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INDUISTI E CRISTIANI dall’uomo a Dio: Ascesi indù e ascesi cristiana Nel
ringraziare per la calorosa accoglienza gli organizzatori dell’incontro
interreligioso presso Grumo Appula(BA), Francesco Regina e Don Franco Vitucci,
vorrei ricordare anche il vero spirito ecumenico che ha regnato in un piccolo
paesino della Puglia. L’accoglienza è stata molto calorosa, aperta, ed
abbiamo potuto vedere ancora le tracce di una fede che in altre parti d’Italia
sembrerebbe superata, ma che invece, in questi piccoli paesi si sta rinnovando
senza perdere le proprie tradizioni. In questi due giorni abbiamo non solo
gustato le bellezze dei luoghi, abbiamo incontrato le autorità del paese, il
sindaco, e altri responsabili, siamo entrati, accolti con calorosi abbracci,
nelle parrochie, addirittura durante la celebrazione della messa. Abbiamo
constatato una dimostrazione di profonda ospitalità da parte di tutti i membri
della comunità cattolica. È stato veramente forte il messaggio di questi
fratelli cristiani nell'aprirsi, nell’abbracciare i loro fratelli indù. Penso
che questo, vuoi per il carattere delle persone, vuoi per le strutture sociali
ancora semplici, sia stato l’incontro interreligioso più autentico in questi
ultimi anni. "E’ nella parola del nostro santo Concilio che ormai riconosciamo che anche "nell’Induismo, gli uomini scrutano il mistero divino e lo esprimono con la inesauribile fecondità dei miti e con i penetranti tentativi della filosofia" e "nel rifugio in Dio con amore e confidenza" il fratello indù cerca come noi di ascendere all’ombra delle ali di Dio. L’India che
fu pure la terra del dottor D’Aquino e della nostra Teresa di Calcutta ha il
privilegio dell’induismo, così pure l’Italia certifica la presenza di
questi nostri fratelli che indubbiamente arricchiscono la cultura della
meditazione in un mondo di clamori e dissoluzione…Molte cose di voi sono anche
nostre cose… Francesco Regina, responsabile del settore ecumenico Dando anch’io calorosamente il benvenuto a questo simposio voluto da chi può anche dalle pietre far nascere figli di Abramo (cfr. Lc. 3. 17), presento i relatori che questo secondo incontro, dopo lo storico incontro del marzo scorso con i fratelli ebrei e mussulmani, vedrà per la prima volta nel nostro paese per le nostre comunità, noi cristiani e i fratelli indù… "Benché Dio, attraverso vie a lui note, possa portare gli uomini a sé medesimo, è tuttavia compito imprescindibile della Chiesa ed insieme sacro diritto di evangelizzare" (C.C.C. 848). In Cristo, Verbo e Principio di tutte le cose, saluto A Ilies della tradizione cristiana e ortodossa. Vorrei qui ricordare il santo G. Palamas e l’Esicamio, fiaccola dell’ortodossia, monaco dell’Athos e araldo della grazia…Mi piace ricordarlo nella sua triade e nel suo riferimento all’apparenza del sole per contemplare Dio… Vorrei tanto che la tunica di Cristo si ricomponesse e che sorridesse soltanto di fronte a qualsiasi argomento di divisione… La religione non sta nel proselitismo o nel primato d’una vana gloria ma nel servire la tarda umanità alla primavera di Gesù Cristo nostro redentore… Se siamo veramente cristiani, non c’è divisione! La tradizione indù è a me carissima, infatti in molti spettacoli teatrali e in parecchi interventi scritti mi sono sempre intenerito sul merito dell’ascesi indù… Comunque è nel nome dell’unico Dio che oggi verifichiamo quanto di comune abbiamo e quanto ancora un giorno potremo avere… Un grande santo indù, Sri Ramakrishna, diceva: "Un lago ha diverse rive. Ad una gli indù con vasi attingono acqua e la chiamano jal, ad un’altra i mussulmani l’attingono con otri e la chiamano pani, ad una terza i cristiani la chiamano acqua. La sostanza è una con nomi differenti e perciò ognuno va ricercando la stessa sostanza, solo il clima, l’indole ed il colore creano differenze… Lasciate che ogni uomo segua la sua via". Così Gesù
Cristo Nostro Signore, maestro ecumenico ha parlato e manifestato la sua parola
di messia a zeloti, samaritani, esseni, greci, romani, farisei, sadducei, a
volte dicendo addirittura che in tutta Israele non aveva trovato una fede così
grande come quella del centurione romano pagano… (Mt. 8-10).
