Questo testo è l'introduzione dell'opuscolo con cui
presentammo la prima traduzione del résumé "La Società Punitiva".
Una traduzione rivista e corretta è uscita successivamente nell'omonimo
volume edito da TraccEdizioni, contenente, oltre a detto résumé, anche altri
saggi su Foucault, e nel libro
Résumé des cours 1970-1982 edito dalla BFS; entrambi curati da noi.
Pubblichiamo questo vero proprio bootleg, o se preferite
questa lunga citazione tradotta, di Michel Foucault non certo per esercizio si
stile né per far vedere che un CSA può decentemente tradurre ed impaginare
qualcosa e quindi impossessarsi in qualche maniera della cultura "alta". Certo,
dopo la nostra breve presentazione seguirà la lunga corrente del discorso
foucaultiano; e allora? Come giustificare questa invasione di parole "estranee"
dopo aver fatto così viva professione di indipendenza?
Ci giustifichiamo in due punti:
1) Con il gioco degli specchi. Citando Starobinski che giudica Montaigne nelle
sue frequenti citazioni degli antichi: "Non è solo la scelta che interverrà come
segno di appropriazione. (...) La citazione manipolata dà a Montaigne il
sentimento di una padronanza che compensa in parte la debolezza che ha reso
necessaria la citazione". (Starobinski, Montaigne, Ed. italiana il
Mulino, 1984)
La "debolezza" che ha reso necessaria quest'operazione è quella di vivere un
periodo storico di rara ferocia con un General Intellect che gli si oppone con
rara inefficacia.
Dato questo stato di cose è d'obbligo domandarsi: che composizione sociale è
prodotta in questa situazione? Se la domanda è all'ordine del giorno le
risposte, specie di quelle che si coniugano con la prassi politica, non arrivano
mai. Pubblicare questo "La società punitiva" significa rispondere a chi è ancora
abbagliato dall'idea di una società complessa da non abbozzarne nemmeno il
tentativo di descrizione. Ci domandiamo: la società risponde agli schemi del
comando? Certo al comando risponde ergo esiste una razionalità punitiva e
di comando che funziona e se funziona ergo questa razionalità è adesiva
ad una struttura di comando. Alla faccia della complessità ciò che è reale è
ancora razionale; non sarà una razionalità more geometrico quella che
muove il comando ma funziona; se funziona c'è, se c'è la si può afferrare
concettualmente; è solo questione di tempo e di metodo. E se il reale viaggia
più velocemente del pensiero? Semplice; che il pensiero si metta a correre. In
questa "società punitiva", senza addentrarsi nei problemi specifici degli studi
su Foucault, troverete pari pari la logica di comando che, al di là delle
contingenze del mercato politico, ha prodotto la legge Russo Jervolino, visto
che la storia della "trasformazione della penalità non riguarda soltanto una
storia dei corpi, riguarda più precisamente una storia dei rapporti tra potere
politico e corpi. La costrizione sui corpi, il loro controllo, il loro
assoggettamento, (...) la maniera in cui li piega, li fissa, li utilizza è il
principio del cambiamento analizzato" (vedi La società punitiva,
TraccEdizioni, 1991, pag. 54) là dove il principio del cambiamento analizzato
non è una delle tante lugubri versioni di 1984 ma è, come del resto è
caratteristica generale del comando capitalista moderno, qualcosa di più
perverso e vivace e cioè che il rapporto tra corpo e potere non è funzionale al
solo inquadramento del corpo nelle coordinate spazio-temporali del dominio. È la
trasformazione, la produzione del corpo dell'emarginato in dato politico, in
mezzo di pressione politica una volta che esso sia stato fatto entrare nelle
coordinate del dominio e afferrato. Una volta afferrato è sbagliato pensare che
questo dato stia lì, nella sua fissità spazio-temporale, semplicemente
avviluppato dal dominio. Una volta trasformato in dato esso è pedina mobile
nella scacchiera spazio-tempo della politica del dominio pronto per essere
utilizzato per risposte flessibili ad esigenze o conflitti multiformi. Volete un
esempio? Prendiamone uno semplice: come organizzare un territorio urbano in rete
capillare di controllo? Trasformando il corpo del tossicodipendente in terreno
di reato, terreno da scovare e sorvegliare negli anfratti della metropoli. Come
scovare? Come sorvegliare? Ecco quindi la rete; la cui struttura e
legittimazione verrà della trasformazione del corpo in terreno. Corpo:
palpitante superficie biologica impossibile da sezionare. Terreno: superficie
neutra immessa nel circuito del comando e quindi predisposta al confinamento,
alla misurazione, alla separazione delle parti. Questo in una logica in cui il
punto più importante non è l'eliminazione del terreno di reato (nei primi tre
mesi del 1991 i morti sono stati 309, il 30% in più del corrispondente periodo
del '90, ed era stato questo dato "i morti" a istituire la trasformazione del
corpo del tossicodipendente in territorio di reato) ma quello della
legittimazione della struttura prigionistica, che non è solo galera, dei
Muccioli, dei questori "illuminati" che danno consigli in TV che rendono valida
la norma per cui il corpo o chi per esso, "disoccupato" o non, deve rispondere a
criteri di normalità, essere cioè pronto a rispondere agli stimoli o al consenso
del mondo produttivo.
