1979). La
rivoluzione russa travolge il piccolo gruppo, che si riforma nel luglio 1917 nel
Caucaso, a Essentuki, spostandosi poi ripetutamente in altre località fra cui
Tiflis (oggi Tbilisi), in Georgia. Qui nel 1919 Gurdjieff incontra l’artista
Alexandre Gustav Salzmann (1874-1934) e la moglie Jeanne Matignon de Salzmann
(1889-1990), che aveva studiato danza sotto la guida di Émile Jacques-Dalcroze
(1865-1950), il creatore dell’euritmia.
In collaborazione con Jeanne, Gurdjieff elabora i suoi
“movimenti”, o danze sacre, che presenta per la prima volta a Tiflis nel giugno
1919. Nello stesso anno, a metà settembre, costituisce con i discepoli
l’Istituto per lo Sviluppo Armonico (o Armonioso) dell’Uomo. Peggiorate le
condizioni politiche in Georgia, nel 1920 Gurdjieff e l’Istituto si
trasferiscono a Costantinopoli (oggi Istanbul), dove continuano dimostrazioni
semi-pubbliche delle danze sacre. Nel 1920 Gurdjieff incontra a Costantinopoli
il maggiore John Godolphin Bennett (1897-1974), che più tardi diventerà un suo
allievo tanto brillante quanto incontrollabile e indipendente. L’interesse per
l’Istituto in Turchia è peraltro modesto; nel 1921 Gurdjieff e i discepoli si
trasferiscono a Berlino, quindi visitano Londra (dove Ouspensky rimane in via
definitiva).
Nel 1922 si stabiliscono in Francia nel castello del Prieuré
a Fontainebleau-Avon, alle porte di Parigi. Poco dopo l’apertura, il Prieuré
accetta come ospite permanente la celebre scrittrice neozelandese Katherine
Mansfield (1888-1923). Ammalata di tubercolosi, la scrittrice muore l’anno
seguente, e la stampa accusa l’Istituto – probabilmente del tutto a torto – di
non averle prodigato cure adeguate. Dopo l’incidente, le cose migliorano e le
serate di musica e danze sacre organizzate da Gurdjieff – al Prieuré e altrove –
suscitano l’interesse di numerosi intellettuali. Nasce così l’idea, nel 1924, di
una prima tournée in America, dove Gurdjieff incontra – soprattutto negli
ambienti letterari – amici fedeli, che continueranno a interessarsi per molti
anni alle sue idee. Ulteriori viaggi negli Stati Uniti sono organizzati negli
anni successivi, con alterni successi. Non mancano tuttavia – in anni che pure
per Gurdjieff sono di grande attività creativa – le difficoltà: l’Istituto deve
lasciare il Prieuré nel 1932, e perderlo definitivamente a causa di difficoltà
economiche nel 1933.
Gurdjieff continua tuttavia a insegnare le sue idee e le sue tecniche a
Parigi e nei frequenti viaggi negli Stati Uniti, incontrando nuovi successi
negli ambienti letterari; negli anni 1936-1937 anima il gruppo “La Corda” (The
Rope), costituito da scrittrici americane (tutte lesbiche) venute a Parigi per
porsi alla sua scuola, fra cui Margaret Anderson (1886-1973) e Jane Heap
(1887-1964), che erano state le fondatrici della leggendaria Little Review
a New York. Solo verso la fine della Seconda guerra mondiale – nel difficile
clima di Parigi occupata – iniziano ad acquistare importanza allievi francesi,
fra cui lo scrittore René Daumal (1908-1944). Dopo la morte di Ouspensky – con
cui i rapporti non erano mai stati facili –, nel 1947, numerosi allievi di
questo si rivolgono a Gurdjieff, e nel 1948 partecipano a una riunione a Parigi.
Dopo un grave incidente automobilistico, nel 1948, le sue condizioni di salute
si aggravano. Muore il 29 ottobre 1949 all’Ospedale Americano di Neuilly, dopo
avere trasmesso le sue ultimi istruzioni a Jeanne de Salzmann.
È proprio Jeanne de Salzmann a tenere le fila dell’“eredità”
di Gurdjieff dopo la sua morte. Il maestro non aveva mai voluto fondare un
movimento organizzato; aveva lasciato dietro di sé testi in gran parte simbolici
e volutamente oscuri; certo non aveva formalmente nominato un successore.
