Kakacûpama Sutta
Il paragone della sega
Riscrittura a partire
dall'italiano di De Lorenzo, da Pier Antonio Morniroli.
Per distribuzione gratuita esclusivamente.
Questo ho sentito.
Una volta il Sublime soggiornava
presso Sâvatthî, nella Selva del Vincitore, nel giardino di
Anâthapindiko. Proprio allora l'onorevole Moliyaphagguno si tratteneva
in un momento inopportuno in compagnia delle monache, e, se qualcuno dei
monaci biasimava davanti a lui quelle monache, egli, indispettito e
irritato, reagiva subito con un rimprovero; e, se, qualcuno dei monaci
biasimava l'onorevole Moliyaphagguno davanti alle monache, esse,
ugualmente indispettite e irritate, reagivano allo stesso modo.
Allora un monaco si recò dal
Sublime, lo salutò riverentemente, si sedette accanto e gli riferì
l'accaduto. Il Sublime allora chiese a un monaco di andare da
Moliyaphagguno e di dirgli che desiderava vederlo. Quando egli giunse,
il Sublime gli disse ciò che gli era stato riferito e gli chiese se era
vero. Moliyaphagguno rispose che sì, era vero.
Il Sublime gli chiese: "Non hai
tu dunque, come un nobile figlio mosso da fiducia, lasciato la casa per
l'eremo?" Avendogli Moliyaphagguno risposto di sì, il Sublime continuò:
"Non sta bene che tu abbia fatto ciò che mi è stato riferito, devi
smettere di reagire e devi ben esercitarti così: 'Non deve l'animo mio
essere turbato, nessuna parola cattiva deve sfuggire dalla mia bocca,
voglio rimanere amichevole e compassionevole, con animo amorevole, senza
segreta malizia'. Perciò se anche qualcuno in tua presenza battesse con
pugni quelle monache, tirasse loro pietre, le battesse con mazze, le
colpisse con spade allora tu, Phagguno, dovrai evitare tutti i moti
volgari, tutte le decisioni volgari, e dovrai esercitarti nel modo che
ti ho detto. Lo stesso se qualcuno vuole biasimarti, e ancora lo stesso
se qualcuno ti battesse con pugni, ti gettasse pietre, ti bastonasse con
mazze, ti colpisse con spade."
E ora il Sublime si rivolse ai
monaci: "Una volta i monaci mi venivano incontro con fiducia, e io mi
rivolgevo ad essi dicendo: 'Io prendo solitario pasto, e, così facendo,
conservo salute e freschezza, validità, forza e benessere. Fate anche
voi come me, e ne avrete gli stessi benefici'. E a quei monaci non
occorreva altra esortazione da me, solo il loro sapere era da svegliare.
Come se sopra un buon terreno, all'imbocco di quattro strade, fosse
pronto un eccellente attacco, fornito della relativa frusta; e un
maestro dell'arte di guidare, un esperto auriga, salisse su questo
carro, prendesse le redini con la sinistra, la frusta nella destra, e
andasse come gli pare e piace qua o là: così appunto quei monaci non
avevano bisogno di alcuna esortazione da me: solo il loro sapere era da
svegliare. Perciò, monaci, rinnegate il dannoso, siate costanti in ciò
che è salutare, perché così anche voi, in questo ordine, giungerete alla
riuscita, alla maturità e allo sviluppo.
Come se, nelle vicinanze d'un
villaggio o d'una città, vi fosse un fitto bosco pullulante di arbusti
di ricino, e uno si impietosisse degli alberi e si mettesse a
prendersene cura: tagliasse i tronchi curvi e secchi, li portasse via e
tenesse netta la selva ben diboscata, curasse attentamente i tronchi
diritti, ben cresciuti;certamente tale selva giungerebbe alla riuscita,
alla maturità e allo sviluppo: così anche voi, monaci, rinnegate il
dannoso, siate costanti in ciò che è salutare, e riuscirete. Una volta
viveva qui in Sâvatthî un massaia di nome Vedehikâ. Essa, che godeva
buona fama d'essere mite e pacifica, aveva una serva di nome Kâlî che,
lesta e diligente, svolgeva bene le sue diverse faccende. Alla serva
venne un dubbio: 'La mia padrona gode certo di buona fama, ma nasconde
solo internamente la sua bile, o ne è priva? Forse io faccio tutte le
mie faccende così bene che la padrona non può mostrare il brutto
carattere che ha? Voglio proprio, almeno una volta, mettere la mia
padrona alla prova!' La serva allora, il mattino seguente, si alzò a
giorno fatto. La padrona le chiese come mai. La serva rispose che a lei
non importava. La massaia, incollerita e sdegnata, con le sopracciglia
corrugate replicò che invece a lei importava. Ma la serva volle mettere
la padrona a più forte prova, e si alzò ancora più tardi. Vi fu un altro
duro scontro verbale. Per vedere fino a che punto la padrona avrebbe
davvero perso la pazienza, Kâlî si alzò ancora più tardi di prima. La
padrona, esasperata, afferrò il paletto della porta e glielo tirò sulla
testa. La serva Kâlî, con la testa rotta, grondante sangue, corse dai
vicini, e gemendo si lamentava: 'Guardate, brava gente, l'opera della
mite, della pacifica; guardate cosa passa una serva sotto un stimata
padrona.' E alla massaia venne ora una brutta fama: 'Violenta è la
massaia Vedehikâ, furiosa, manesca è la massaia Vedehikâ!' Così, monaci,
accade che un monaco è dolce, mite e pacifico quando lo toccano modi di
parlare graditi; ma se i modi sono sgraditi deve ugualmente mostrarsi
dolce, mite e pacifico. Io non chiamo mite il monaco che diviene mite,
che guadagna mitezza se gli vengono offerte vesti, elemosine, giaciglio
e, in caso di malattia, medicine, perché non sarebbe mite se nulla gli
fosse offerto. Però un monaco che stima, onora e pregia la verità, e per
questo diviene mite, quello io lo chiamo mite. Così devono esercitarsi i
monaci a sopportare.
