Cûladukkhakkhandha Sutta
Il tronco del dolore
Riscrittura a partire
dall'italiano di De Lorenzo, da Pier Antonio Morniroli.
Per distribuzione gratuita esclusivamente.
Questo ho sentito.
Una volta il Sublime soggiornava
nella terra dei Sakki (Sakyâ), presso Kapilavatthu, nel parco dei fichi.
Allora un principe dei Sakki, Mahânâmo, si recò là dove il Sublime
dimorava, lo salutò rispettosamente si sedette da una parte e parlò
così: "Già da lungo tempo mi pare che la dottrina del Signore sia
questa: 'Brama, avversione ed errore sono turbamento del cuore'. Così io
la conosco, ma, ciò malgrado, il mio cuore si lascia a volte influenzare
da motivi di brama, di avversione e di errore. Mi chiedo, Signore, cosa
in me ancora mi domina per essere così influenzato?"
"Mahânâmo, se così non fosse, tu
non vorresti rimanere nella famiglia, né soddisfare alcuna brama.
'Inappaganti sono le brame, piene di spasimo, piene di strazio: la
miseria prepondera': se il santo uditore Mahânâmo ha riconosciuto vera
questa massima, con perfetta sapienza, ma non trova fuori dalle brame,
fuori da ciò che è dannoso, nessuna felicità e niente di meglio, allora
egli si aggira appunto sempre intorno alle brame. Ma appena il santo
uditore ha riconosciuto vera, con perfetta sapienza, quella massima, e
trova fuori dalle brame, fuori da ciò che è dannoso, felicità e meglio
ancora, allora egli non s'aggira più intorno alle brame.
Anche io, Mahânâmo, prima del
pieno risveglio, quale Bodhisatta solo al risveglio anelante, avevo
riconosciuto conforme a verità, con perfetta sapienza quella massima,
eppure, fuori dalle brame e dal dannoso, io non trovavo alcuna felicità
e niente di meglio; fu così che mi accorsi di ciò che mi accadeva. Ma
appena me ne accorsi ed ebbi riconosciuto la verità di quella massima,
con perfetta sapienza, e trovai felicità fuori da ciò che è dannoso, mi
accorsi che le brame non erano più un'attrattiva.
Ma cos'è l'appagamento delle
brame? Vi sono cinque facoltà di bramare.
Quali? Le forme che penetrano
tramite la vista nella coscienza; i suoni che penetrano attraverso
l'udito nella coscienza; gli odori che penetrano tramite il naso nella
coscienza; i sapori che penetrano tramite la lingua nella coscienza; i
contatti che penetrano tramite il tatto nella coscienza, tutti
desiderati, amati, appaganti, graditi, adatti alle brame, eccitanti;
sono queste le cinque facoltà del bramare. Ciò che riesce desiderabile e
gradito per queste cinque facoltà è appagamento della brame.
E qual è la miseria delle brame?
Un figlio di buona famiglia si mantiene con un incarico: come scrivano,
come contabile o amministratore, come agricoltore, mercante, allevatore
di bestiame, soldato o ministro del re, o con qualsiasi altro servizio.
È esposto al caldo e al freddo, deve sopportare sole e vento,
barcamenarsi tra zanzare, vespe e rettili; patisce fame e sete. Questa è
la miseria delle brame.
Se a questo figlio di famiglia
che così si affatica, si tormenta e soffre non viene ricchezza, egli
diventa accorato e triste, si lamenta, si batte piangendo il petto, si
dispera: 'Vano, ahimè, è il mio sforzo, la mia fatica non ha raggiunto
lo scopo!' Anche questo è la miseria delle brame.
Se invece si arricchisce, allora
si preoccupa di conservare la ricchezza: 'Che i beni non mi siano
sequestrati dal re; o rubati dai briganti, o distrutti dal fuoco, o
spazzati via da un'alluvione, o strappati da parenti ostili!' E, mentre
cerca di amministrare i suoi beni, gli capita proprio ciò che ha temuto.
Allora diventa accorato e triste, si lamenta, piange, si percuote il
petto, si dispera: 'Quello che possedevo non c'è più!' Ecco la miseria
delle brame, ecco l'evidente tronco del dolore originato da brame,
intessuto di brame, mantenuto e determinato proprio da brame.
E inoltre, Mahânâmo, mossi da
brame, incitati e spinti da brame contendono i re con i re, i principi
con i principi, sacerdoti con sacerdoti, cittadini con cittadini; litiga
la madre col figlio, il figlio con la madre, il padre col figlio, il
figlio col padre, litiga il fratello col fratello e con la sorella e
viceversa, litiga l'amico con l'amico. Caduti così in discordia essi si
lanciano gli uni contro gli altri coi pugni, con pietre, bastoni e
spade. E così s'affrettano incontro alla morte o a mortale dolore. Ma
ciò, Mahânâmo, è miseria delle brame, ecco l'evidente tronco del dolore
originato da brame, intessuto di brame, mantenuto e determinato proprio
da brame.
E ancora: mossi da brame essi si
precipitano impugnando scudo e spada, cinti di faretra e arco, si
schierano sui due lati dell'ordine di battaglia o sulle fortificazioni,
e le frecce fischiano, le aste ondeggiano, le spade lampeggiano. E si
trafiggono con frecce, con lance; si spaccano le teste con le spade. E
così si affrettano incontro alla morte.
