Annientamento della sete - 1 (Cûlatanhâsankhayasuttam) - MN 37

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Annientamento della sete - 1 (Cûlatanhâsankhayasuttam) - MN 37

Riscrittura a partire dall'italiano di De Lorenzo, da Pier Antonio Morniroli.
Per distribuzione gratuita esclusivamente.

 

Questo ho sentito.

 

Una volta il Sublime soggiornava presso Sâvatthî, nella selva orientale, sulla terrazza della madre di Migâro. Qui si rese Sakko, il re degli dèi, dove il Sublime dimorava. Lo salutò riverentemente e, messosi in disparte, così gli si rivolse: "Fino a che punto, Signore, un monaco, in poche parole, con l'annientamento della sete è redento e interamente provato, assicurato, santificato, compiuto, il più alto degli dèi e degli uomini?"

"Re degli dèi, ecco che un monaco sente: 'Nessuna cosa vale la pena'. Allora egli considera ogni cosa e comprende ogni cosa; e quando prova qualche sensazione, lieta , triste o neutra, egli osserva in queste sensazioni le leggi della caducità, della distruzione, della dissoluzione, dell'alienazione, e allora non prova attaccamento per nessuna cosa al mondo, e non attaccandosi non trema, non tremando raggiunge appunto la propria estinzione. Egli comprende: 'Esausta è la vita, compiuta la santità, operata l'opera, non esiste più questo mondo'. Ecco cosa accade." Sakko, re degli dèi, rallegrato ed appagato dal discorso del Sublime, lo salutò con riverenza, girò verso destra e sparì di là. [1]

L'onorevole Mahâmoggallâno, il grande Moggallâno, che era stato presente, seduto non lontano dal Sublime, [non avendo udito] si chiese se quel nobile spirito era stato completamente appagato o no, e allora, con la stessa facilità con cui un uomo forte piega o distende un braccio, sparì dalla terrazza ed apparve presso i trentatré dèi.

In quel momento Sakko, il Potente, si tratteneva nel giardino dai bianchi fiori di loto, immerso nel godimento della musica celeste a cinquecento voci, e, vedendo giungere l'on. Mahâmoggallâno, fece cessare la musica, gli andò incontro e gli disse: "Vieni, degno Moggallâno, sii salutato! Da tempo ho sperato nel favore d'una tua visita! Siedi, prendi posto."

L'on. Mahâmoggallâno si sedette sul seggio offerto e Sakko, presa una sedia più bassa, gli si sedette accanto. L'on. Mahâmoggallâno chiese: "In qual modo dunque, Kosiyo [2], il Sublime ti ha brevemente esposto la redenzione mediante l'annientamento della sete? Sarebbe bene che anche noi divenissimo partecipi di questo discorso e lo sentissimo." [3]

"Noi abbiamo, degno Moggallâno, molti doveri, molti obblighi da adempiere, tanto nelle proprie cose che riguardo ai trentatré dèi, tuttavia il discorso è stato ben capito, osservato, serbato, in modo che non sarà così presto dimenticato. Una volta era scoppiata una guerra tra dèi e dèmoni. Quella guerra fu vinta dagli dèi, e, quando io ebbi terminato felicemente quella campagna ed ero ritornato vittorioso, costruii un castello e lo chiamai Vessillo della Vittoria. E il castello ha cento porte: ad ognuna delle porte vi sono sette volte settecento terrazze, su ognuna delle terrazze si trovano sette volte sette ninfe, ed ogni ninfa ha un seguito di sette volte sette compagne. Non desidereresti vedere le delizie del castello?" Tacendo assentì, l'on. Mahâmoggallâno.

