Anangana Sutta
Innocenza
Riscrittura a partire
dall'italiano di De Lorenzo, da Pier Antonio Morniroli.
Per distribuzione gratuita esclusivamente.
Questo ho sentito. Una volta il
Sublime soggiornava presso Sâvatthî, nella Selva del Vincitore, nel
parco di Anâthapindiko. Là l'onorevole Sâriputto così si rivolse ai
monaci: "Fratelli, nel mondo si trovano quattro specie di uomini: chi è
colpevole e non riconosce di esserlo; chi è colpevole e riconosce
d'esserlo; chi è innocente e non riconosce d'esserlo; e che è innocente
e riconosce, conforme a verità, di non avere colpa.
Però il colpevole che non
riconosce di essere tale è il peggiore, e l'altro che riconosce d'essere
colpevole è il migliore dei due colpevoli.Ugualmente l'innocente che non
ammette di esserlo è il peggiore, e l' innocente che riconosce, secondo
verità, di non aver colpa è il migliore dei due innocenti".
A queste parole l'onorevole
Mahâmoggallâno chiese: "Ma qual è, fratello Sâriputto, la ragione, la
causa, che indica chi è il peggiore e chi il migliore tra i due
colpevoli e tra i due innocenti?"
"Se, fratello, un colpevole non
riconosce d'esserlo allora c'è da aspettarsi che egli non eserciti la
volontà, non lotti, non si sforzi di rimediare alla sua colpa, e invece,
carico di brama, di avversione, di errore, di colpa, muoia con cuore non
terso. Così come se vi fosse un piatto di bronzo acquistato al mercato o
dall'artigiano, pieno di sporcizia e di macchie, e i proprietari non lo
usassero né lo pulissero, ma lo gettassero in un angolo: allora,
fratello, questo piatto di bronzo diverrebbe di certo più sporco e
macchiato di prima.
Se invece un colpevole riconosce
di esserlo, ci si può aspettare che eserciti la sua volontà, lotti,
trovi la forza di rimediare alla sua colpa, e che, senza brama, senza
avversione, senza errore e senza più colpa, muoia col cuore terso. Così
come se un piatto di bronzo acquistato al mercato, fosse pieno di
sporcizia e di macchie, ma i proprietari lo pulissero e lo usassero
invece di gettarlo in un angolo: allora, fratello, il piatto diverrebbe
di certo lucente e terso".
"Certamente, fratello!"
"Se, fratello, un innocente non
si riconoscesse tale, ci si può aspettare che egli si lasci attrarre
dallo splendore delle cose, e, attratto da esse, faccia travolgere il
suo cuore dalla brama; e poi, carico di brama, di avversione, di errore,
di colpa, muoia col cuore non terso. Così come, fratello, se vi fosse un
piatto di bronzo, acquistato lucente e terso, ma i proprietari, invece
di usarlo o pulirlo lo sbattessero in un angolo: allora, fratello, il
piatto dopo qualche tempo diverrebbe di certo sporco e macchiato. Mentre
se egli riconoscesse la propria innocenza, ci si potrebbe aspettare che
non si farebbe attrarre dallo splendore delle cose, non farebbe
travolgere il suo cuore dalla brama, e poi, senza brama, senza
avversione, senza errore, senza colpa, muoia col cuore terso. Così come
se un piatto di bronzo acquistato, fosse lucente e terso, e i
proprietari lo pulissero e lo usassero, senza gettarlo in un angolo:
allora, fratello, il piatto diverrebbe anche più lucente e più terso di
prima.
Questa dunque, fratello
Moggallâno, è la ragione, questa è la causa per cui uno dei due
ugualmente colpevoli lo si indica come il peggiore e l'altro come il
migliore; lo stesso dicasi dei due ugualmente innocenti.
"La colpa, la colpa", così si
esclama, fratello; ma cosa s'intende propriamente sotto tale concetto?"
"I perniciosi, dannosi moti
dell'animo, fratello, quelli s'intendono sotto il concetto di colpa.
E' possibile che a un monaco
venga in mente: "Se ho sbagliato, gli altri non hanno bisogno di
saperlo." Ma se lo vengono a sapere egli s'amareggia e s' adira. Questa
amarezza e quest'ira sono entrambe colpe. E' possibile che gli venga in
mente: "Se ho sbagliato, i fratelli mi devono richiamare in segreto, non
davanti agli altri monaci." Se invece essi lo richiamano pubblicamente,
non in segreto, allora egli si amareggia e s'adira. Oppure potrebbe
venirgli in mente: "Se ho sbagliato, può ammonirmi un amico, non un
altro monaco". Potrebbero anche venirgli in mente tutte quest'altre
cose:
"Ah, se il Maestro potesse
esporre la dottrina ai monaci mentre dialoga con me, non con un altro
monaco." - "I monaci nell'andare verso il villaggio per l'elemosina
dovrebbero mettere alla testa me, non un altro!" - "Oh, se al pasto
toccasse a me la migliore sedia, la migliore acqua, il migliore
boccone!" Oppure: "Oh, se io solo potessi saziarmi al pasto!" E ancora:
"Se i monaci vanno in giardino
dovrei essere io e non altri a esporre la dottrina." - "Se le bhikkhuni,
se le monache vanno in giardino dovrei essere io a spiegare la
dottrina." - "Se i seguaci d'ambo i sessi vengono in giardino dovrei
essere io a esporre la dottrina." - "I monaci dovrebbero valutare,
pregiare, stimare me solo, non altri." - "Le monache dovrebbero
valutare, pregiare, stimare me solo, non altri." - "I seguaci dovrebbero
valutare, pregiare, stimare me solo, non altri."