Tuttavia intorno a Jeanne de Salzmann si organizzano una serie di istituzioni
che riconoscono nell’autorità di questa allieva prediletta – che morirà nel
1990, all’età di centouno anni; le succederà il figlio Michel de Salzmann
(1923-2001) – un punto di riferimento per una rete di fondazioni e società
autonome in Europa, Stati Uniti, Sud America e Australia. Le istituzioni
principali di questa rete – nota complessivamente con il nome
The
Gurdjieff Foundation – sono l’inglese Gurdjieff Society, fondata nel
1955 e a lungo guidata da Henriette H. Lannes (1899-1980), e la Gurdjieff
Foundation di New York, animata da Henry John Sinclair, Lord Pentland
(1907-1984). La Gurdjieff Foundation e la Gurdjieff Society – nonché la
declinazione francese di questa rete, nota come Institut Gurdjieff – hanno
difeso l’integrità del lavoro di Gurdjieff creando una “ortodossia gurdjieffiana”
(se questa espressione è lecita, considerate le peculiari idee del maestro). Non
hanno però potuto evitare la proliferazione di diverse centinaia di gruppi e
movimenti “gurdjieffiani” nel mondo.
Si può distinguere fra quattro diverse forme della “eredità”
di Gurdjieff. La prima è costituita dalle società e fondazioni “ortodosse”, che
raccolgono nel mondo circa diecimila persone (con una presenza molto discreta
anche in Italia tramite l’Associazione
Italiana Studi sull’Uomo G. I. Gurdjieff, presente a Milano, Roma,
Torino e Palermo). La seconda è costituita da discepoli di maestri che si erano
già resi indipendenti da Gurdjieff durante la sua vita – tra cui Ouspensky e
Bennett –, ovvero hanno fatto parte dell’area “ortodossa” dopo la morte di
Gurdjieff ma la hanno poi lasciata per creare gruppi indipendenti. Dalla
Fondazione proviene per esempio Margit Martinu, che – accompagnata al pianoforte
da Giovanna Natalini – insegna i
movimenti di Gurdjieff in Italia,
particolarmente a Roma (da ambienti analoghi proviene Madhur Rotolo, il quale
pure impartisce corsi legati alle
“sacre danze” e ai movimenti di Gurdjieff,
particolarmente in Toscana; e sempre in Italia – a testimonianza della vivacità
del contesto – impartiscono seminari e insegnamenti basati sui movimenti di
Gurdjieff gli associati di
GurdjieffMovements.com). Non mancano poi maestri che affermano linee di
discendenza da Gurdjieff che comportano numerosi passaggi più o meno diretti,
quando non sono totalmente fantastiche o fittizie. Proprio alcuni di questi
maestri “indipendenti” hanno costituito i gruppi più articolati e strutturati in
modo gerarchico, come la Fellowship of Friends e il Centro Linbu. Nonostante
tutto, è probabile che il numero di persone che si muovono in questa seconda
area “indipendente” sia leggermente inferiore al totale di coloro che
partecipano a quello che Gurdjieff chiamava semplicemente “il Lavoro” nell’area
“ortodossa”.
In terzo luogo, l’eredità di Gurdjieff vive in movimenti
religiosi e in insegnamenti spirituali che non rivendicano una discendenza
genealogica dal maestro greco-armeno, ma lo riconoscono fra le fonti autorevoli
cui si sono ispirati: è il caso di una parte del New Age, e anche di Osho
Rajneesh (Mohan Chandra Rajneesh, 1931-1990): un caso emblematico di questo
ambito è il Gruppo per
l’Armonioso Sviluppo dell’Uomo, nel quale gli insegnamenti di
Gurdjieff e Ouspensky sono veicolati tramite l’insegnamento di Osho. In questo
ambito, non si può non segnalare l’insegnamento tramite libri, seminari e
originali videogiochi di Eugene Jeffrey (“E. J.”) Gold, che si definisce un sufi
e un maestro della Quarta Via e che dirige l’Institute
for the Development of the Harmonious Human Being (così riecheggiando
l’Institute for the Harmonious Development of Man di Gurdjieff) a Nevada City,
in California. Gold propone fra l’altro un “lavoro del Bardo” per imparare fin
da ora ad affrontare lo stato intermedio fra la vita e la morte, proposto anche
in Italia da BardoWorks Europe tramite seminari e pubblicazioni. Gold nega
formalmente di essere un discepolo di Gurdjieff, ma i riferimenti impliciti a
quest’ultimo sono veramente ovunque nel suo peraltro complesso insegnamento.
