Dhamma dâyada Sutta
Eredi della dottrina
Riscrittura a partire
dall'italiano di De Lorenzo, da Pier Antonio Morniroli.
Per distribuzione gratuita esclusivamente.
Questo ho sentito.
Una volta il Sublime soggiornava
presso Sâvatthî, nella Selva del Vincitore, nel parco di Anâthapindiko.
Là il Sublime si rivolse ai monaci così:
"Monaci, siate eredi della
dottrina, non eredi del bisogno. Ve lo dico per compassione e per
evitare critiche da parte della gente. Se io a mezzogiorno ho finito un
pasto sufficiente, adeguato, e sono abbastanza sazio, ma mi avanza
ancora un po' del cibo elemosinato che dovrebbe essere gettato, e mi si
presentano due monaci stanchi e affamati, io li inviterò."
Uno dei due monaci potrebbe
pensare:
"Se non accetto, il Sublime
dovrà gettare l'avanzo, secondo consuetudine, in un luogo dove non ci
sia erba o in acqua corrente".
Egli ricorda l'insegnamento del
Sublime che esorta a essere eredi della dottrina e non del bisogno,
quindi si propone di rinunciarvi e, pur affamato e stanco com'è, di
resistere sino al mezzogiorno dell'indomani.
L'altro monaco, pur consapevole
di tutto ciò, accetta l'avanzo per vincere la fame e la stanchezza.
Legittimamente il secondo monaco ha accettato l'avanzo, ma il primo è
più degno e meritevole perché il suo comportamento lo farà avanzare
sempre più nella moderazione, nella contentezza, nella semplicità e
nella perseveranza.
Così parlò il Sublime, e,
alzatosi, rientrò nell'eremo.
Subito dopo prese la parola
l'onorevole Sâriputto:
"Fratelli monaci, ora che il
Maestro si è ritirato, in che modo i discepoli trascurano la solitudine,
in che modo la curano?"
E i monaci:
"Verremmo anche da lontano per
ascoltare la tua parola, fratello; parla, terremo a mente le tue
parole".
Allora Sâriputto:
"Così voi, discepoli del Maestro
che vive solitario, trascurate la solitudine: non disprezzate ciò che
Egli ha indicato come spregevole; diventate pieni di pretese e
importuni, cercate la compagnia e fuggite dalla solitudine come un grave
peso. In tal modo i fratelli più anziani si vergognano per tre cose:
primo, che non amate la solitudine; secondo, che non disprezzate ciò che
il Maestro ha indicato come spregevole; terzo, che cercate compagnia
evitando la solitudine. Ciò fa vergognare i fratelli più anziani, ma
anche quelli medi e quelli nuovi. E in che modo voi curate la
solitudine: disprezzando ciò che dev'essere disprezzato; non diventando
pretenziosi e molesti; evitando la compagnia come grave peso e
ricercando la solitudine.
Queste sono le cose che fanno
onore ai monaci più anziani come a quelli medi, come a quelli nuovi.
Ora, fratelli, osservate: la brama fa male e l'avversione fa male. C'è
una via di mezzo per sfuggire ad esse: una via che rende veggenti e
sapienti, che produce sollievo, chiara visione che conduce al risveglio,
all' estinzione. E' questo santo sentiero ottopartito, cioè: retti
cognizione, intenzione, parola, azione, vita, sforzo, sapere,
raccoglimento. E ira e discordia fanno male, fratelli, e così pure fanno
male ipocrisia e invidia, gelosia ed egoismo, inganno e astuzia,
ostinazione e violenza, superbia e vanità, accidia e negligenza."
Così parlò l'onorevole Sâriputto.
Contenti si rallegrarono quei monaci della sua parola.
Da:
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