Quindi ora Sakko, re degli dèi, e Vessavano, il grande sovrano, preceduti dall'on. Mahâmoggallâno, si recarono al castello. E i satelliti di Sakko videro venire l'on. Mahâmoggallâno, arrossirono, si vergognarono e si ritirarono nei loro appartamenti, proprio come fa una nuora intimidita dal suocero. Sakko e Vessavano condussero Mahâmoggallâno in giro per il castello mostrandogli tutte le innumerevoli delizie.

"Tale felicità risplende all'onorevole Sakko perché egli prima ha fatto bene. Gli uomini, quando vedono qualche cosa incantevole, dicono proprio: 'Ah, ciò risplende come presso i trentatré dèi!'.

Ma all'on. Mahâmoggallâno venne da pensare: 'Troppo leggermente vive questo spirito; e se ora io lo scuotessi?' Ed egli produsse un inganno magico che faceva sembrare come se egli col pollice facesse oscillare, tentennare, tremare il castello Vessillo della Vittoria. Sakko, Vessavano e i trentatré dèi furono profondamente colpiti dallo straordinario, meraviglioso evento.

Quando Mahâmoggallâno vide Sakko stare là, scosso e con i capelli ritti, gli disse: "In quale modo dunque, Kosiyo, il Sublime ti ha brevemente esposto la redenzione mediante l'annientamento della sete? Sarebbe bene che anche noi divenissimo partecipi di questo discorso e lo sentissimo."

"Il Sublime mi disse che quando il monaco ha sentito che 'Nessuna cosa vale la pena', allora egli considera ogni cosa e comprende ogni cosa; e quando prova qualche sensazione, lieta, triste o neutra, egli osserva in queste sensazioni le leggi della caducità, della distruzione, della dissoluzione, dell'alienazione, e allora non prova attaccamento per nessuna cosa al mondo, e non attaccandosi non trema, non tremando raggiunge appunto la propria estinzione. Egli comprende: 'Esausta è la vita, compiuta la santità, operata l'opera, non esiste più questo mondo'. Fino a tal punto un monaco, detto in poche parole, con l'annientamento della sete è redento, interamente provato, assicurato, santificato, compiuto, il più alto degli dèi e degli uomini.' In tal modo il Sublime mi ha brevemente esposto la redenzione mediante l'annientamento della sete."

L'on. Mahâmoggallâno, rallegrato ed appagato da ciò che gli aveva riferito Sakko, con la stessa facilità con cui un uomo forte piega o distende un braccio, sparì dai trentatré dèi ed riapparve sulla terrazza della madre di Migâro, nella selva orientale.

A questo punto i satelliti di Sakko, dopo la sparizione di Mahâmoggallâno, gli chiesero se colui che avevano visto era il Sublime, il Maestro. Sakko rispose che no, quello era un discepolo del Sublime. E quelli: "Beato te che conosci un discepolo di così potente magìa, di così potente forza: chissà come dev'esserti apparso Egli, il Sublime, il Maestro!"

Allora l'on. Mahâmoggallâno si recò dal Sublime, lo salutò con rispetto, si sedette accanto e gli chiese: "Conferma, il Sublime, di aver appunto poc'anzi brevemente esposto ad un certo spirito molto potente la redenzione mediante l'annientamento della sete?"

"Lo confermo, Moggallâno." Ed egli riferì tutto ciò che era avvenuto e tutto ciò che era stato detto.

Così parlò il Sublime. Contento si rallegrò l'onorevole Mahâmoggallâno della sua parola.

 


[1] Andare via tenendo una persona alla propria destra, così come fa il Sole nel suo moto apparente attorno alla Terra, è un atto di riverente riguardo, al pari della circumambulazione rituale "pradakshinâ" attorno al simulacro di una divinità o a un monumento sacro. Il non sedersi di fronte a una persona di riguardo, ma di lato ad essa, è un altro comportamento educatamente rispettoso.

 

[2] Nomen gentile del dio

[3] Pluralis maiestatis

(note di pam)

 

Da: http://utenti.multimania.it/tipitaka/majjhima/mn037.html

 

 

 

 

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