Ariton Ilies, rappresentante del cristianesimo ortodosso Ascesi cristiana nelle chiese orientali Sono stato inviato per parlarvi dell’ascesi cristiana nella Chiesa orientale. Però prima di fare questo dobbiamo chiarire alcune cose, cioè cosa vuol dire "ascesi" e "Chiese orientali".Oggi nel campo della teologia spirituale, quasi tutti sono d’accordo sull’uso della parola "spiritualità" con lo stesso senso della parola ascesi. Etimologicamente il termine ascesi significa esercizio, allenamento, e si applica sia all’esercizio fisico, che alla riflessione filosofica. Ben presto, però questa parola è venuta a significare gli sforzi mediante i quali si vuole riuscire a progredire nella vita morale e religiosa. Questi sforzi, quasi sempre sono di natura metodologica. L’ascesi spirituale da un lato impone una disciplina corporale, dall’altro presuppone esercizi di orazione mentale, sottoposti a metodi più o mento stretti. Partendo dalla necessità, per l’uomo, di uno sforzo per conseguire la perfezione, tutte le spiritualità e tutte le religioni, parlano di ascesi e di vita ascetica, quindi ogni persona spirituale deve praticare "esercizi spirituali" o allenamenti spirituali, in una parola deve fare ascesi. Dunque anche nella vita cristiana è necessario lo sforzo umano, per cooperare alla grazia divina e disporsi a ricevere un incremento di vita spirituale, ma non basta solo questo, perché lo sforzo di purificazione e di cooperazione non è mai completo, e quindi necessariamente deve essere permanente, perciò sotto il nome di ascesi entra tutta la teologia spirituale. Con il nome di Chiese Orientali vanno indicate tutte le chiese della parte orientale dell’impero romano insieme con le comunità sorte in dipendenza da esse, sia ortodosse sia unite a Roma, come ad esempio: le Chiese Ortodosse, la Chiesa Armena, la chiesa Copta, la Chiesa Etiopica, la Chiesa Maronita, ecc. Però, ciò che colpisce oggi più nella situazione delle Chiese Orientali è la varietà e la diversità dei riti, delle giurisdizioni e spesso anche dei dogmi. Abbiamo, invece, il contrario per quanto riguarda la dottrina spirituale, che manifesta una sorprendente unità. La spiritualità orientale cristiana, è nata dall’ispirazione evangelica ed appare come tipicamente tradizionale. Nell’oriente cristiano non si è mai dimenticato che gli scritti dei santi padri della chiesa sono fonti principali di vita spirituale, per cui non si è sentito mai il bisogno di scrivere un manuale di spiritualità; in quanto, questa deve essere e restare una vita "in accordo con le divine scritture", come di dice spesso nelle introduzioni alle Regole monastiche, ma col termine "divine scritture", s’intende, oltre alla Sacra Scrittura, anche gli scritti dei padri e degli scrittori spirituali. In seguito vedremo alcuni elementi specifici dell’ascesi cristiana orientale (certamente, alcuni altri gli ho tralasciati, non perché sono meno importanti di quelli che presenterò, ma perché il tempo non ce lo permette): La spiritualità antropologica: l’uomo, nella spiritualità orientale non è visto come un microcosmo, come spesso si dice nella riflessione filosofica, ma l’uomo vero, autentico, è quello creato "ad immagine e somiglianza di Dio", solo quest’uomo è la persona capace di manifestare Dio nella misura in cui la sua natura si lascia penetrare dalla grazia deificante" (V. Losskij). L’uomo, quando dico uomo mi riferisco al cristiano, è spirituale perché lo Spirito santo fa parte della sua vita, questo Spirito viene ricevuto nel lavacro battesimale, come dice anche s. Ireneo "L’uomo perfetto è composto di corpo, anima e lo Spirito". Sulla stessa linea si trova anche un autore ortodosso russo del secolo