L'errata
opinione di Arittha
Così ho udito. Una
volta il beato soggiornava presso Savatthi, nel boschetto di Jeta,
nel giardino di Anathapindika. In quell'occasione, un monaco di nome
Arittha, che in precedenza era stato cacciatore di avvoltoi, concepì
la seguente errata opinione: ' Così comprendo la dottrina insegnata
dal Beato: la realtà (Dhamma) che egli definisce ostruenti
(antarayika) non possono affatto ostacolare colui che vi indulge".
Molti monaci udirono che costui aveva concepito tale errata
opinione, perciò si recarono da lui e, lì giunti, gli chiesero: "E'
vero amico Arittha, che tu hai concepito quest'errata opinione 'Così
comprendo la dottrina insegnata dal Beato: la realtà che egli
definisce ostruenti non possono affatto ostacolare colui che vi
indulge '?".
"Si, è così, amici, interpreto in tal modo la dottrina insegnata dal
Beato: le realtà che lui definisce ostruenti non possono ostacolare
colui che vi indulge".
I monaci allora, desiderosi di distogliere il fratello Aritthe dalla
sua errata opinione, gli chiesero delle spiegazioni, lo
interrogarono, gli dissero: "Non parlare così, amico Arittha, non
travisare il Beato, non è bello travisare il Beato. Il Beato mai
avrebbe detto così. Infatti, amico Arittha, il Beato ha detto in
vari modi che le realtà ostruenti ostacolano colui che vi indulge.
Il Beato ha illustrato come i piaceri sensoriali forniscano una
minima gratificazione ma molta sofferenza e molta disperazione, e
quanto sia grande il pericolo che comportano. Con l'esempio dello
scheletro, con quello del pezzo di carne, con quello della torcia di
paglia, con quello della fossa di carboni, con quello del sogno, con
quello dei beni presi in prestito, con quello dell'albero carico di
frutti, con quello del mattatoio, con quello del piolo acuminato,
con quello della testa del serpente, il Beato ha spiegato come i
piaceri sensoriali forniscano una minima gratificazione ma molta
sofferenza e molta disperazione, e quanto sia grande il pericolo che
comportano".
Ma, sebbene venisse così interrogato dai confratelli, sebbene gli
avessero chiesto spiegazioni e gli avessero così parlato, il monaco
Arittha, che in precedenza era stato cacciatore di avvoltoi, rimase
ostinatamente attaccato alla sua opinione errata e continuò a
sostenerla 'Così comprendo la dottrina insegnata dal Beato: la
realtà che egli definisce ostruenti non possono affatto ostacolare
colui che vi indulge '.
Quando i monaci si avvidero che non potevano distogliere il
confratello Arittha dalla sua errata opinione, si recarono dal Beato
e, ivi giunti, dopo averlo salutato riverentemente, gli sedettero
accanto. Dopo che si furono seduti, così dissero al Beato: "O
signore, il monaco Arittha, che in precedenza era stato cacciatore
di avvoltoi, ha concepito la seguente errata opinione 'Così
comprendo la dottrina insegnata dal Beato: la realtà che egli
definisce ostruenti non possono affatto ostacolare colui che vi
indulge '. Udimmo che tale era l'opinione di Arittha, perciò
recatici da lui, gli domandammo se quanto diceva fosse vero. Egli
rispose che sì, era vero. Cercammo di distogliere il monaco Arittha
dalla sua errata opinione, senza riuscirvi. Proprio per questo,
perché non siamo riusciti a distogliere il monaco Arittha dalla sua
errata opinione, ora riferiamo la faccenda al Beato".
A questo punto il Beato si rivolse a uno dei monaci: "Va, o monaco,
e dì in mio nome al monaco Arittha, che in precedenza è stato
cacciatore di avvoltoi: 'Il maestro ti chiama, amico Arittha '. ".
