Alagaddupama Sutta
Il paragone del serpe
Riscrittura a partire
dall'italiano di De Lorenzo, da Enrico Federici.
Per distribuzione gratuita esclusivamente.
Questo ho sentito.
Una volta soggiornava il Sublime
presso Savatti, nella selva del Vincitore. In quel tempo un monaco a
nome Arittho, gia' cacciatore di avvoltoi, aveva manifestato la seguente
falsa opinione:
- Cosi' intendo io la dottrina
annunziata dal Sublime, che quelle azioni designate dal Sublime come
dannose, non riescono necessariamente a danno di chi le fa.
Ora venne a molti monaci agli
orecchi cio' che Arittho diceva, andarono presso di lui e gli chiesero
se era vero che egli avesse concepito tale falsa opinione. Avutane
conferma, quei monaci vollero distogliere Arittho dalla sua falsa
opinione, gli si volsero, gli parlarono, lo ammaestrarono:
- Non parlare cosi', fratelo
Arittho, non correggere il Sublime, non e' bene correggere il Sublime,
non puo' il Sublime aver detto cio'. In varia guisa, fratello Arittho,
vennero spiegate dal Sublime le azioni dannose, ed esse riescono
necessariamente di danno a chi le fa. Inappaganti sono le brame, ha
detto il Sublime, piene di dolore, piene di spasimo: la miseria
prepondera. Ad ossa spolpate ha paragonato il Sublime le brame: a brani
di carne; a paglia infiammata; a carboni accesi; a visioni di sogno; ad
accattonaggio; a frutti d'albero; a tagli di spade; a punte di lance;
simili a fauci di serpi sono le brame, piene di dolore, piene di
spasimo, la miseria prepondera.*
Ma Arittho il monaco, gia'
cacciatore di avvoltoi, sebbene cosi' sollecitato, ammonito ed
ammaestrato, si tenne tenacemente fermo nella sua opinione.
Ora, quando i monaci videro che
non potevano distogliere Arittho dalla sua falsa opinione, si recarono
dal Sublime, gli dissero delle false opinioni di Arittho e di come essi
avevano tentato di distoglierlo. Allora il Sublime disse ad uno dei
monaci di chiamare il fratello Arittho. Quando fu al Suo cospetto, gli
parlo' cosi':
- E' vero Arittho, che tu hai
concepito tale falsa opinione: cosi' comprendo io la dottrina annunciata
dal Sublime, che quelle azioni designate dal Sublime come dannose, non
riescono necessariamente di danno a chi le fa?
- Cosi' e' sicuro: io, o
Signore, comprendo la dottrina in questo modo.
- Da chi tu dunque, hai sentito,
uomo vano, che io abbia annunziata una tale dottrina? Non ho io, o uomo
vano, in varia guisa spiegato le azioni dannose, ed esposto che esse
riescono necessariamente di danno a chi le fa?
Ed il Sublime si volse ai
monaci:
- Comprendete anche voi, o
monaci, l'annunziata dottrina cosi', come l'intende questo monaco
Arittho, che malintesamente ci corregge e scava a se stesso la fossa e
si crea grave danno?
- Non cosi' o Signore! In varia
guisa il Sublime ci ha ben spiegato le azioni dannose ed esposto come
esse necessariamente riescono di danno a chile fa. Inappaganti sono le
brame, ha detto il Sublime, piene di dolore, piene di spasimo: la
miseria prepondera.
- Bene, voi monaci, bene che voi
comprendiate cosi' l'annunziata dottrina. Ma vi sono, voi monaci, anche
uomini vani che apprendono la dottrina; quantunque abbiano appreso la
dottrina, essi non ricercano con sapienza il senso della dottrina: per
cui le dottrine non forniscono loro alcun sapere. Essi non imparano le
dottrine se non per poter esprimere su di esse discorsi ed opinioni. Lo
scopo, per cui apprendono le dottrine, essi non lo scorgono. A costoro
le male apprese dottrine riescono largamente di danno e di dolore,
perche' essi hanno afferrato male le dottrine. E' come se, o monaci, un
uomo che brama serpi, esce per serpi, cerca serpi, trovasse un possente
serpe e l'afferrasse per il corpo o la coda: il serpe si scaglierebbe su
di lui e lo morderebbe alla mano, al braccio o in un altro membro,
sicche' l'uomo ne patirebbe la morte o mortale dolore. Ma vi sono, o
monaci, anche nobili figli che apprendono le dottrine e ricercano con
pazienza il senso delle dottrine, e queste forniscono loro il sapere.