Infine, l’“eredità” di Gurdjieff è presente in una varietà di
ambiti artistici, culturali e letterari dove hanno lasciato il loro segno suoi
discepoli diretti o indiretti, da Pamela Travers (1899-1996), la creatrice di
Mary Poppins, che al maestro ha reso spesso esplicito omaggio, e
all’architetto Frank Lloyd Wright (1869-1959), che aveva incontrato Gurdjieff e
si era interessato alle sue idee dopo averne sposato una discepola. In una
generazione che non ha conosciuto direttamente Gurdjieff, si può citare fra gli
altri in Italia il cantautore Franco Battiato, che si è adoperato per la
diffusione del pensiero del maestro – non senza successo – nel nostro paese, e
che ispira a sua volta gruppi che si riuniscono in forma privata per studiare e
mettere in pratica gli insegnamenti di Gurdjieff.
L’insegnamento di Gurdjieff sfugge a ogni tentativo di
ricostruzione: mette insieme spiritualità, filosofia, cosmologia e un modello
complesso della persona umana legandoli in un sistema unificato. Il “Lavoro” di
Gurdjieff è rivolto all’evoluzione personale, alla trasformazione sociale, e
ultimamente a una trasformazione su scala cosmica. L’espressione “Lavoro” si
riferisce allo sforzo che è necessario perché l’allievo si “risvegli” al
significato dell’esistenza umana. I frutti del “Lavoro”, che inizia come opera
interiore su se stessi, devono ultimamente trasformare la vita quotidiana. Il
“Lavoro” è una forma di tradizione orale; richiede una “scuola” e la
disponibilità degli “allievi” o “studenti” a porsi sotto la tutela di un
maestro, senza il quale la trasformazione interiore è giudicata impossibile. La
condizione umana così come si presenta oggi è lontana dalla sua verità
originaria e dal suo potenziale. Nel mondo moderno in ogni persona coesistono
molti “io” contraddittori, in competizione fra loro; questo conflitto rende
ultimamente impossibili il pensiero e l’azione in forma unitaria. Inoltre, in
ogni persona coesistono due nature che non sono capaci di riconoscersi a
vicenda: l’essenza e la personalità. La libertà, l’azione consapevole e
un’autentica volontà non possono esistere in questo stato di frammentazione.
Quella che chiamiamo “azione” è soltanto un fenomeno meccanico e inconscio.
Questo stato comune e quotidiano è chiamato da Gurdjieff “sonno”.
L’evoluzione personale è quindi il risveglio dallo stato di
sonno, e il passaggio dalla frammentazione all’unità. Lo stato di “sonno” non
priva soltanto la persona della libertà e della responsabilità; turba anche la
sua relazione con il cosmo. Gurdjieff chiede – talora brutalmente – di prendere
atto dello squilibrio e delle illusioni che impediscono di vedere la realtà
della presente condizione umana. Il “Lavoro” lentamente rivela come l’entità che
la persona considerava unitaria, coerente e libera è in realtà un insieme
contraddittorio di pensieri, reazioni emotive, e meccanismi ripetitivi di
auto-protezione. La consapevolezza di questo stato di confusione è il primo
passo in direzione del risveglio. Come secondo passo, è necessario accettare
quanto si è visto. Le prime fasi del “Lavoro” propongono l’osservazione, la
verifica e l’accettazione della verità della condizione umana attraverso lo
studio, la partecipazione a un lavoro di gruppo ed esercizi di attenzione
(“ricordo di sé”).
L’insegnamento di Gurdjieff non è organizzato intorno a un
sistema dottrinale, ma piuttosto intorno a un metodo. Insiste che tutto deve
essere messo in discussione. Vivendo in questo modo – perpetuamente critico – le
capacità di osservazione e di attenzione si affinano, e le idee sono verificate
nella vita. Gurdjieff insegna che le sue dottrine non possono essere trasmesse
in modo univoco perché ogni persona ha un itinerario di crescita indipendente e
unico, di cui si deve tenere conto. Tuttavia, è anche vero che – di fronte al
rischio dell’auto-illusione – un lavoro di gruppo, con altri, è indispensabile
per la trasformazione. Lavorando in gruppo l’osservazione di se stessi può
essere più obiettiva; alcuni esercizi sono inoltre possibili soltanto in gruppo.
