Nivâpa Sutta
La pastura
Riscrittura a partire
dall'italiano di De Lorenzo, da Pier Antonio Morniroli.
Per distribuzione gratuita esclusivamente.
Questo ho sentito.
Una volta il Sublime soggiornava
presso Sâvatthî, nellaSelva del Vincitore, nel giardino di Anâthapindiko.
Là il Sublime si rivolse ai monaci: "Monaci, il cacciatore non sparge
pastura alla selvaggina pensando: 'Possa la selvaggina nutrirsi di
questa pastura, rimanere sana e invecchiare'; ma pensa: 'Adescata dalla
pastura che qui spargo, la selvaggina ne trarrà cieco godimento e,
soddisfatta, si lascerà andare e la potrò rinchiudere a mio vantaggio in
questo recinto'.
Venne il primo branco di
selvaggina adescata dalla pastura che il cacciatore aveva sparso, e,
come aveva architettato il cacciatore, gioì ciecamente della pastura, si
lasciò andare, e fu rinchiuso nel recinto. Un secondo branco si accorse
dell'accaduto, si tenne lontano dalla pastura sparsa e si ritirò nel
profondo della selva. Nell'ultimo mese dell'estate, quando erba e acqua
inaridirono, il secondo branco di selvaggina divenne straordinariamente
magro, perse le forze; spossato, ritornò alla pastura che era stata
sparsa dal cacciatore, godette ciecamente del cibo, ne fu soddisfatto,
si lasciò andare e fu rinchiuso nel recinto. Un terzo branco si accorse
che neppure il secondo branco aveva potuto sottrarsi al potere del
cacciatore e decise di trattenersi nelle vicinanze. A quel punto, il
cacciatore e i suoi aiutanti si meravigliarono della magica astuzia del
terzo branco che si nutriva con accortezza della pastura, senza
lasciarsi accecare dal godimento, e non si capiva dove andava dopo che
era venuto a nutrirsi. Decisero allora di circondare da tutti i lati il
luogo della pastura con grandi pali per scoprire dove il branco si
nascondeva dopo il pasto. Così facendo scoprirono i movimenti del
branco, lo circondarono e lo rinchiusero nel recinto.
Un quarto branco di selvaggina
che aveva osservato tutto, pensò di trovare un rifugio che fosse
inaccessibile al cacciatore e ai suoi aiutanti. Venendo di là avrebbe
potuto nutrirsi con giudizio della pastura sparsa, poi si sarebbe di
nuovo rifugiato nel luogo inaccessibile se non a lui. E così fece.
Nuovamente il cacciatore e gli aiutanti circondarono di pali il luogo
della pastura e spiarono dove si nascondeva il quarto branco senza
tuttavia riuscire a scoprire dove esso si nascondeva. Pensarono: 'Se ora
noi spaventiamo il quarto branco, questo spaventerà fuggendo gli altri
branchi che, a loro volta, spaventeranno altri branchi, in tal modo la
pastura che spargiamo sarà evitata da tutta la selvaggina. Sarà meglio
lasciar perdere il quarto branco!'. E così, il quarto branco di
selvaggina poté sottrarsi alle astuzie del cacciatore."
"Monaci, il senso del paragone
che vi ho detto è questo: la pastura indica le cinque facoltà del
bramare; il cacciatore designa la malvagità personificata, Maro. Gli
aiutanti sono gli agenti della natura, e il branco indica la comunità
degli asceti e degli eremiti. I primi asceti ed eremiti attratti dalla
pastura che la natura sparge, dall' adescamento del mondo, si sono dati
a cieco godimento, divenuti soddisfatti si sono lasciati andare e sono
stati condotti in quell'adescamento del mondo, alla mercé della natura.
Essi non possono sottrarsi al potere della natura.
Un secondo gruppo di asceti ed
eremiti, notato ciò che è accaduto ai primi, si sono tenuti lontani da
ogni adescamento del mondo, lontani dal cibo nocivo, si sono ritirati
nel profondo della selva. Sono vissuti nutrendosi di erbe e funghi, di
riso e grano selvatico, di semi e noccioli, di latte di piante e resina
d'albero, di gramigna, di sterco di vacca, si sono sostentati di radici
e frutti di bosco, sono vissuti di frutti caduti. E nell'ultimo mese
dell'estate, quando tutto inaridì, divennero scarni, persero le forze;
spossati, persero la tranquillità dello spirito; turbati andarono a
quella pastura che la natura sparge, a quell'adescamento del mondo.
Adescati, datisi a cieco godimento, essi divennero soddisfatti; divenuti
soddisfatti, si lasciarono andare; lasciatisi andare, furono condotti in
quel recinto, in quell'adescamento del mondo, alla mercé della natura.