scorso, Teofano Recluso, che riassume così l’insegnamento tradizionale, per quanto riguarda l’essenza della vita spirituale e dell’uomo perfetto: "L’essenza della vita in Gesù Cristo, della vita spirituale, consiste nella trasformazione dell’anima e del corpo e nell’introdurli nella sfera dello Spirito, cioè nella spiritualizzazione dell’anima e del corpo". Nei padri orientali la grandezza dell’uomo sta nell’essere creato ad immagine e somiglianza di Dio, e questo lo sottolinea molto bene s. Gregorio di Nissa nella sua opera Sulla creazione dell’uomo. Inoltre i padri greci distinguono fra l’"immagine" e la "rassomiglianza": per loro l’immagine è iniziale, e la perfezione sta nella rassomiglianza. Quindi l’ascesi consiste nel passare dall’immagine alla rassomiglianza. Ma alla domanda dove risiede l’immagine, essi rispondono diversamente. I padri della scuola alessandrina dicono nella mente sola, ossia nella parte suprema dell’anima. Perciò la rassomiglianza con Dio diventa perfetta nella contemplazione. Invece per i padri della scuola antiochena, l’uomo è immagine di Dio a causa della sua padronanza sul mondo, sulla natura irragionevole, sulle passioni. Però, alcuni affermano che a causa del peccato di Adamo e di ogni cristiano dopo il bagno del battesimo, l’immagine di Dio nell’uomo viene distrutta, ma i padri rispondono a questi, che il peccato non distrugge l’immagine di Dio nell’uomo, ma la copre con l’immagine del diavolo, della bestia, delle cattive passioni, come dice Origene; e per riportarla al suo splendore primitivo è necessario il bagno del battesimo per quanto riguarda il peccato di Adamo, la preghiera per conservare questa immagine nel suo splendore, e per non soccombere nella tentazione e le lacrime della penitenza una volta caduto nel peccato. Un’altra soluzione a questo problema ci è proposta da Diadoco di Foticea. Secondo lui "ogni uomo è creato a immagine di Dio, ma raggiungere la somiglianza è concesso solo a colui che sottomette la sua liberà a quella di Dio per mezzo di un grande amore". Sempre lui dice che "allora quando arriviamo a rassomigliare a Dio non apparteniamo più a noi stessi, ma a Colui, che mediante l’amore, ci ha riconciliati con Dio". Ho detto più
sopra che per arrivare alla somiglianza di Dio abbiamo bisogno anche di pregare;
perciò in seguito cercherò di esporre, brevemente, cosa è la preghiera per i
padri orientali. La preghiera continua, per gli asceti orientali, è stato sempre un problema alla cui soluzione difficilmente si è arrivati. Questo problema nasceva dalla domanda: come ubbidire al precetto dell’Apostolo: "pregate senza posa"? Le soluzioni sono state diverse, ma la più accettata dagli ortodossi fu quella di Origene, cioè di congiungere alla preghiera le buone opere ("ora et labora" di s. Benedetto), quindi la vita spirituale deve essere incarnata nel quotidiano. Lo scopo della preghiera continua secondo s. Basilio è quello di conservare dentro di sé la memoria di Dio, anche nel guardare le cose del mondo, che sono "voce di Dio". Questo ricordo eccita nell’anima un affetto di gratitudine perenne. Per avere dentro di sé questo amore perenne i monaci orientali cominciarono a recitare in continuazione delle preghiere giaculatorie, come per esempio "Signore, abbi pietà di me" oppure "Glorificato sii o Signore", una di queste preghiere, che poi divenne la più famosa in oriente è la preghiera di Gesù, o del cuore: "Signore Gesù Cristo, Figlio di Dio, abbi pietà di me peccatore". Per farvi capire meglio quali sono gli effetti di questa preghiera ho riportato un brano dell’opera "Racconti di un pellegrino russo": "Ed ora eccomi pellegrino, recitando senza posa la preghiera di Gesù che mi è più