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Traduzione dallo spagnolo di Buffa Claudio Casa Editrice Kier S.A. Argentina OTTAVA EDIZIONE DELLA VERSIONE SPAGNOLA della quarta edizione inglese Autore Dr. Maurice Nicoll COMMENTARI PSICOLOGICI SULL’INSEGNAMENTO DI GURDJIEFF E OUSPENSKY VOLUME 1Pag. 25 COMMENTARIO II - Birdlip, 6 giugno 1941 DEI MEZZI ADDIZIONALI DELL’OSSERVAZIONE DI SE Parte 1 - Ciò che segue in questa parte è un commentario che si riferisce all’idea dei diversi “Io” nell’uomo. Come voi sapete, in questo sistema d’insegnamento, l’uomo non è considerato come un’unità. La mancanza di unità nell’uomo è la fonte di tutte le sue difficoltà e le sue pene. Il corpo dell’uomo è un’unità e lavora come un organismo unico, a meno di essere infermi. Ma la vita interiore dell’uomo non è un’unità e manca di organizzazione e non lavora armonicamente come un tutto. L’uomo nei riguardi del suo stato interiore, è una moltitudine, e dal punto di vista di questo insegnamento, si parla di questa moltitudine interiore in termini di “Io” che ad ogni momento si fanno carico di lui e parlano per lui come fossero la sua voce: e da questo punto di vista si paragona l’uomo con una casa in disordine nella quale non c’è il padrone ma una moltitudine di servi che parlano in nome del padrone assente. Come voi probabilmente sapete, il maggior errore che si può commettere è supporre che gli altri abbiano o che posseggano un “Io” permanente e immutabile. L’uomop non è mai lo stesso per molto tempo. Cambia continuamente. Ma se crede che una persona che si chiama Gianni sia sempre Gianni, sbaglia completamente. Quell’uomo al quale si da il nome di Gianni ha in se altri “Io”, altri ego, che si fanno carico di lui indifferenti momenti e per quanto a Gianni non piaccia mentire, ad un altro “Io” in lui – chiamiamolo Pedro – gli piace mentire e così via. Prendere un’altra persona come una sola e medesima persona in ogni momento, supporre che è un unico “Io”, significa non saperla valutare e allo stesso tempo non capire se stessi. Una moltitudine di differenti persone vive in ciascuno di noi. Questi sono tutti i differenti “Io” che appartengono alla personalità, che è necessario osservare, e cercare di conoscere, in altro modo non è possibile nessuna conoscenza di se – cioè, se uno riesce veramente a conoscere se stesso e non immagina o si inventa nulla su se stesso.nessuno di voi ha un “Io” vero, permanente, immutabile. Nessuno di voi ha una vera unità dell’essere.tutti voi non siete che una moltitudine di persone differenti, alcune migliori e alcune peggiori, e ciascuna di queste persone – ognuno di questi “Io” in voi – in certi momenti si fanno carico di voi, e vi fanno fare ciò che vogliono e dire ciò che gli piace e sentire e pensare come sentono e pensano. Ma già so tutto questo ed allora desidero parlarvi più dettagliatamente della dottrina dei molti “Io” nell’uomo e dare alcune idee sul loro profondo senso e significato. Se qualcuno di voi non comprende tutto ciò che segue, significa che non ha sufficiente pratica nell’osservazione di se, nel cui caso è necessario avere pazienza e sperare un poco perché, se è molto tempo che siete nel lavoro e tuttavia non avete cominciato ad osservarvi seriamente, cioè, non avete cominciato il lavoro su di voi e chissà non avete pensato seriamente nemmeno a ciò che significa. In questo ultimo caso, l’unica cosa che vi posso dire è che dovete cercare realmente di fare uno forzo per comprendere ciò che significa, mediante una buona osservazione di se, il meglio possibile, perché il tempo nel lavoro è importante, e le opportunità hanno la tendenza a diminuire se non le si colgono quando arrivano, perché è nella vera natura delle cose di arrivare troppo tardi per produrre un cambio interiore, che è possibile soltanto mediante l’osservazione di se e la conoscenza di se quando deriva da essa. Il fatto stesso che il lavoro inizia con l’osservazione di se