E inoltre: sempre mossi da brame
irrompono nelle case, saccheggiano, rubano, ingannano, violentano spose.
E i re li fanno arrestare e li condannano a pene e tormenti come
frustate, bastonate, vergate; amputazioni di mano, di piede o di
entrambi; amputazioni delle orecchie, del naso o d'entrambi: il caldaio
di pasta, il raschiamento con conchiglie, la bocca di drago; la corona
di pece, la mano a fiaccola: il correre su aculei, il giacere in scorze,
la veste di setole; la carne da amo, il pezzo di moneta, la corrosione
con liscivia; il rullo, il graticcio di paglia; l'irrigazione di olio
bollente, lo sbranamento con cani, impalamento da vivo, la
decapitazione. E così s'affrettano incontro alla morte.
E ancora: mossi da brame essi
agiscono male, parlano male e pensano in modo malvagio, e così facendo,
essi pervengono dopo la morte a perdersi e soffrire. Ma tutto ciò,
Mahânâmo, è miseria delle brame, è l'evidente tronco del dolore
originato da brame, intessuto di brame, mantenuto e determinato proprio
da brame."
__________________________________________
Una volta, Mahânâmo, io
soggiornavo a Râjagaham, sui pascoli del Picco dell' Avvoltoio. In quel
tempo, alle falde del Picco del Vate, alla Rocca Nera, venivano molti
Liberi Fratelli, i Niganthâ della grande setta dei Jainâ, ed
esercitavano l'ascesi sempre ritti, rifiutando sedili e giacigli: e
soffrivano dolorose, pungenti, cocenti sensazioni. E, una sera, dopo la
meditazione io mi recai lì e dissi loro: 'Perché, cari fratelli,
esercitate l'ascesi così, e subite queste dolorose sensazioni?'
Essi mi risposero: 'Il Niganthâ
Nâthaputto sa tutto, comprende tutto, professa illimitata chiarezza di
sapere: 'Se vado o sto, dormo o veglio, ho sempre presente l'intera
chiarezza del sapere.' Ed egli dice: 'Niganthâ!
Voi nel passato vi siete
comportati male e ora espiate ciò con questa amara ascesi di tormenti.
Siccome ora controllate azioni, parole e pensieri, non fate più del male
e, estirpando le vecchie ed evitando nuove errate azioni, non vi sarà
più alcun influsso. Non essendoci influsso, si giunge all'esaurimento
delle azioni e, di conseguenza, all'esaurimento del dolore e, di qui,
all'esaurimento della sensazione. Con l'esaurimento della sensazione
ogni dolore sarà superato.'
Questo che ci dice, ci sembra
chiaro, e noi lo approviamo e ne siamo soddisfatti'.
Io replicai: 'Allora, cari
fratelli voi sapete se siete già esistiti o no?'
'Noi non lo sappiamo, fratello'.
'Allora sapete se nel passato
avete fatto male o siete rimasti senza nuocere?'
'Noi non lo sappiamo, fratello'.
'Allora sapete quali male azioni
avete commesso?'
'Noi non lo sappiamo, fratello'.
'Sapete forse se una parte del
dolore è superata, e se un'altra parte resta da superare; ma se è
superato un pezzo del dolore si potrà superare tutto il dolore?'
'Noi non lo sappiamo, fratello'.
'Sapete forse come, ancora in
questa vita, si possa abbandonare il falso e guadagnare il bene?'
'Noi non lo sappiamo, fratello'.
'Allora se non sapete tutte
queste cose, cari fratelli, c'è il rischio che banditi, uomini
sanguinari e delinquenti nati entrino tra di voi.'
'Fratello Gotamo, non si può
acquistare gioia con gioia: con dolore si può acquistare gioia. Se fosse
possibile acquistare gioia con gioia, il re del Magadhâ, Seniyo
Bimbisâro, potrebbe acquistare gioia perché lui sta meglio del
mendicante Gotamo'.
'Senza dubbio adesso gli
onorevoli Niganthâ hanno parlato prematuramente e inconsideratamente,
perché ora devo chiedervi: 'Chi dei due sta meglio, il re del Magadhâ o
il mendicante Gotamo?' '
'Forse, fratello Gotamo, è come
dici, ma lasciamo perdere. Ti preghiamo di rispondere alla tua stessa
domanda.'
'Invece adesso voi dovete
rispondere a questa domanda secondo il vostro parere: può il re del
Magadhâ, senza muoversi, senza dire una parola, sentirsi perfettamente
bene per sette giorni e sette notti?'
'No, fratello, non può'.
'Può farlo per sei, cinque,
quattro tre, due o per un solo giorno?'
'Egli non può, fratello.'
'Io però, senza muovermi, senza
dir parola, posso sentirmi perfettamente non solo per un giorno e una
notte, ma addirittura per sette giorni e sette notti. Che pensate,
fratelli: sta meglio il re del Magadhâ o io?'
'Allora infatti l'onorevole
Gotamo sta meglio del re del Magadhâ.'
Così parlò il Sublime. Contento
si rallegrò Mahânâmo dei Sakki della sua parola.
Da:
http://membres.lycos.fr/zenmontpellier/majjhimait.html |