cara e più dolce d’ogni altra cosa al mondo. Talvolta percorro più di settanta verste in un giorno e non mi accorgo di camminare; sento soltanto che recito la preghiera. Quando un freddo violento mi colpisce, recito la preghiera con maggior attenzione e ben presto mi sento caldo e confortato. Se la fame si fa troppo insistente, invoco il nome di Gesù Cristo e non mi ricordo più di aver avuto fame. Se mi sento male e la schiena o le gambe mi dolgono, mi concentro nella preghiera e non sento più dolore. Quando qualcuno mi insulta, non penso che alla benefica preghiera di Gesù; immediatamente collera o pena svaniscono e dimentico tutto… Per abitudine, non ho che un bisogno solo: recitare senza posa la preghiera, e quando lo faccio divento allegro. Dio sa che cosa si compie in me… ma, grazie a Dio comprendo chiaramente ora quel che significa la parola dell’Apostolo che avevo udito un tempo: "pregate senza posa". Un altro
elemento specifico dell’ascesi cristiana orientale è quello della
contemplazione. Per i padri la vera contemplazione non è né la contemplazione
estetica, cioè delle forme sensibili, neanche la scienza semplice che fu
disprezzata dagli asceti sin dagli inizi del monachesimo, ma è la conoscenza
religiosa, che scopre il "senso finale delle cose, ciò per cui
esse sono state fatte, per esempio la Provvidenza che si esprime negli eventi
del mondo, il "senso spirituale" nascosto sotto la lettera della
Sacra Scrittura. Esso si trova non ragionando ma quasi palpando per mezzo di
un’intuizione che viene da Dio. Ma per arrivare alla contemplazione è
necessario incarnare alcuni doni e alcune qualità, come per esempio
l’illuminazione divina e la purezza morale. Tutto questo pensiero si può
riassumere in una espressione origeniana: "la pratica delle virtù è
l’ascensione verso la contemplazione". Però se c’è un’ascensione,
ci devono essere anche dei gradi. E questi gradi dell’ascensione verso la vera
contemplazione sono: il primo ed il più inferiore è la contemplazione
naturale, ossia la visione di Dio per mezzo delle creature, in quanto, secondo
s. Basilio "l’universo è stato creato per essere scuola delle
anime"; il secondo grado è la contemplazione delle cose invisibili,
ossia, secondo Origene, quando l’anima superando le apparenze visibili,
comincia a intravedere la lotta invisibile che si combatte nel mondo; il terzo
grado, il più alto, è la theologia, ossia la contemplazione della Santissima
Trinità, che in questa vita non può essere mai perfetta, ma può essere
esperimentata attraverso i sensi. Fino adesso ho
parlato degli elementi che caratterizzano l’ascesi cristiana delle chiese
orientali, in conclusione, brevemente, cercherò di parlare del lato pratico
dell’ascesi cristiana orientale, cioè dell’ortoprassi. Secondo gli asceti
cristiani orientali, i pensieri malvagi e le cattive passioni, assalgono e
penetrano nel cuore e nell’attività umana progressivamente. In questo senso
essi generalmente distinguono cinque stadi: la prima suggestione al male; un "discorso"
con la suggestione; la lotta contro la tentazione; il consenso al peccato; la
schiavitù del peccato, delle passioni. Per quanto riguarda l’importanza della carità, s. Massimo Confessore dice che se sparisse l’amore perverso di se stesso, in altre parole l’egoismo, sparirebbe ogni differenza nel trattare gli altri; perché le note caratteristiche della carità cristiana sono l’universalità, la perennità e l’uguaglianza. "La carità
è paziente, è benigna la carità; non è invidiosa la carità, non si vanta,
non si gonfia, non manca di rispetto, non cerca il suo interesse, non si adira,
non tiene conto del male ricevuto, non gode dell’ingiustizia, ma si compiace
della verità.