è sufficiente per far irritare i molti “Io” nell’uomo e che se invece un uomo crede di considerarsi come uno non può cambiare. Ma per caso avete pensato da soli perché è così? Tutti voi sapete che questo lavoro consiste nel far si che un uomo ragioni per conto suo, e che presti attenzione alle idee di questo sistema senza pensare da solo ad esse, e in questo modo incorporarle è pura perdita di tempo. Il lavoro non è qualcosa di esterno, ma interno, e la gente che immagina che il lavoro, come un’organizzazione esterna lo farà progredire, purtroppo non ha capito il suo significato. Il fatto stesso che il lavoro inizia con l’osservazione di se è sufficiente per mostrare che esige lo sforzo personale di ogni individuo ed solo ognuno di voi può osservarsi da se stesso e nessuno può farlo per voi. Orbene, solo attraverso lo sforzo dell’osservazione di se un uomo arriverà eventualmente a rendersi conto che non è uno e così potrà distruggere l’illusione di essere un individuo permanente che non subisce nessuna trasformazione (cambio). Perché se un uomo crede in questa illusione di essere sempre uno e la stessa persona, non può cambiare e, come voi sapete, la finalità di questo lavoro, è produrre un cambio graduale nella nostra vita interiore. Di fatto, la totalità di questo lavoro ha come fondamento l’idea che il cambio di se o la trasformazione di se stesso è una possibilità definita in tutti gli esseri umani e la vera meta dell’esistenza. Però il punto iniziale di questo cambio di se rimane nascosto mentre l’uomo sta seguendo l’illusione di essere uno. L’uomo deve capire da se stesso che non è uno ma molti e lo può capire soltanto attraverso un’imparziale osservazione di se. Ma, per molto tempo, l’illusione di essere sempre una sola e medesima persona lotterà con i suoi tentativi imparziali di osservazione di se e l’impossibilità di comprendere il significato delle sue osservazioni. Cercherà di trovare scuse e di giustificarsi e di attaccarsi all’idea che è veramente uno e che ha un’individualità permanente e che sa sempre ciò che sta facendo e pensando e dicendo e che ha sempre coscienza di se e controllo di se. Gli sarà molto difficile ammettere che non è cos’. E d’altra parte, è perfettamente inutile che pretenda di credere di non essere uno e non vedere da se stesso la verità di ciò. Fa parte della conoscenza di questo sistema di insegnamento che l’uomo non è uno ma molti. A meno che l’uomo veda la verità di questa conoscenza applicandola a se stesso, attraverso il lavoro sul suo essere, non arriverà a trasformarsi in comprensione. Un uomo può dire: ” So che non sono uno ma molti – il lavoro dice così -. Ma questo è niente. La conoscenza arriva successivamente essendo esterna all’uomo stesso. Ma se l’applica con una lunga osservazione di se e comincia a vedere la sua realtà, allora dirà: ”Capisco di non essere uno ma molte persone”, e questa è una cosa molto diversa. La conoscenza avrà dato il suo frutto in lui, e non sarà mai più vana conoscenza, ma comprensione, perché l’uomo ha applicato la conoscenza a se stesso e per suo tramite ha lavorato sul suo proprio essere. E vi ricorderete come in questo sistema si è incappati nella differenza tra conoscenza e comprensione e quante volte si è sentito dire che nella nostra epoca la conoscenza è andata molto più in la della comprensione, perché l’uomo ha sviluppato unicamente il lato della conoscenza e non il corrispondente lato dell’essere. Quando un uomo comincia ad osservare se stesso dal punto di vista che non è uno ma molti, comincia a lavorare sul suo essere. Non può farlo se permane nella sua convinzione di essere uno, perché allora non sarà capace di separarsi da se stesso, perché considererà tutto se stesso, ogni pensiero, stato d’animo, sentimento, impulso, desiderio e così via, come se stesso, allora nello stesso momento, arriverà ad essere due – una parte che osserva e una parte che è osservata -. E a meno che non