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Il Sito di Gianfranco Bertagni

 

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Baudrillard vs. Matrix


Le Nouvel Observateur intervista Jean Baudrillard a proposito del film Matrix Reloaded.
Dopo avere girato il primo Matrix, i registi del film, i fratelli Wachowski, hanno preso contatto con Jean Baudrillard per chiedergli di fornire la sua consulenza per i sequels in preparazione. Ma il filosofo francese ha rifiutato e spiega il perché in un'intervista al settimanale francese Nouvel Observateur di cui vi offriamo alcuni stralci. "Matrix è un po' il film sulla Matrice che avrebbe potuto fabbricare la Matrice".
 

- Le Nouvel Observateur. Le sue riflessioni sul reale e il virtuale sono alcuni dei riferimenti proposti dai registi di Matrix. Nel primo episodio lei era citato in maniera esplicita e vi si scorgeva anche la copertina di Simulacres et simulation, apparso nel 1981. Questo la sorprende?

Jean Baudrillard. C'è un equivoco di fondo, ed è la ragione per cui ho esitato finora a parlare di Matrix. Dopo il primo episodio, lo staff dei Wachowski mi aveva contattato per coinvolgermi nei film successivi, ma non c'era neanche da parlarne! (…) Queste persone considerano l'ipotesi del virtuale come un dato di fatto e la trasformano in fantasma visibile. Ma la caratteristica di questo universo, è appunto il fatto che non si possono più utilizzare le categorie del reale per parlarne.

- Il collegamento tra questo film e il punto di vista che lei sviluppa per esempio nel Delitto perfetto è però abbastanza sorprendente. Questa evocazione di un "deserto del reale", questi uomini-spettro resi del tutto virtuali, che sono solo la riserva energetica di oggetti pensanti…

Sì, ma ci sono già stati altri film che trattavano questa crescente indistinzione fra reale e virtuale. Truman Show, Minority Report o anche Mulholland Drive, il capolavoro di David Lynch. Matrix vale soprattutto come sintesi parossistica di tutto questo. Ma il dispositivo qui è più rozzo e non suscita veramente il turbamento. O i personaggi sono nella Matrice, cioè nella digitalizzazione delle cose. O sono radicalmente al di fuori, cioè a Zion, la città di coloro che resistono. In effetti, sarebbe interessante mostrare ciò che accade sul punto di giuntura dei due mondi. Ma quello che è soprattutto imbarazzante in questo film, è che il nuovo problema posto dalla simulazione qui è confuso con quello, molto classico, dell'illusione, che si trovava già in Platone. Il vero equivoco è qui. Il mondo visto come illusione radicale è un problema che si è posto a tutte le grandi culture e che da esse è stato risolto con l'arte e la simbolizzazione. Quello che noialtri abbiamo inventato per sopportare questa sofferenza, è un reale simulato, un universo virtuale da dove è espurgato tutto ciò che c'è di pericoloso, di negativo, e che soppianta ormai il reale, fino a diventarne la soluzione finale. Ora, Matrix è assolutamente all'interno di questo meccanismo! Tutto quanto appartiene all'ordine del sogno, dell'utopia, della fantasia, qui è dato vedere, "realizzato". Siamo nella trasparenza integrale. Matrix, è un po' il film sulla Matrice che avrebbe potuto fabbricare la Matrice.

- E' anche un film che intende denunciare l'alienazione tecnicista e che gioca allo stesso tempo completamente sull'ipnosi esercitata dall'universo digitale e dalle immagini di sintesi…

Quello che è sorprendente in Matrix 2, è che non c'è un barlume d'ironia che permetta allo spettatore di cogliere il lato nascosto di questo gigantesco effetto speciale. Mai una sequenza che abbia quel "punctum" di cui parla Barthes, quel congegno che colpisce e che vi mette di fronte a una vera immagine. E' questo del resto ciò che fa del film un sintomo istruttivo, e il feticcio stesso di questo universo delle tecnologie dello schermo, dove non c'è più distinzione tra il reale e l'immaginario. Matrix è a tal proposito un oggetto stravagante, candido e perverso insieme, in cui non c'è niente né al di qua né al di là. Lo pseudo-Freud che parla alla fine del film, lo dice: a un certo punto, si è dovuto riprogrammare la Matrice per integrare le anomalie nell'equazione. E voi, gli oppositori, ne fate parte. (…) Matrix dà l'immagine di un'onnipotenza monopolistica della situazione attuale, e collabora dunque alla sua rifrazione. In fondo, la sua diffusione su scala mondiale fa parte del film stesso. Qui, bisogna riprendere McLuhan: il medium è il messaggio. Il messaggio di Matrix è la sua stessa diffusione, per contaminazione proliferante e incontrollabile.

- E' abbastanza sorprendente vedere anche che ormai tutti i grandi successi del marketing americano, da Matrix all'ultimo album di Madonna, si presentano esplicitamente come critiche del sistema che li promuove in modo massiccio...

E' proprio quello che rende la nostra epoca abbastanza irrespirabile. Il sistema produce una negatività in trompe-l'oeil, che è integrata ai prodotti dello spettacolo come l'obsolescenza è inclusa negli oggetti industriali. E' del resto il modo più efficace di mettere sotto chiave ogni vera alternativa. Non c'è più nessun punto omega esterno su cui appoggiarsi per concepire questo mondo, nessuna funzione antagonista, c'è solo adesione ipnotica. Ma bisogna sapere pure che più un sistema si avvicina alla perfezione, più si avvicina alla irregolarità totale. E' una forma d'ironia oggettiva che fa in modo che nessuna partita sia giocata fino in fondo. L'11 settembre era partecipe di questo, certo. Il terrorismo non è una potenza alternativa, è solo la metafora di quel capovolgimento quasi suicida della potenza occidentale su se stessa. Questo è quello che ho detto allora, e che non è stato accettato. Ma non occorre essere nichilista o pessimista di fronte a questo. Il sistema, il virtuale, la Matrice, tutto questo tornerà forse alle pattumiere della storia. La reversibilità, la sfida, la seduzione sono indistruttibili.

 

Da: http://www.quintostato.it/archives/000362.html

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