Essi non imparano le dottrine solo per poter esprimere su di esse
discorsi ed opinioni, ma scorgono lo scopo delle dottrine che, in questo
modo, riescono loro largamente di vantaggio, di salute, perche' hanno
afferrato bene le dottrine. E' come se, o monaci, un uomo che brama
serpi, cerca serpi, esce per serpi, trovasse un possente serpe e con un
bastone forcuto lo abbattesse quindi lo pigliasse stretto per il collo:
anche se il serpe col suo corpo avvinghiasse mano o braccio od altro
membro dell'uomo, non per questo l'uomo avrebbe da temere morte ne'
mortale dolore, perche' egli ha afferrato bene il serpe.
Percio', voi monaci, cio' che
voi del senso del mio discorso intendete, quello serbate fedelmente, ma
cio' che non intendete, quello debbo discuterlo con voi affinche' vi
siano monaci bene istruiti.
Come zattera, voi monaci, voglio
mostrarvi la dottrina, atta a salvarsi, non a tenere. Ascoltate e fate
bene attenzione.
Cosi' come se un uomo in cammino
pervenisse ad una grande distesa d'acqua, la riva di qua piena di
pericoli e paure, la riva di la' sicura e senza pericoli, e non vi fosse
nessuna barca per il traghetto, nessun ponte. Se quest'uomo pensasse: se
io ora raccogliessi canne e tronchi, foglie e fascine e costruissi una
zattera e mediante questa tragittassi sull'altra riva? E, costruita la
zattera, tragittasse in salvo sull'altra riva e pensasse cosi':
carissima mi e' veramente questa zattera che mi ha portato in salvo
sull'altra riva; e se io ora mi ponessi sul capo questa zattera o me la
caricassi sulle spalle, e me ne andassi dove voglio; che pensate voi di
cio', monaci? Quest'uomo con tale agire tratterebbe forse
convenientemente la zattera?
- Certamente no, o Signore!
- Se quest'uomo salvato,
tragittato, riflettesse cosi': carissima mi e' veramente questa zattera
che mi ha portato in salvo sull'altra riva; e se io ora posassi questa
zattera sulla riva o la gettassi nell'onda e me ne andassi dove voglio;
con tale agire veramente, voi monaci, tratterebbe convenientemente la
zattera. In questo modo, voi monaci, io ho esposto la dottrina come
zattera, atta a salvarsi, non a tenere.
Voi che il paragon della zattera
bene intendete anche il giusto, taccio l'ingiusto, lasciare dovete.
- Sei false dottrine, voi
monaci, vi sono: l'inesperto uomo comune dei santi inconsapevole,
ignaro, estraneo alla dottrina, dei nobili inconsapevole ignaro ed
estraneo alla dottrina dei nobili, considera il corpo; la sensazione; la
percezione; le distinzioni; cio' che e' visto, sentito, pensato,
riconosciuto, raggiunto, esaminato, ricercato nello spirito; la dottrina
che insegna: cio' e' il mondo, cio' e' l'anima, cio' diverro' io dopo la
mia morte, imperituro, persistente, eterno, immutabile, eternamente
eguale, certo cosi' io rimarro'; di tutte queste cose egli ritiene: cio'
mi appartiene, cio' sono io , cio' e' me stesso. L'esperto santo uditore
pero', voi monaci, di tutte queste cose egli ritiene: cio' non mi
appartiene, cio' non sono io, cio' non e' me stesso. Considerando cosi'
le cose egli non conosce alcun irragionevole tremore. A queste parole si
volse uno dei monaci al Sublime:
- Puo' forse sopravvenire
irragionevole tremore per ragioni esteriori?
- Puo' essere, o monaco, - disse
il Sublime - per esempio, un uomo viene in questo stato d'animo: Io l'ho
perduto, ahime', non lo posseggo piu'! Oh l'avessi io di nuovo! Ah, non
l'otterro' mai piu'! Egli e' triste, affranto, si lagna, si batte
gemendo il petto e cade in disperazione. Cosi' o monaco, sopravviene
irragionevole tremore per ragioni esteriori.
- E puo' forse, o Signore,
cessare irragionevole tremore per ragioni esteriori?