"A me si dovrebbe far ottenere
una veste scelta, non ad altri." - "A me si dovrebbero dare bocconi
scelti, giaciglio scelto, medicine scelte in caso di malattia, e non ad
altri."
Se tutti questi pensieri e
desideri non si realizzassero e accadesse il contrario, egli si
amareggerebbe e si adirerebbe. Questi due moti dell' animo sono colpe.
Un monaco, fratello, presso cui
questi perniciosi, dannosi moti dell'animo si mostrano, si manifestano
non attenuati, anche se egli fosse un solitario eremita della foresta,
un muto mendicante di briciole, se fosse coperto da una veste di stracci
da lui rappezzati, non sarebbe dai suoi fratelli dell' ordine ben
considerato, pregiato, stimato, onorato. Così come se vi fosse un piatto
di bronzo, lucente e terso, e i proprietari lo riempissero di pezzi di
carogna di serpe o di cane o di uomo, lo coprissero con un altro piatto
e lo portassero al mercato. E se uno chiedesse cosa esso nasconde,
sollevasse il coperchio e guardasse il contenuto provando ripugnanza,
nausea e ribrezzo, e persino agli affamati passasse la voglia di
mangiare; lo stesso accadrebbe ai suoi fratelli dell'ordine.
Un monaco, fratello, presso cui
quei perniciosi, dannosi moti dell'animo non si mostrano più, non si
manifestano più, anche se fosse un girovago di campagna, che mangia
invitato, che è coperto da veste donata, verrebbe dai suoi fratelli
dell'ordine altamente valutato, pregiato, stimato e onorato perché in
lui quei perniciosi, dannosi moti dell'animo non si mostrano più, non si
manifestano più. Come se un piatto di bronzo, lucente e terso fosse
riempito dai proprietari con una succosa, ben condita pietanza di riso
brillato, bollito, e, copertolo con un altro piatto, lo portassero al
mercato. E uno chiedesse cosa nasconde, sollevasse il coperchio e
guardasse il contenuto, proverebbe piacere, non nausea, non disgusto, e
persino ai sazi verrebbe voglia di mangiare, non dico agli affamati!"
A queste parole si volse
l'onorevole Mahâmoggallâno all'onorevole Sâriputto e disse: "Mi viene un
paragone." "Dimmelo, fratello Moggallâno." "Una volta, fratello, io
soggiornavo sulla Costa del monte presso Râjagaham. Mi alzai di prima
mattina, presi mantello e scodella, e andai alla città per l' elemosina.
Proprio a quell'ora Samiti, il figlio del fabbricante di carri era
occupato a piallare una ruota, e Panduputto, un penitente nudo, un sâdhu,
che prima era stato fabbricante di carri, gli era vicino. Allora a
Panduputto, pratico di quell'attività venne questo pensiero: "Oh, se
Samiti piallasse questa scheggia, questa vena, questo nodo; allora la
ruota, liberata da tutto ciò, risulterebbe di legno purissimo." E mentre
a Panduputto sorgeva un pensiero dopo l'altro, Samiti, come se lo
sentisse, piallava scheggia dopo scheggia, vena dopo vena, nodo dopo
nodo. Allora il nudo penitente, antico fabbricante di carri,
allegramente commosso esclamò:
"Egli pialla come mosso dal
cuore!" Ora, fratello, vi sono anche qui persone che malvolentieri, per
bisogno e non per fiducia si sono allontanate da casa per ritirarsi
nell'eremo, ipocriti, bigotti, santocchi, goffi millantatori,
affaccendati ciarloni, cattivi custodi delle porte dei sensi, senza
moderazione al pasto, alieni dalla vigilanza, indifferenti all'
ascetismo, negligenti nei doveri dell'ordine, pretenziosi, importuni,
che cercano anzitutto compagnia, che schivano la solitudine come grave
peso, cuori languidi, deboli, teste confuse, privi di chiarezza, spiriti
incostanti, distratti, uomini limitati e ottusi: a questi l'onorevole
Sâriputto con la sua esposizione ha piallato come mosso dal cuore. E vi
sono anche nobili giovani che mossi da fiducia si sono allontanati da
casa per ritirarsi nell'eremo; giovani che sono l'esatto contrario di
ciò che ho detto dei primi, e a questi l'esposizione dell'onorevole
Sâriputto fu quasi cibo e bevanda per il cuore e per l'orecchio. In modo
eccellente, invero, tu hai distolto i fratelli dell'ordine da ciò che è
dannoso e li hai rinforzati in ciò che è salutare.
Così, in verità, si confortavano
reciprocamente quei due grandi con piacevole dialogo.
Da:
http://membres.lycos.fr/zenmontpellier/majjhimait.html |