Vi sono cinque specie di modi di
parlare che le persone che vi stanno davanti possono usare: tempestivo o
intempestivo, sensato o insensato, civile o villano, conveniente o
sconveniente, amorevole o maligno. Le persone possono parlare in tutti
questi modi, quindi voi, monaci, dovete ben esercitarvi a non esserne
turbati, a non lasciar sfuggire dalla bocca nessuna cattiva parola, a
rimanere amichevoli e compassionevoli, con animo amorevole, senza
segreta malizia. E dovete esercitarvi a irradiare la persona che vi sta
davanti con animo amorevole, e poi, cominciando da quella, a irradiare
il mondo intero con animo amorevole, con animo ampio, profondo,
illimitato, privo di rabbia e rancore. Come se arrivasse un uomo
provvisto di zappa e cofano e dicesse di voler sterrare l'intera terra,
e scavasse qua e là, rimuovesse qua e là, dicendo più volte: 'Senza
terra devi tu divenire.' Cosa ne pensate? Potrebbe forse quell'uomo
sterrare la terra?" "Certamente no, Signore! La terra è ben profonda,
immensa, non la si può sterrare per quanto quell'uomo voglia affaticarsi
e darsi da fare." "Così appunto le persone possono servirsi di cinque
modi di parlare [impossibili da eliminare], ma voi monaci dovete ben
esercitarvi nel modo che poc'anzi vi ho indicato.
Come se arrivasse un uomo
provvisto di lacca o curcuma, indaco o carminio, e dicesse: 'Io
disegnerò nel cielo delle figure, dipingerò un quadro'. Vi sembra
possibile?" "Certamente no, Signore! Il cielo è informe, invisibile, non
vi si può disegnare una figura, dipingere un quadro, per quanta fatica e
impegno quell'uomo possa metterci."
" Così appunto le persone
possono servirsi di cinque modi di parlare, ma voi monaci dovete ben
esercitarvi nel modo che vi ho già indicato. Come se arrivasse un uomo
provvisto di un fascio di paglia acceso, e dicesse: 'Con questa fascina
accesa farò evaporare il Gange, completamente.' Vi pare che ci
riuscirebbe?"
"Certamente no. Il Gange è
profondo, smisurato, non ci riuscirebbe mai. Oppure se vi fosse un
mantice di pelle di gatto, ben conciato, morbido, e arrivasse un uomo
con una pietra o un bastone, e dicesse: 'Riporterò in vita e in forza
questa pelle di gatto.' Potrebbe?"
"Certamente no. Con una pietra o
un bastone non potrebbe assolutamente!'
"O ancora, monaci, se briganti e
assassini con una sega da alberi vi staccassero articolazioni e membra,
chi per questo provasse furore non adempirebbe il mio insegnamento.
Quindi voi monaci dovete ben esercitarvi a non essere turbati, a non
lasciar sfuggire dalla bocca nessuna cattiva parola, a rimanere
amichevoli e compassionevoli, con animo amorevole, senza segreta
malizia. E dovete esercitarvi a irradiare chi vi sta davanti, con animo
amorevole, e poi, cominciando da quella, a irradiare il mondo intero con
animo amorevole, con animo ampio, profondo, illimitato, privo di rabbia
e rancore. Di questo insegnamento col paragone della sega vogliate voi
spesso ricordarvi. Sapete, monaci, di un modo di parlare che ora non
potreste sopportare?"
"Veramente no, Signore!"
"Perciò, dunque, ricordatevi
spesso di questo insegnamento col paragone della sega: esso vi riuscirà
largamente di bene, di salute."
Così parlò il Sublime. Contenti
si rallegrarono i monaci delle sue parole.
Da:
http://membres.lycos.fr/zenmontpellier/majjhimait.html |