I gruppi – nel “Lavoro” – dovrebbero anche sviluppare sincerità, forza interiore
e nuove capacità. In concreto il “Lavoro”, nei gruppi, si concentra su metodi di
auto-osservazione che hanno, tra l’altro, lo scopo di imparare a “ricordare se
stessi”. Osservare come si pensa, si agisce, si provano emozioni rivela come i
tre centri della persona umana – mentale, emozionale e motorio – operano a
diverse velocità, e sono spesso in contraddizione tra loro.
Gli esercizi del “Lavoro” rendono consapevoli delle relazioni
fra i tre centri, e permettono l’emergere di momenti in cui la natura meccanica
dell’uomo non è più dominante. Questi momenti in cui si emerge dallo stato di
“sonno” sono effimeri, ma gradualmente si legano gli uni agli altri e offrono
nuove possibilità di integrazione. Al servizio del “Lavoro” si pongono anche la
musica e i movimenti del corpo. Gurdjieff e Thomas de Hartmann hanno lasciato un
ampio corpus
musicale, il cui scopo è trasmettere un insegnamento pratico sulle
relazioni fra la vibrazione, l’esperienza del suono, e la consapevolezza. Jeanne
de Salzmann ha trasmesso a sua volta un gran numero di “danze sacre” o
“movimenti” creati da Grudjieff sulla base di diverse tradizioni osservate nei
suoi viaggi. La musica e i movimenti offrono la possibilità di studiare e
“ricordare” se stessi, creando condizioni in cui è più facile osservare la
relazione fra il corpo e la qualità della nostra attenzione. Attraverso il corpo
si sperimentano anche diversi livelli e qualità di energia.
Gurdjieff descrive gli stati superiori dell’evoluzione
personale come difficili, ma non impossibili. A differenza di altri sistemi
esoterici che svalutano il ruolo del corpo, l’insegnamento di Gurdjieff insegna
a integrare quelle che definisce le due nature dell’esistenza umana, la
evolutiva e la involutiva, in modo da accedere a un luogo ideale collocato in
una posizione intermedia fra queste due nature. Solo a questo punto è possibile
riscoprire e alimentare l’essenza, quella parte della persona che rivela lo
scopo della vita. Continuando nello sviluppo, cresce anche la consapevolezza
delle responsabilità: la persona può mettersi al servizio di altri e del grande
processo cosmico dell’evoluzione. Gurdjieff inserisce il “Lavoro” in una
complessa cosmologia. Lo scopo della vita è consapevolmente trasformare energia
e partecipare responsabilmente a un processo e a un dramma cosmico, in cui
l’umanità ha il suo posto nella grande catena dell’essere. Le persone che non
raggiungono la consapevolezza contribuiscono anche loro – ma involontariamente e
passivamente – a liberare energia e a nutrire i processi cosmici, diventando –
secondo l’espressione del maestro – “cibo per la Luna”. In termini più
“religiosi”, alcuni interpreti del pensiero di Gurdjieff hanno affermato che si
ritrova qui l’idea – comune ad altri sistemi esoterici – secondo cui non tutti
hanno un’anima, ma soltanto coloro che sono in grado di costruirsela
consapevolmente attraverso un faticoso processo.
B.: Un pregevole studio introduttivo è quello di Constance A.
Jones, G.I. Gurdjieff e la sua eredità, Elledici, Leumann (Torino) 2005.