si divida in questo modo e lotti per fare che questa divisione sia ogni volta più distinta, non sarà capace di muoversi da dov’è, perché, prende sempre tutto ciò che succede in lui come se stesso, dirà “Io” a tutto e così tutto sarà poi “Io” in lui e si identificherà con tutto ciò che succede, e a prendere tutto come “Io” sarà impossibile ogni cambio, e poi tutto si celerà nell’illusione dell’”Io” e seguiterà a vivere in lui. Di fatto, la molteplicità di persone che sono in un uomo, la moltitudine di “Io” diversi in lui – tanto quelli utili come gli inutili – scorreranno ugualmente e saranno ugualmente protetti anche perché gli sarà impossibile distinguerli uno dall’altro giacché li considera tutti come fossero se stesso. Questa è semplicemente una maniera di esporre la situazione interna di un uomo che rimane convinto di essere uno. Orbene, un uomo non può cominciare a cambiare se non è capace, grazie all’osservazione di se, di dire: “ Questo non è “Io”. In modo tale che quando incomincia a dirlo internamente è come se qualcosa osservasse in lui, incominciando a separarlo da se stesso. Cioè, comincia a tirar fuori il sentimento di “Io” da se, e quando si manifesta, dopo una strenua e lunga lotta, quello che ha osservato comincia a separarsi da lui e a distanziarsi, nel suo mondo interiore. Ma questo è impossibile se crede che ciò che ha osservato è lui stesso, perché allora continuerà ad essere “Io” in lui, e “Io” non può cambiare “Io”, poi ancora non avrà la possibilità di separazione e seguiterà ad essere unito a ciò che ha osservato, per prenderlo come “Io” – cioè, lui stesso – invece di chiamarlo come un “Io” in lui. Quando un uomo sta pensando crede che è lui che sta pensando. Ma il nostro pensiero nasce a caso, a meno di pensare profondamente e con attenzione, il che avviene rare volte. I pensieri che attraversano la nostra mente provengono dai diversi “Io” in noi. Supponiamo che un uomo si rendi conto di avere un pensiero negativo sul lavoro o su una persona o che è successo qualcosa. Supponiamo che prenda questi pensieri come fossero suoi – come lui – cioè, come “Io” e supponiamo che si senta a disagio a causa loro. Se dice a se stesso: “In verità, non devo pensare in questo modo”., questo può dare un risultato o no. Ma la cosa importante è che sta commettendo l’errore di prendere tutto ciò che succede dentro di lui, come lui stesso, come “Io”. Se si osserva correttamente si renderà conto che questi pensieri non sono lui ma che provengono da un “Io” negativo in lui, che chissà è gia stato informato. Supponiamo che conosce perfettamente questo “Io” in lui. Riconosce in seguito che questo “Io” sta parlando in lui e gli comunica i suoi pensieri tramite il centro intellettuale e suscita nello stesso tempo una classe particolare di emozioni negative. Neppure per un istante prende questo “Io” negativo come se stesso ma lo vede come qualcosa separato da se steso. Come risultato quello che dice questo “Io” non ha alcun potere su di lui, perché è separato da se stesso. Ma se si lascia andare al sonno, se cessa di essere cosciente di ciò che sta succedendo in lui e degli “Io” che gli sono vicini cade sotto il loro potere, identificandosi con se stesso, immagina che è lui che sta pensando in questo modo. Nel farlo, fortifica il potere che questo “Io” negativo ha su di lui – perché, come si sa, si è la cosa con la quale ci identifichiamo, al punto di avere potere su di noi, e tanto più ci identifichiamo con qualcosa, tanto più siamo schiavi di quella cosa. Con rispetto al lavoro stesso, le nostre tentazioni stanno esattamente negli “Io” negativi – cioè, negli “Io” che odiano il lavoro perché la loro vita in noi è minacciata da esso. Questi “Io” negativi fanno nascere una certa classe di pensieri agendo sul centro intellettuale ed usando il materiale immagazzinato li in forma di rulli. Se accettiamo questo pensieri, questi “Io” negativi che stanno in questo momento lavorando