Un terzo gruppo di asceti ed
eremiti, per evitare ciò che era successo ai primi due, decise di
trattenersi nelle vicinanze dell'adescamento del mondo; là rimanendo
essi godettero, non adescati e non ciecamente, il nutrimento; così
facendo non divennero soddisfatti, non si lasciarono andare e non furono
condotti in quel recinto, in quell'adescamento del mondo, alla mercé
della natura. Ma essi concepirono opinioni come; 'Il mondo è eterno' o
'Il mondo è temporaneo', 'Il mondo è finito' o 'Il mondo è infinito',
'Anima e corpo sono una e medesima cosa' o 'Altro è l'anima, altro è il
corpo', 'Il Compiuto persiste dopo la morte' o 'Il Compiuto non persiste
dopo la morte' o 'Il Compiuto persiste e non persiste dopo la morte' o
ancora 'Né persiste né non persiste dopo la morte'. E così, monaci,
neppure il terzo gruppo riuscì a sottrarsi al potere della natura.
Un quarto gruppo di asceti ed
eremiti, consapevole di ciò che era accaduto ai primi tre gruppi, decise
di trovare una sede che fosse inaccessibile alla natura e ai suoi
agenti. Di là essi si avanzarono alla pastura che la natura sparge,
all'adescamento del mondo e godettero, non adescati e non ciecamente, il
nutrimento; non divennero soddisfatti, non si lasciarono andare e non
furono condotti in quell'adescamento del mondo, alla mercé della natura.
Ma come s'impedisce l'accesso
alla natura e ai suoi agenti? Un monaco, ben lungi da brame, lungi da
cose non salutari, in senziente, pensante, nata da pace beata serenità,
raggiunge il grado della prima contemplazione. Costui è un vero monaco:
ha accecato la natura, ha distrutto il suo sguardo, è svanito alla sua
malignità.
E inoltre ancora: dopo il
compimento del sentire e pensare, il monaco raggiunge l'interna calma
serena, l'unità dell'animo, la libera dal sentire e pensare, nata dal
raccoglimento beata serenità e il grado della seconda contemplazione.
Costui è un vero monaco: ha accecato la natura, ha distrutto il suo
sguardo, è svanito alla sua malignità.
E inoltre ancora: in serena pace
permane il monaco equanime, savio, chiaro cosciente, e prova nel corpo
quella felicità di cui i santi dicono: 'L'equanime savio vive felice';
così egli raggiunge il grado della terza contemplazione. Costui è un
vero monaco: ha accecato la natura, ha distrutto il suo sguardo, è
svanito alla sua malignità.
E inoltre ancora: dopo il
rigetto delle gioie e dei dolori, dopo l'annientamento della letizia e
della tristezza anteriori, il monaco raggiunge la non triste, non lieta,
equanime, savia, perfetta purezza e il grado della quarta
contemplazione. Costui è un vero monaco: ha accecato la natura, ha
distrutto il suo sguardo, è svanito alla sua malignità.
E inoltre ancora: con il
completo superamento delle percezioni di forma, annientamento delle
percezioni riflesse, rigetto delle percezioni multiple, il monaco, nel
pensiero 'Illimitato è lo spazio', raggiunge il regno dello spazio
illimitato. Costui è un vero monaco: ha accecato la natura, ha distrutto
il suo sguardo, è svanito alla sua malignità.
E inoltre ancora: dopo il
superamento dell'illimitata sfera dello spazio, il monaco, nel pensiero
'illimitata è la coscienza', raggiunge il regno della coscienza
illimitata. Costui è un vero monaco: ha accecato la natura, ha distrutto
il suo sguardo, è svanito alla sua malignità.
E inoltre ancora: dopo il
superamento dell'illimitata sfera della coscienza, il monaco, nel
pensiero 'Niente esiste', raggiunge il regno della non esistenza. Costui
è un vero monaco: ha accecato la natura, ha distrutto il suo sguardo, è
svanito alla sua malignità.
E inoltre ancora: dopo il
completo superamento della sfera della non esistenza, il monaco
raggiunge il limite della possibile percezione. Costui è un vero monaco:
ha accecato la natura, ha distrutto il suo sguardo, è svanito alla sua
malignità.
E inoltre ancora: dopo il
superamento del limite della possibile percezione, il monaco raggiunge
la dissoluzione della percettibilità, e la mania del savio veggente è
distrutta. Costui è un vero monaco: ha accecato la natura, ha distrutto
il suo sguardo, è svanito alla sua malignità, è sfuggito alla rete del
mondo."
Così parlò il Sublime. Contenti
si rallegrarono i monaci della sua parola.
Da:
http://membres.lycos.fr/zenmontpellier/majjhimait.html |