Della migliore biografia di Gurdjieff esiste una traduzione italiana: James
Moore, George Ivanovitch Gurdjieff: Anatomia di un mito, Il Punto
d’Incontro, Vicenza 1993. Tutte le opere di Gurdjieff sono state tradotte in
italiano: Il nunzio del bene venturo: primo appello all’umanità contemporanea,
Astrolabio, Roma 2003; I racconti di Belzebù a suo nipote. Critica
oggettivamente imparziale della vita degli uomini, Neri Pozza, Vicenza 1999;
Incontri con uomini straordinari, Adelphi, Milano 1992; La vita è
reale solo quando “Io sono”, Neri Pozza, Vicenza 2004; Vedute sul mondo
reale: Gurdjieff parla ai suoi allievi, L’Ottava, Milano 1985. Dal punto di
vista storico importante è anche l’opera di Thomas de Hartmann, La nostra
vita con il Signor Gurdjieff, trad. it., Astrolabio, Roma 1974. La
letteratura secondaria su Gurdjieff è vastissima: se ne troverà una bibliografia
fino ai primi anni 1980 nell’opera di J. Walter Driscoll e The Gurdjieff
Foundation of California, Gurdjieff. An Annotated Bibliography, Garland,
New York 1985 (la terza edizione di questa guida, aggiornata al 2004, è
reperibile solo online tramite il sito Gurdjieff
– A Reading Guide). Benché si tratti di una sistematizzazione,
talora criticata, soltanto di una parte delle idee di Gurdjieff, rimane comunque
indispensabile per un accostamento alle dottrine l’opera di Piotr Demianovich
Ouspensky, Frammenti di un insegnamento sconosciuto, trad. it.,
Astrolabio, Roma 1976, che resta ancora oggi per molti la prima occasione di
incontrare le idee di Gurdjieff. Sui rapporti con gli ambienti letterari:
Margaret Anderson, L’inconoscibile Gurdjieff, trad. it., Gremese, Roma
1996; James Moore, Gurdjieff and Mansfield, Routledge and Kegan Paul,
Londra-Boston-Henley 1980; Pamela L. Travers, George Ivanovitch Gurdjieff,
Traditional Studies Press, Toronto 1973. Dal punto di vista accademico – spesso
ispirato dall’atteggiamento “ortodosso”, diffuso anche in ambienti universitari
– la maggiore raccolta di scritti è quella curata da Jacob Needleman e George
Baker, Gurdjieff. Essays and Reflections on the Man and His Teaching,
Continuum, New York 1996. Per lo sviluppo dell’eredità un’utile introduzione è
quella di Kathleen Riordan Speeth, The Gurdjieff Work, Jeremy P. Tarcher,
Los Angeles 1989. Per un punto di vista “ortodosso”, di rilievo è anche la Gurdjieff International
Review.
Fra gli artisti influenzati dal pensiero di George
Ivanovitch Gurdjieff (1866?-1949), negli Stati Uniti c’è il regista teatrale
Alexander Francis Horn, fondatore dell’Everyman Theatre e del Theatre of All
Possibilities, la cui moglie Carol era stata una discepola di John Godolphin
Bennett (1897-1974). Robert Earl Burton, dopo essere stato maestro di scuola
a North Little Rock (Arkansas), diventa discepolo di Horn a San Francisco, e
nel 1970 lo lascia per fondare una sua organizzazione, la Fellowship of
Friends. Influenzati anche dal romanzo di fantascienza A Canticle for
Leibowitz (1959) di Walter M. Miller, Jr., dove monaci di un Ordine di
San Leibowitz preservano l’autentica conoscenza in un monastero mentre il
mondo decaduto vive un’epoca oscura, Burton e i suoi allievi acquistano una
vasta proprietà nel Nord della California e la ribattezzano Renaissance (in
seguito Apollo).
Situata alle pendici della Sierra Nevada, Apollo
comprende un vigneto a terrazze collinari di 365 acri, dove l’azienda
vinicola Renaissance Vineyard & Winery –
interamente posseduta dalla Fellowship – produce con notevole successo vini
di discreta qualità. Burton dà pure importanza all’esperienza dell’arte e
della bellezza, e Apollo comprende un museo, con pezzi importanti, un
teatro, una biblioteca e diversi gruppi artistici. Circa duecento discepoli
vivono in comunità ad Apollo, e altri duemila partecipano alle attività dei
Centri Gurdjieff-Ouspensky presenti in numerosi paesi del mondo (sei sono in
Italia).
Quasi fin dalle sue origini, la Fellowship è stata al
centro di notevole controversie. Ambienti anti-sette hanno puntato il dito
soprattutto sulla decima – il contributo al movimento del dieci per cento
del proprio reddito, praticato anche da Chiese protestanti, ma non usuale in
ambito esoterico – che, secondo le accuse, andrebbe a sostenere le
collezioni d’arte e lo stile di vita lussuoso del fondatore. Le critiche
maggiori, peraltro, provengono spesso dagli stessi ambienti “ortodossi” che
si ispirano all’eredità di Gurdjieff. Dal punto di vista formale, la pratica
dei seguaci di Burton di visitare le librerie esoteriche di numerosi paesi,
inserendo – normalmente senza che i librai lo autorizzino o se ne avvedano –
nelle opere di Gurdjieff segnalibri con i numeri di telefono dei “Centri
Gurdjieff-Ouspensky” della Fellowship più vicini, è considerata una forma di
“concorrenza sleale” agli altri gruppi. Se chi si considera parte
dell’eredità di Gurdjieff fa volentieri riferimento – alludendo al corpus
del maestro – a un “popolo del Libro”, la Fellowship è ironicamente
soprannominata “popolo del segnalibro”.