in noi saremo incapaci di liberarci dai suoi effetti. Il primo effetto che produce è farci sentire una perdita di forza. Ogni volta che sentiamo una improvvisa perdita di forza, praticamente è dovuto sempre all’azione di un “Io” negativo che ha iniziato un iter di pensieri dei nostri ricordi e, per una accurata selezione del suo materiale, presenta qualcosa sotto falsa luce ed è necessario ricordare che tutti gli “Io” negativi sanno solo mentire, nello stesso modo in cui le emozioni negative deformano tutto, come, per esempio, l’emozione del sospetto. Fino a che non si riesce ad osservare l’azione dell’”Io” negativo nel centro intellettuale, esso avrà potere su di noi. Ci riuscirà istantaneamente se lo prendiamo come “Io”, come noi. Ma se vediamo che è un “Io” che lavora in noi, non potrà farlo. Con lo scopo di comprendere che è un “Io” in noi, dobbiamo arrivare subito ad avere la certezza , per il lavoro pratico su di noi, che esistono in noi molti “Io” differenti, e che non siamo uno, ma molti.
PARTE II – Ritorneremo all’illusione che tutti gli uomini hanno radicata in loro di essere uno. Questa illusione esiste in ognuno di noi. Si può scoprire solo in modo graduale attraverso l’osservazione personale. Ognuno di voi si attribuisce il possesso dell’individualità e non solo dell’individualità ma della piena coscienza e volontà. Ma, come si sa, il sistema di idee che stiamo studiando insegna che l’uomo non è uno ma molti – cioè, non è un individuo, ma molti individui differenti – e anche che non è propriamente cosciente, ma che è quasi sempre addormentato, immerso nel sonno, nell’immaginazione, nelle considerazioni, nelle emozioni negative, e come risultato di questo non si ricorda di se stesso e in questo modo sperpera e distrugge la sua vita interiore, e vive in una specie di penombra e, finalmente, non possiede una volontà ma molte volontà differenti che sono in conflitto una con l’altra e determinano direzioni diverse. Se l’uomo fosse un’unità al posto di essere una moltitudine avrebbe vera individualità. Sarebbe uno e così avrebbe una volontà. Pertanto, l’illusione che l’uomo ha di essere uno si riferisce a una possibilità. L’uomo può raggiungere l’unità dell’essere. Può raggiungere la sua vera individualità. Ma questa illusione è precisamente quella che prima di tutto si oppone alla riuscita di questa possibilità. Perché se l’uomo immagina di avere qualcosa, non s’impegnerà a conquistarla. Perché un uomo dovrebbe lottare per qualcosa che è convinto di possedere? Questo è uno degli effetti dell’immaginazione che completa ciò che manca e che ci fa credere di essere questo, o quello, quando in realtà siamo tutto il contrario. In questo lavoro si ripete costantemente che dobbiamo lottare contro l’immaginazione, ed è necessario che comprendiate che questo si riferisce anche all’immaginazione che abbiamo su noi stessi. Bisogna lottare contro l’immaginazione che si ha su se stessi, non solo perché ci fa credere a false esperienze, emozioni artificiali e a volte ci mette anche in situazioni ridicole, ma perché ci leva tutte le possibilità di crescita interiore. E allora è facile vedere perché ciò che ho detto ora è così fondamentale. Perché se immaginiamo già di avere le qualità di essere che diciamo di possedere, non abbiamo nessuna speranza di arrivare ad averle. La nostra immaginazione supplisce questa carenza. Di fatto, non sapremo che ci manca qualcosa che riguarda noi stessi, cioè, nei confronti della qualità del nostro essere e crederemo che le uniche cose che ci mancano sono la stima, la fama, il denaro, le opportunità alle altre cose esterne, ma in quanto a noi stessi in realtà non manca nulla. Tale è il potere che ha l’illusione che nella parabola sulle pecore e il mago spiega che l’uomo è ipnotizzato dalla sua immaginazione e che nella sua illusione crede di essere un leone o un’aquila quando in realtà è una pecora; e nello stesso tempo, come pecora, ha