- Puo' essere, o monaco, - disse
il Sublime - un uomo non viene in questo stato d'animo: Io l'ho perduto,
ahime' non lo posseggo piu'! Oh, l'avessi io di nuovo! Ah, non
l'otterro' mai piu'! Ed egli non e' triste, non affranto, non si lagna,
non si batte gemendo il petto e non cade in disperazione. Cosi' o
monaco, cessa irragionevole tremore per ragioni esteriori.
- Ma puo', o Signore,
sopravvenire irragionevole tremore per ragioni interiori?
- Puo' essere, o monaco, - disse
il Sublime - per esempio un uomo crede: cio' e' il mondo, cio' e'
l'anima, cio' diverro' io dopo la mia morte, imperituro, persistente,
eterno, immutabile, eternamente eguale, certo cosi' io rimarro'. Egli
sente dal Compiuto o da un discepolo l'annunzio della dottrina, che
distrugge dalle fondamenta ogni attaccamento e soddisfazione in false
dottrine, dogmi e sistemi, che mena alla distruzione di ogni esistenza,
al distacco da ogni attaccamento alla vita, all'annientamento della sete
di vivere, alla fine della manìa, alla dissoluzione, all'estinzione.
Allora egli viene in tale stato d'animo: Io periro', io finiro', ahime'!
non saro' piu'. Egli e' triste, affranto, si lagna, si batte gemendo il
petto e cade in disperazione. Cosi' o monaco, sopravviene irragionevole
tremore per ragioni interiori.
- E puo' forse, o Signore,
cessare irragionevole tremore per ragioni interiori?
- Puo' essere, o monaco, se un
uomo crede in false dottrine, ma poi sente dal Compiuto o da un
discepolo l'annunzio della dottrina che distrugge dalle fondamenta ogni
attaccamento e soddisfazione in false dottrine, e percio' egli non viene
in tale stato d'animo: Io periro', io finiro' ahime'! io non saro' piu'.
Ed egli non e' triste, non affranto, non si lagna, non si batte gemendo
il petto, non cade in disperazione. Cosi', o monaco, cessa irragionevole
tremore per ragioni interiori.
Potete, voi monaci, conseguire
un bene, il cui possesso rimanga imperituro, persistente, eterno,
immutabile, eternamente uguale e costante? Conoscete, voi monaci, un
tale bene?
- Veramente no, o Signore!
- Bene, voi monaci, anche io non
conosco un tale bene. Siete voi forse, o monaci, aderenti ad una fede in
immortalita', per la quale il fedele venga redento da affanno, miseria,
dolore, strazio e disperazione?
- Veramente no, o Signore!
- Bene, anche io non conosco una
tale fede. Seguite voi forse una scuola mediante la quale il seguace
venga preservato da affanno, miseria, dolore, strazio e disperazione?
- Veramente no, o Signore!
- Bene, anch'io non conosco una
tale scuola. Se l'Io stesso, voi monaci, esistesse, potrebbe allora
anche darsi un: a me proprio?
- Si, o signore.
- Se il Proprio, voi monaci,
esistesse, potrebbe allora anche darsi un: Me Stesso?
- Certamente, Signore.
- Siccome ne' l'Io, ne' il
Proprio puo' veramente e realmente essere conseguito, che n'e' del dogma
che insegna: cio' e' il mondo, cio' e' l'anima, cio' diverro' io dopo la
morte, imperituro, persistente, eterno, immutabile, eternamente eguale,
certo cosi' io rimarro'; non e' cio' o monaci, una ben maturata dottrina
di stolti? Che pensate, voi monaci, il corpo, la sensazione, la
percezione, le distinzioni, la coscienza, sono mutabili o immutabili?
- Mutabili, Signore.
- Ma cio' che e' mutabile, e'
doloroso o piacevole?
- Doloroso, Signore!
- Ma cio' che e' mutabile,
doloroso, caduco, si puo' di esso con diritto dire: cio' mi appartiene,
cio' sono io, cio' e' me stesso?
- Veramente no, o Signore.
Percio' o monaci, tutto cio' che
v'e' del corpo, delle sensazioni, percezioni, distinzioni, coscienza,
passate presenti e future, proprie od estranee, grosse o fini, volgari o
nobili, lontane e vicine, tutte sono da considerarsi, conforme a
verita', con perfetta sapienza, cosi': cio' non mi appartiene, cio' non
sono io, cio' non e' me stesso.
Cosi' vedendo, voi monaci,
l'esperto santo uditore, diviene sazio del corpo, della sensazione,
della percezione, delle distinzioni, dell coscienza. Sazio, rinunzia.