Dal punto di vista sostanziale, a Burton è imputato di
presentarsi come erede diretto di Gurdjieff senza poter vantare nessuna
forma di successione “regolare” e riferendosi, piuttosto che al maestro, a
Piotr Demianovich Ouspensky (1878-1947) e a discepoli indipendenti di quest’ultimo,
come Rodney Collin (1909-1956) e lo psicologo Maurice Nicoll (1884-1953).
Burton risponde presentando Gurdjieff come maestro del mondo fisico,
Ouspensky come maestro del mondo intellettuale, e se stesso come maestro del
mondo emozionale. L’opera principale di Burton, Self-Remembering, è
incentrata su un aspetto della dottrina di Gurdjieff (che qui diventa
centrale), il “ricordo di sé”. I riferimenti agli “dei” e alla
reincarnazione nell’insegnamento di Burton entrano, peraltro, su terreni da
cui Gurdjieff si era piuttosto tenuto lontano.
B.: L’opera fondamentale è Robert Earl Burton,
Self-Remembering, Samuel Weiser, York Beach (Maine) 1995. Altre fonti
dirette sono: Girard Haven, Thoughts. Based on the Teachings of Robert
Burton, Ulysses Books, Oregon House (California) 1995; Idem, Notes
from a Conscious Teaching, Ulysses Books, Oregon House (California)
1998; Idem, Creating a Soul, Ulysses Books, Oregon House (California)
1999; Susan Zannos, Human Types. Essence and the Enneagram, Samuel
Weiser, York Beach (Maine) 1997.
Il Centro Linbu
Centro Linbu (Linbu Center) – Società Joula
(Dopo la chiusura del centro di Rosignano Marittimo [Livorno] i discepoli
italiani fanno riferimento ai centri tedeschi, che possono essere raggiunti
al numero di telefono 0049-6507-802483 e fax 0049-6507-802484)
Hallstein Farestveit, norvegese, entra in contatto con il
pensiero di George Ivanovitch Gurdjieff (1866?-1949) negli Stati Uniti.
Tornato in Scandinavia, si fissa in Svezia e inizia a raccogliere discepoli
con il nome iniziatico di Linbu. Il gruppo si organizza nella Fondazione
Svedese Società di Linbu (accanto al quale sarà usato in seguito anche il
nome Società Joula) e apre diversi centri dapprima in Svezia, quindi anche
in Danimarca, Norvegia, Germania, Regno Unito, Polonia e Russia. Diversi
membri vivono in comunità, fra l’altro in Svezia a Hedekas (Bohuslän), dove
esiste un’azienda agricola, e a Killeberg (Småland), dove un laboratorio di
oreficeria (“Centro del Sole”) è gestito sotto l’egida della società Arcena
AB, che inquadra diverse attività economiche del movimento. La produzione di
gioielli con temi simbolici ed esoterici è del resto un’attività tipica del
movimento, e il modo attraverso il quale i membri – anche partecipando a
fiere sia del settore specifico, sia di ambiente esoterico e New Age –
entrano in contatto con il pubblico esterno.
I Centri Linbu sono in effetti caratterizzati da una
grande discrezione, causa non ultima di frequenti campagne ostili da parte
di movimenti anti-sette in Svezia e in Danimarca. Peraltro, il 26 marzo
1976, alcuni osservatori esterni – fra cui studiosi – hanno potuto assistere
alla consacrazione della Società di Linbu come “prima Chiesa nordica”. Nel
rituale è stata recitata una versione della fiaba La rosa più bella del
mondo di Hans Christian Andersen (1805-1875), mentre il pianoforte e la
danza accompagnavano il racconto. La fiaba narra del ritrovamento della rosa
più bella del mondo, come simbolo dell’amore più alto e più puro. Solo
quella rosa può salvare una regina caduta gravemente ammalata. Un bambino la
trova, sotto forma di narrazione della crocefissione del Cristo, di fronte a
cui esclama: “Non si può trovare un amore più grande!”. La rosa simboleggia
così per il Centro Linbu la felicità, la gioia, l’amore e la perfezione.