il potere di sfuggire ai maghi, che sono troppo pigri o troppo meschini per costruire un recinto per non farle fuggire. Da tutto il racconto è necessario comprendere che l’illusione è qualcosa di molto reale e definita nei suoi effetti. L’immaginazione è esattamente nulla “nulla se non immaginazione”, come si suole dire. In verità è qualcosa di molto poderoso. È una forza reale che agisce universalmente sull’umanità e che mantiene l’uomo in uno stato di sonno, sia l’uomo primitivo che il civilizzato. E se l’uomo non sa cosa è il ricordo di se – cioè, siccome non raggiunge il terzo stato di coscienza – la forza che si manifesta come immaginazione nei due stati inferiori di coscienza non è correttamente instradata e pertanto agisce contro di lui. Come abbiamo visto l’uomo s’immagina di essere uno e a causa di questa illusione non può muoversi da dov’è in se stesso. Ogni uomo è fermo in se stesso, in una certa tappa in se stesso, e nulla può proseguire da questa tappa dove sta in se stesso, se non vede molto distintamente da se stesso, che non è uno e la stessa persona, ma è differenti persone e che continuare a pensare di essere uno è solamente una falsa illusione. Questa comprensione, questa percezione interiore, cambia il sentimento di una persona su di se. Cambia o comincia a cambiare, il suo sentimento di “Io”. Mentre se continua a vivere nell’illusione che è uno, ha un sentimento sbagliato dell’”Io”. Però non lo sa, ne tanto meno sa che a causa di questo sentimento sbagliato non solo la sua vita è sbagliata, e le sue relazioni con gli altri sono sbagliate, ed anche la sua propria evoluzione si rende impossibile. Perché un uomo non può cambiare se si attribuisce l’unicità di essere, perché tutto in lui è uguale. Attribuirà a se tutto ciò che è buono e cattivo in se stesso. Sarà responsabile di ogni pensiero e di ogni stato d’animo, per prendere tutto in se stesso come se stesso, perché se crede che tutto ciò che pensa, dice e fa, lo pensa e lo dice e lo fa da se stesso, allora sarà suo perché lo attribuisce tutto a se stesso. L’illusione di essere sempre uno e la stessa persona e che ha piena coscienza di tutto, e che ha volontà e che allora si controlla da solo, lo renderanno totalmente cieco per il fatto che non è l’origine cosciente di tutto ciò che pensa, dice e fa. L’osservazione di se gli mostrerà che non ha praticamente controllo dei suoi pensieri e che neppure può avere il suo pensiero comunque cerchi di averlo, poi – lo desideri o no – pensieri di ogni specie si svolgono nella sua mente. E succede la stessa cosa con i suoi sentimenti e i suoi stati d’animo, e con le sue parole e azioni. Ma se ammette che ha piena coscienza di tutto quanto dice e fa e ha pieno controllo dei suoi pensieri e stati d’animo e sentimenti e che è sempre uno e la stessa persona, tutto ciò resterà nascosto, dissimulato dal potere della propria immaginazione e dalla piena percezione di se stesso, dalla piena percezione di “Io”, e la sua relazione con gli stati interiori saranno falsi. Ma se un uomo, mediante la pratica e sincera osservazione di se, già non crede più di essere uno e già non attribuisce a questa unica persona immaginaria tutto ciò che esiste e vede che ogni cosa penetra nel suo mondo interiore, per lui il cambio si fa possibile. Perché un uomo può essere aiutato soltanto attraverso ciò che crede. Se crede di essere uno, l’aiuto non può raggiungerlo, perché attribuisce tutto a se stesso e in questo modo non solo è colpevole di tutto ma è completamente pieno di se stesso e non desidera lottare per altre cose. Però quando un uomo vede che non ha il diritto di pensare a se stesso come fosse uno, e che molte persone differenti esistono in lui ed alcune anche molto sgradevoli, che non ha in alcun modo piena coscienza ed anche carenza di volontà individuale, allora è al punto di partenza per la trasformazione del suo essere.
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