in quiete
Il Sito di Gianfranco Bertagni

 

"La conoscenza di Dio non si può ottenere cercandola; tuttavia solo coloro che la cercano la trovano"
(Bayazid al-Bistami)

"Chi non cerca è addormentato, chi cerca è un accattone"
(Yun Men)

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L'uomo è una mosca prigioniera del virtuale
(Jean Baudrillard)


 

Nel mondo il pensiero diventa artificiale, il tempo non ha significato e la realtà scompare in una sorta di allucinazione collettiva

Oggi non siamo noi a pensare il virtuale, è il virtuale a pensare noi. Separandoci definitivamente dal reale, quest'inafferrabile trasparenza ci è intelligibile quanto lo è per una mosca il vetro in cui sbatte, senza capire che cosa la separi dal mondo esterno: nemmeno può immaginare che cosa le limiti lo spazio.

Così noi nemmeno possiamo immaginare come il virtuale abbia anticipatamente trasformato ogni rappresentazione del mondo. Infatti tipico del virtuale è porre fine non solo alla realtà, ma all'immaginazione del reale, del politico, del sociale; porre fine non solo alla realtà del tempo, ma all'immaginazione del passato e del futuro (con un certo umorismo nero detto "tempo reale").

Così siamo ben lungi dall'avere capito che all'avvento dell'informazione - finiva lo sviluppo della storia, che - all'avvento dell'intelligenza artificiale - finiva lo sviluppo del pensiero, ecc. La residua illusione sulle categorie tradizionali, inclusa l'illusione di "aprirci al virtuale" come estensione reale di ogni possibile, è come quella della mosca che, instancabile, prende la rincorsa per sbattere meglio contro sul vetro. Infatti crediamo ancora alla realtà del virtuale, mentre esso ha già virtualmente confuso le piste del pensato.

Per ridurre un po' la confusione, farò l'esempio più delicato, perché consegue l'evento più spaventoso e inintelligibile della storia moderna: lo sterminio e coloro che ne negano l'esistenza, i negazionisti. L'affermazione negazionista è in sé così assurda che la domanda cruciale diventa: perché bisogna difendere la verità contro di loro? Perché ci si può chiedere se siano esistite le camere a gas? In altri tempi non si sarebbe potuto. Chi contesta il negazionismo, non s'interroga sulla possibilità della negazione, accontentandosi d'una veemente indignazione. Ma dover difendere la realtà storica delle camere a gas come una causa morale, dover difendere la "realtà", in generale con una sorta d'impegno politico, è già segno di un cambio di registro della verità storica e di turbative dell'oggettività.

I negazionisti sono risolutamente abeprranti e hanno decisamente torto proprio quando sono realisti e contestano la realtà storica e oggettiva dello sterminio. Nel tempo storico l'evento c'è stato e le prove ci sono. Ora però, non siamo più nel tempo storico, ma nel tempo reale, dove non c'è più prova di nulla. In tempo reale lo sterminio non sarà mai verificato. Se il negazionismo è dunque assurdo nella sua logica, la sua assurdità chiarisce l'irruzione di un'altra dimensione, paradossalmente chiamata tempo reale, dove sparisce proprio la realtà oggettiva, quella dell'evento presente come quella dell'evento passato e futuro. Esaurendosi in una simultaneità tale che gli atti sono senza senso, gli effetti senza causa, tanto che la storia non può riflettervici, il tempo reale è un buco nero che desostanzializza ciò che vi entra. Quando appaiono solo sullo schermo del virtuale, diventano virtuali perfino i campi di sterminio suo malgrado, nostro malgrado, ogni testimonianza precipita nello stesso abisso virtuale - quello di eventi o fatti che esistono per il tempo che esistono, un punto, è tutto. Nella loro assoluta sincerità, d'onde, forse le stesse testimonianze e i film (come immagini che esauriscono l'orrore nell'attualità dell'immagine) contribuiscono all'impossibile memoria. Lo sterminio reale è votato a un altro sterminio, quello del vírtuale. La vera soluzione finale è questa.