Altri testi della cerimonia del 1976 sono stati il Padre Nostro, una
preghiera per chiedere la forza di vivere in armonia con la volontà di Dio,
un canto (“Sognare sogni impossibili”) e un’altra fiaba di Andersen, Il
libro muto, su uno studente fallito che esprime il desiderio di avere
con sé nella tomba un libro dove aveva nascosto diversi fiori.
Questa cerimonia – significativa perché ha permesso a
terzi di gettare uno sguardo sulla vita di un movimento piuttosto chiuso –
mette in luce un aspetto importante della spiritualità dei Centri Linbu,
convinti che messaggi nascosti e significati esoterici si celino nell’arte,
per esempio nelle fiabe di Andersen o nel teatro di William Shakespeare
(1564-1616). La lettura del libro di Linbu The Theory of Conscious Light
rivela un approccio piuttosto comune nel mondo “gurdjieffiano” agli
insegnamenti del maestro caucasico nella forma codificata da Piotr
Demianovich Ouspensky (1878-1947). Anche la vita nei Centri Linbu – pure
piuttosto dura, e caratterizzata da un faticoso lavoro fisico come via al
ricordo di se stessi – non manca di analogie con altre esperienze comuni
nello stesso mondo.
Il sospetto con cui anche altri gruppi ispirati a
Gurdjieff guardano ai Centri Linbu (e le accuse di sfruttamento dei membri e
turbamento del loro equilibrio psichico, peraltro comuni nelle campagne
anti-sette in genere) si spiegano con l’insistenza di Linbu sulla vita in
comunità – che oggi altre realtà dell’“eredità di Gurdjieff” non praticano
più – e con la già accennata riservatezza. Quest’ultima ha caratterizzato
anche la comunità italiana, che per parecchi anni ha mantenuto un centro a
Rosignano Marittimo (Livorno), mantenendo contatti con l’esterno soprattutto
attraverso l’esposizione di gioielli in mostre e fiere, fino a quando nel
2000 una rimeditazione del proprio itinerario spirituale da parte della
personalità più significativa della comunità ha portato al suo scioglimento,
o più esattamente – come i membri sottolineano – alla sua trasformazione in
una realtà che si propone ora di operare con modalità diverse.
B.: H. Linbu, The Theory of Conscious Light, Linbu
Publications, Lidingö (Svezia) 1977.
I centri El Are
El Are - Centri per lo Sviluppo Armonico dell’Uomo
- Via Santa Maria di Lignano, 42
06081 Assisi (Perugia)
Tel.: 075-802301
- Via Zara, 121
25100 Brescia
Tel.: 030-225085
E-mail: info@sviluppoarmonico.it URL: www.sviluppoarmonico.it
Patrizio Paoletti, nato a Napoli nel 1960, dopo avere
coltivato interessi di natura religiosa e mistica, scopre il pensiero di
George Ivanovitch Gurdjieff (1866?-1949) e fonda la S.A.C.S.A.U. (Scuola di
Autocoscienza per lo Sviluppo Armonico dell’Uomo), che si sviluppa fino a
contare centri e gruppi in una ventina di città italiane e a Locarno
(Svizzera). Successivamente la S.A.C.S.A.U. si trasforma in El Are, la cui
sede principale è stabilita in un nuovo centro del movimento (dove ha pure
sede la collegata Associazione Nuovo Mondo) ad Assisi, dove Paoletti fissa
la sua residenza. A El Are fanno capo gruppi di studio in varie città
italiane, in Svizzera, Israele, Francia, Spagna e Inghilterra, i Centri per
lo Sviluppo Armonico dell’Uomo di Brescia, Castiglione delle Stiviere
(Mantova) e i Centri Studi Yoga per lo Sviluppo Armonico dell’Uomo di
Avellino e Salerno. Questi ultimi, fondati nel 1999 da Franco Di Domenico,
si basano sulla scuola Yantra Activity Yoga, che intende coniugare le idee
caratterizzanti lo yoga classico o tradizionale con le conoscenze –
intendendo il termine “conoscenza” come “esperienza pratica” – sviluppate
attraverso gli insegnamenti di Patrizio Paoletti.