Con la rinunzia, si redime. Nel redento e' la redenzione, questa
cognizione sorge. Esausta e' la vita, compiuta la santita', operata
l'opera, non esiste piu' questo mondo, comprende egli allora. Un tale
monaco viene allora chiamato Scardinatore, Colmatore della Fossa,
Strappatore della Freccia, Sganciato, Distaccato.
E perche' Scardinatore? Perche'
da questo monaco viene abbattuta l'ignoranza, stroncata dalle radici,
fatta simile a ceppo di palma, cosi' che essa non puo' piu' germinare,
ne' svilupparsi.
E perche' Colmatore della Fossa?
Perche' da questo monaco il mutevole mondo delle nascite, gravido
d'esistenza, viene rinnegato, stroncato dalle radici, fatto simile a
ceppo di palma, cosi' che essa non puo' piu' germinare ne' svilupparsi.
E perche' Strappatore della
Freccia? Dal monaco la sete di vivere viene rinnegata, spenta dalle
radici, fatta simile a ceppo di palma, cosi' che essa non puo' piu'
germinare ne' svilupparsi.
E perche' Sganciato? Dal monaco
i cinque vincoli vengono rinnegati, stroncati dalle radici, fatti simili
a ceppo di palma, cosi' che essi non possono piu' germinare ne'
svilupparsi.
E perche' Distaccato? Dal monaco
la vanita' dell'Io viene rinnegata, stroncata dalle radici, fatta simile
a ceppo di palma, cosi' che essa non possa piu' germinare ne'
svilupparsi.
Il monaco cosi' redento d'animo,
non ardiscono avvicinarlo nemmeno gli dei Indra, Brahma e Pajapati:
salda e' la coscienza di questo Compiuto. Infatti gia' in vita io chiamo
il Compiuto intangibile. Me, che cosi' parlo, cosi' insegno, alcuni
asceti e brahmani accusano irragionevolmente, falsamente, futilmente, a
torto cosi': Un distruttore e' l'asceta Gotamo, egli annunzia
distruzione, annientamento, rinnegamento della vera vita. Essi mi
accusano di cio' che io non sono: oggi come prima, voi monaci, io
annunzio soltanto una cosa: il dolore e l'estirpazione del dolore.
Se quindi gli uomini biasimano,
condannano, perseguono ed attaccano il Compiuto, egli non si disgusta,
ne' si sdegna, ne' si abbatte. E se gli uomini valutano, lodano, stimano
ed onorano il Compiuto, egli non si allieta, ne' si allegra o si esalta;
allora il Compiuto pensa cosi': perche' questo e' stato gia' prima
pensato, percio' mi fanno essi qui tali onori.
Percio' o monaci, anche voi
dovete comportarvi alla stessa maniera. Rinunziate, voi monaci, a cio'
che non vi appartiene, e cio' sara' per voi largamente di vantaggio. E
cos'e' che non vi appartiene? Il corpo, la sensazione, la percezione, le
distinzioni, la coscienza; tutte queste non vi appartengono:
rinunciatevi; cio' vi riuscira' largamente di vantaggio, di salute.
Che pensate, voi monaci, se un
uomo portasse via, bruciasse o a suo piacimento o trattasse cio' che in
questa selva del Vincitore e' sparso di erbe e fascine, ramoscelli e
foglie, pensereste voi forse: costui ci porta via, ci brucia, ci tratta
a suo piacimento?
- Veramente no, o Signore!
- E perche' no?
- Non e' certo cio' il nostro Io
o Proprio!
- Or cosi' appunto, rinunziate a
cio' che non vi appartiene. Cosi', voi monaci, ho esposto e svelato la
verita'. E per coloro che hanno raggiunto lo scopo non vi e' piu'
girare; coloro che hanno spezzato i cinque vincoli si estinguono per non
tornare piu' in questo mondo: coloro che hanno spezzato i tre vincoli,
scaricati di brama, avversione ed errore, torneranno solo una volta e
poi porranno fine al dolore; coloro che sono inclini alla verita',
inclini alla dottrina, questi si affrettano verso il pieno risveglio.
Cosi' parlo' il Sublime.
Contenti si rallegrarono quei monaci sulla parola del Sublime.
* I primi sette paragoni sono
estesamente spiegati nel discorso n. 54
Da:
http://membres.lycos.fr/zenmontpellier/majjhimait.html |