Sorvegliare e punire, quindi, ma questo processo non lavora per l'esaurimento di
se stesso una volta colonizzato il terreno-corpo ma ne scava negli interstizi
della società la legittimazione storica, il diritto a perpetuarsi. Una volta
perpetuato e radicato questo processo, e con esso il suo elemento-base il
terreno-corpo, può essere utilizzato come e quando si vuole. Terreno "in sonno"
per 10 anni (come è successo in Italia durante tutto il periodo della crescita
esponenziale dei morti per droga) salvo decongelarlo come lubrificante per la
legittimazione degli apparati repressivi della II Repubblica a venire. Infine
può essere utilizzato al Nord per riqualificare la politica di servizio dei
comuni (raccolte-farsa delle siringhe, telefoni azzurri), al Centro per smuovere
le clientele nel trovare i terreni per le comunità, al Sud come semplice clava
per le faide tra cosche istituzionali. Chi l'ha detto, dunque, che il dominio è
monotono? Foucault sembra partire proprio da questa domanda.
2) Ne "La società punitiva" la dialettica corpo-istituzioni produce degli
effetti da non trascurare: là dove il corpo esce dallo stato di "materia prima"
per essere lavorato dai meccanismi dell'imprigionamento esso diventa merce
politica cioè oggetto di pressione nel mercato della politica: dislocare gli
emarginati in una regione piuttosto che in un'altra significa favorire
l'economia e il bon vivre di una regione piuttosto che un'altra (si pensi
perché da noi gli albanesi sono stati installati al sud piuttosto che al nord),
significa rendere funzionale il corpo alla nozione di "bene comune" di una data
società occidentale. La risposta dell'importanza, per il comando, del produrre
questa funzionalità la vediamo nel momento in cui questa dialettica
corpo-istituzioni sia osservata nel vivo della produzione, là dove si estrae
ricchezza.
Sentiamo Foucault: "La forma più importante della nuova illegalità (...)
riguarda il corpo stesso dell'operaio e il modo in cui è funzionale al sistema
di produzione più che il corpo del sistema produttivo o quello della proprietà
terriera. Salari insufficienti, dequalificazione del lavoro a causa della
macchina, orari di lavoro smisurati, molteplicità delle crisi regionali o
locali, proibizione delle associazioni, meccanismo dell'indebitamento, tutto
questo conduce gli operai a dei comportamenti come l'assenteismo, la rottura del
contratto di assunzione, l'emigrazione, la vita irregolare" (La società
punitiva, TraccEdizioni, 1991, pag. 52).
Irreticolare, controllare questo tipo di fenomeno non solo è garantire la
produzione ma fondare, a partire dall'intimo, nella violenza sul corpo di chi
produce la giustezza e l'equilibrio di questo rapporto di produzione. Quello che
oggi viene chiamato con un linguaggio paludato "indifferenza dei ceti sociali
più bassi ad una trasformazione politica" è il meccanismo di alienazione
descritto da Foucault controllato e riciclato nelle più utili forme della
narcosi televisiva, della nevrosi diffusa, dell'estasi da consumo. Certo,
rispetto alla citazione di Foucault, non esiste più una nozione centrale di
luogo produttivo, ma esistono ancora i salari insufficienti; la qualità totale
alla Romiti tende a eliminare la dequalificazione, ma essa si ripresenta sotto
la forma dell'utilizzazione miserrima, cioè solo nelle variabili del profitto e
del comando, della nuova intelligenza produttiva etc. Basta riparametrare e
troveremo il nuovo rapporto di dominio e di comando che produce la nuova
alienazione. Ed è qui che il pensiero della "sinistra" non può arrivare, tutta
tesa com'è a garantire un sistema di diritti del "bene comune" ignorando quale
struttura lo produca e come od al massimo qualificando il tutto come "sviluppo
storico". Ma il cittadino è figura astratta, mediazione rappresentativa tra
tutte le figure sociali presenti che, nel pensiero democratico, tutte hanno
"diritto" a esistere. Dialettica corpo-istituzioni compresa, che la sinistrucola
chiama "base per lo sviluppo". Recuperare quindi la percezione del corpo,
misurare lo scarto tra le sue necessità e le visioni del sistema dl diritto; far
parlare questo scarto ed indirizzarlo contro la nozione di lavoro oggi
esistente, legittimata ovunque da destra e da "sinistra". Da questo
differenziarsi innescare la reazione assenteismo, lavoro altro, comunismo; oggi
più che mai.
Da:
http://www.libuniv.org/articoli.php?art=13
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