L'affermazione negazionista non è dunque autenticamente smentibile, visto che tutto e noi tutti, incluso chi la confuta, siamo sprofondati volenti o nolenti in un tempo senza ricorso oggettivo. Siamo così condannati a opporci ad essa con una sorta di negazione speculare, e qui sta la sconfitta del pensiero, del pensiero storico e del pensiero critico - ma in realtà non è la sua sconfitta: è la vittoria del tempo reale sul presente, sul passato, su ogni forma di articolazione logica della realtà.

La destabilizzazione della verità si verifica (se così si può dire) in altri casi, come quello di O.J. Simpson. Al di là di ogni considerazione giuridica o politica, il suo processo si svolgeva, stupefacentemente, secondo una drammaturgia mediatica, secondo uno sviluppo in un evento autonomo, capaci di eclissare l'evento reale dell'omicidio e di secernere una verità priva di rapporti con la verità oggettiva dei fatti, pur provati. Disarticolando la verità e il suo modello, la reale colpevolezza di O.J. Simpson poteva benissimo coincidere con una virtuale innocenza. Nel tempo reale del processo, nemmeno O.J. Simpson doveva più sapere bene se era colpevole o no, al punto che, come Edipo, del colpevole poteva "sinceramente" intraprendere le ricerche.

Lo stesso futuro non è assicurato in tempo reale. Sarebbe da discutere la visione di Paul Viriilio dell'"Incidente finale", dell'"Incidente degli Incidenti", dell'"Apocalisse del vìrtuale" che intravede al termine dell'evoluzione, anzi involuzione del nostro mondo in tempo reale. Però nulla è meno certo di questa apocalisse (perfino tale certezza ci sfugge!). Sognare l'"Incidente finale" significa coltivare l'illusione della fine. Significa dimenticare che la stessa virtualità è virtuale e che, per definizione, il suo definitivo avve>ìto, la sua apocalisse, non saprebbe assumere forza di realtà. Non ci sarà apocalisse del virtuale e del tempo reale proprio perché il tempo reale annienta il tempo lineare e la durata, dunque la dimensione dove potrebbero svilupparsi fino al limite estremo. Non c'è funzione lineare esponenziale dell'Incidente e la sua scadenza resta aleatoria. La soluzione radicale di continuità del reale instaurata dal virtuale, la sincope o il collasso del tempo instaurata dal tempo reale ci preservano per fortuna dalla scadenza finale dello sterminio. Come ogni altro sistema, estendendosi, il virtuale è votato a distruggere le proprie condizioni di possibilità.

Una futura apocalisse non va dunque sognata più di qualunque altra utopia in tempo reale non accadranno mai, mancherà loro il tempo.

Se c'è una rivoluzione del virtuale, occorre allora darle tutto il suo senso e concepirne ogni conseguenza, pur restando liberi di rifiutarvisi radicalmente. Se non c'è apocalisse del virtuale, ma virtualità dell'apocalisse... (e virtualmente siamo all'apocalisse: basta constatare la devastazione del mondo reale), lo stesso vale per ogni altra categoria. Il sociale, il politico, lo storico e perfino il morale e lo psicologico - sono solo un elemento virtuale. Insomma, vano cercare una politica del virtuale, un'etica del virtuale, ecc. La politica stessa diventa virtuale, l'esca stessa è diventata virtuale in un senso o nell'altro. Perfino nel campo della tecnica. si parla di tecnologie del virtuale", mentre non ci sono o presto non ci saranno tecniche del virtuale. Non c'è più pensiero dell'artificio in un mondo dove è lo stesso

pensiero a diventare artificiale. Perciò possiamo dire che è il Virtuale a pensare noi, non l'inverso.

Interrogarsi sul virtuale è reso oggi ancor più delicato e complesso dallo straordinario bluff circostante. La sovrinformazione, il forcing pubblicitario e tecnologico, i media, l'infatuazione o il panico concorrono a una sorta di allucinazione collettiva del virtuale e dei tuoi effetti. Windows 2000, Internet, le infostrade sono già logori in anticipo, nel discorso e nel fantasma. Un modo di scavalcarne gli effetti, dirottandoli sull'immaginazione? Forse. Bluff e intossicazione non rientrano anche loro nel virtuale? Chissà. Ancora la mosca che sbatte contro l'incomprensibile evidenza del vetro.

"Certitude does not exist", dice un graffito di New York.

"Are you sure?".

 

Da: http://lgxserver.uniba.it/lei/rassegna/010728h.htm

 

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