La dottrina di Paoletti si ispira a un tema centrale del
magistero di Gurdjieff: non tutti hanno un’anima, solo chi riesce
faticosamente a costruirla può aspirare al risveglio. La trasmissione
dell’“insegnamento” – che comprende riferimenti a temi religiosi tratti da
diverse tradizioni – avviene attraverso i corsi, la danza sacra secondo il
metodo di Gurdjieff, e l’arte del giocoliere, il juggling, che
diverse tradizioni religiose (soprattutto giapponesi) considerano una
disciplina sacra attraverso cui si forma la padronanza e la piena conoscenza
di sé. Paoletti propone una “via delle perle di cristallo”, fatta di piccoli
insegnamenti che partono dal quotidiano e che – come nelle favole – aiutano
a ritrovare la propria strada.
B.: Di Patrizio Paoletti cfr., fra i molti testi (tutti
pubblicati nel 1999 da Officina ’99, Napoli): Il percorso dell’anima
(seconda ristampa con il titolo Segreti), Esserci, L’attimo,
La via della presenza, Gli isolani, La bussola, La
preghiera. Di Rodney Collin (1909-1956), discepolo indiretto di Piotr
Demianovich Ouspensky (1878-1947), la stessa casa editrice ha pubblicato,
sempre nel 1999, Influenze celesti. L’uomo, l’universo, i misteri cosmici.
L'Istituto per l'Evoluzione Armonica dell'Uomo di Cremona
Istituto per l’Evoluzione Armonica dell’Uomo
Via Brescia, 56
26100 Cremona
Tel.: 0372-433239
Fax: 0372-433663
E-mail: info@ieau.it URL: www.ieau.it
Andrea Di Terlizzi (“Om Oskraham”, 1955-) e Walter
Antonio Ferrero (“Halladhah Hanahit”, 1958-) si manifestano come maestri
della “Gerarchia Occulta”, in contatto con gli stessi centri iniziatici cui
aveva avuto accesso George Ivanovitch Gurdjieff (1866?-1949). Fondano a
Soresina (Cremona), riprendendo il nome da quest’ultimo, un Istituto per
l’Evoluzione Armonica dell’Uomo (accanto al quale è stato usato in passato
anche il nome Centro Logos), che dichiara come scopo statutario “la ricerca,
lo studio, la pratica, la divulgazione e l’insegnamento, in ogni loro forma,
delle conoscenze che hanno costituito e costituiscono tutte le forme di
pensiero filosofico e religioso”. In effetti, l’Istituto insegna una scienza
sacra, fonte originaria – al di là e prima delle determinazioni, dei dogmi,
delle religioni – di tutti gli insegnamenti autentici apparsi sulla Terra.
Da Gurdjieff i due maestri italiani riprendono l’idea
secondo cui viviamo normalmente immersi in uno stato di sonno, da cui è
necessario risvegliarsi tramite un “osservarsi” vigile e costante. I maestri
forniscono al riguardo alcuni suggerimenti – metodi per “imparare a
imparare”, tecniche di respirazione, inviti a tenere conto della struttura
sottile degli alimenti e a “magnetizzare” il cibo, e così via – ma precisa
che non si tratta di “regole”, perché queste tendono a diventare ripetitive
e meccaniche e, in quanto tali, sono causa e non soluzione dello stato di
sonno in cui si trova ordinariamente la coscienza. I voluminosi scritti
dell’Istituto narrano anche di avventure straordinarie e vite passate dei
maestri – Halladhah Hanahit è stato per esempio un cacciatore di vampiri su
incarico della Gerarchia e un autentico “re del fanta-horror” (Om
Oskraham - Halladhah Hanahit, Il Sole e la Folgore. Autobiografia di
un’Incarnazione, ADEA, Milano 1995, p. 406) –, di cui è talora difficile
cogliere l’esatta natura, fra metafora o simbolo e pretesa di narrare eventi
realmente accaduti, e che – insieme agli esperimenti di vita comunitaria del
gruppo – hanno suscitato critiche e controversie.
B.: Tra le opere di Om Oskraham e Halladhah Hanahit (alcune delle quali
tradotte anche in francese) – tutte pubblicate da ADEA, Milano – si potrà
partire da Il Sole e la Folgore. Autobiografia di un’Incarnazione
(1995); Luce, amore, potere… questa è la via (19952);
Gerarchia Occulta (19962); Il potere di cambiare le cose
(1996); Il sentiero del guerriero (1997); Io voglio essere:
autodeterminazione e affermazione equilibrata di sé (1999); Io non
sono nato: l’essere e la coscienza (1999); Essere o apparire
(2001). Dal 1998 l’Istituto per l’Evoluzione Armonica dell’Uomo pubblica
il mensile Stile interiore.