Svami Yogananda Giri, presidente dell’Unione Induista Italiana e acharya del Gitananda Ashram Ascesi nel cristianesimo e nell’induismoRingrazio gli
organizzatori di quest’incontro, in particolar modo Francesco Regina che ha
seguito con molta cura e molta sensibilità l’organizzazione dell’incontro. L’orazione Una pratica
comune a quasi tutte le religioni è l’orazione che, come sapete, è una
preghiera ardente per entrare in intimità con Dio. Santa Teresa d’Avila
consigliava di meditare sul significato del Padre Nostro e sulla sua recitazione
per scoprirne il contenuto. Tale orazione porta a diversi gradi di raccoglimento
e realizza una vera trasformazione interiore. Il rituale Per quanto
riguarda il rituale, anche se con qualche piccola differenza a seconda delle
varie tradizioni religiose, esso si differenzia in rituale del tempio e rituale
domestico. Il tempio rappresenta uno spazio sacro e simboleggia l’agire di Dio
nel mondo e il cammino evolutivo dell’uomo verso l’assoluto. Nel rituale
l’uomo si trasforma, si divinizza per elevarsi a Dio ed i mezzi consistono
normalmente di sedici procedure, come le purificazioni, i mantra, le offerte, i
gesti rituali, la meditazione. Si può dire che la puja, il rituale, è lo
stadio in cui si realizza la nostra natura divina attraverso i simboli. La meditazione Per quanto vi
siano moltissime tecniche per praticare la meditazione, essa è soprattutto uno
stato della mente che naturalmente non si raggiunge istantaneamente, ma richiede
un graduale procedimento suddiviso normalmente in tre stadi. "Non è, mia cara, per amore dello sposo che lo sposo è amato, ma per amore dell’Atman. Non è, mia cara, per amore della sposa che la sposa è amata, ma per amore dell’Atman" Questo vuol
dire che l’amore è la nostra natura, come il profumo è l’essenza del
fiore: si ama per l’amore stesso. Per
purificare la vista osserva le bellezze del Signore, La vita
dell’induista è rivolta a quattro scopi: osservare le leggi universali
divine, dharma; pensare al benessere proprio e della società, artha;
soddisfare in modo lecito e secondo il dharma i propri desideri, kama;
ed infine la liberazione o la salvezza, moksha. "Non con il tenersi lontano dall’operare può l’uomo arrivare a conquistare la libertà dell’agire; e non con la rinuncia al mondo puramente e solamente può raggiungere la perfezione" (Bhagavadgita) In realtà
è necessaria un’integrazione di azione e rinuncia, di amore e conoscenza. "Non preoccupatevi della vostra vita, di che cosa mangerete e berrete, né del vostro corpo, né di che lo vestirete... guardate gli uccelli del cielo; essi non seminano, né mietono, non ammassano nulla nei granai, e il vostro Padre celeste li nutre. Non valete voi più di loro? Chi di voi, per quanto pensi e ripensi, può aggiungere un cubito alla durata della sua vita? E perché darsi tanta pena per i vestiti? Guardate i gigli dei campi come crescono: non lavorano, né filano, eppure vi assicuro che nemmeno Salomone, in tutta la sua gloria, fu mai vestito come uno di loro... dunque non datevi pena dicendo: Che cosa mangeremo? Che cosa berremo? Con che cosa ci vestiremo?... Cercate prima di tutto il regno dei cieli e la sua giustizia, e tutto il resto vi sarà dato in sovrappiù". D’altronde, a
che cosa si rinuncia, quando si ha tutto? Dio è totale assolutezza, non vi è
nulla al di fuori di Lui, quindi dove è la rinuncia? Si rinuncia al nulla,
all’effimero, a ciò che é pura apparenza, per essere il tutto, pienezza
totale, ricchezza infinita. È risveglio, amore, sapienza. "Lavora e vivi come un atto d’offerta per ottenere fama immortale e completa soddisfazione di aver vissuto una vita. Ricordati, tu sei figlio dell’immortalità e che tutta la vita non è altro che un’offerta. Non dimenticare mai che il nettare del fiore della grazia è per quelli che sacrificano e la vita offerta è la vita accettata. Lascia che la sacra fiamma del fuoco divino brilli splendente nel tuo spirito." (Atharva Veda 15-17-10)
Da: http://www.hinduism.it/ascesi.htm
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