Il monaco assentì dicendo: "Bene, Signore" e obbedendo al Beato, si
recò presso il monaco Arittha, che in precedenza è stato cacciatore
di avvoltoi, e ivi giunto gli disse: "Il maestro ti chiama, amico
Arittha". Egli replicò:"Bene amico" e obbedendo al monaco, si recò
dal Beato. Giuntovi e salutatolo riverentemente, gli si sedette
accanto.
Allora il Beato gli disse: "E' vero, o amico Arittha, che hai
concepito la seguente errata opinione 'Così comprendo la dottrina
insegnata dal Beato: la realtà che egli definisce ostruenti non
possono affatto ostacolare colui che vi indulge '?". "Si, signore, è
così".
"A chi, o sciocco, hai sentito che io abbia mai insegnato una simile
dottrina? Non ho forse detto in molto modi che le realtà ostruenti
ostacolano colui che vi indulge? Non ho forse illustrato come i
piaceri sensuali forniscano una minima gratificazione ma molta
sofferenza e molta disperazione, e quanto sia grande il pericolo che
comportano? Con l'esempio dello scheletro, con quello del pezzo di
carne, con quello della torcia di paglia, con quello della fossa di
carboni, con quello del sogno, con quello dei beni presi in
prestito, con quello dell'albero carico di frutti, con quello del
mattatoio, con quello del piolo acuminato, con quello della testa
del serpente, il Beato ha spiegato come i piaceri sensoriali
forniscano una minima gratificazione ma molta sofferenza e molta
disperazione, e quanto sia grande il pericolo che comportano.
E tu adesso, o sciocco, , senza avere bene inteso, travisi le mie
parole, danneggiando te stesso e procurandoti abbondante demerito
spirituale. Questo, o sciocco, ti riuscirà danno e dolore per lungo
tempo".
Allora il Beato si rivolse ai monaci: "Che ne pensate, o monaci? Il
monaco Arittha, che in precedenza era stato cacciatore di avvoltoi,
ha acceso anche solo una scintilla di saggezza riguardo a questo
insegnamento e a questa disciplina?". "E come sarebbe possibile,
Signore! No certo, Signore!".
Udito questo colloquio, il monaco Arittha, che in precedenza era
stato cacciatore di avvoltoi, si sedette ammutolito, turbato,
abbattuto, con lo sguardo rivolto a terra, mortificato, smarrito. Il
Beato, allora come lo vide in questo stato, gli disse. "O sciocco,
diverrai noto per questa tua errata opinione; ora interrogherò i
monaci".
E così detto, il Beato si rivolse ai monaci: "Anche voi, monaci,
intendete la dottrina insegnata da me come il monaco Arittha, che in
precedenza era stato cacciatore di avvoltoi, che, senza averla bene
intesa, travisa le mie parole, danneggiando se stesso e procurandosi
abbondante demerito spirituale ?". "No di certo signore! Poiché il
Beato ha spiegato in vario modo come i piaceri sensoriali forniscano
una minima gratificazione ma molta sofferenza e molta disperazione,
e quanto sia grande il pericolo che comportano.
Con l'esempio dello
scheletro, con quello del pezzo di carne, con quello della torcia di
paglia, con quello della fossa di carboni, con quello del sogno, con
quello dei beni presi in prestito, con quello dell'albero carico di
frutti, con quello del mattatoio, con quello del piolo acuminato,
con quello della testa del serpente, il Beato ha spiegato come i
piaceri sensoriali forniscano una minima gratificazione ma molta
sofferenza e molta disperazione, e quanto sia grande il pericolo che
comportano".
"Benissimo, o monaci, è bene che voi comprendiate così la dottrina
che vi ho insegnato. Infatti, o monaci, io ho detto in molto modi
che le realtà ostruenti ostacolano colui che vi indulge; ho
dichiarato come i piaceri sensoriali forniscano una minima
gratificazione ma molta sofferenza e molta disperazione, e quanto
sia grande il pericolo che comportano. Con l'esempio dello
scheletro, con quello del pezzo di carne, con quello della torcia di
paglia, con quello della fossa di carboni, con quello del sogno, con
quello dei beni presi in prestito, con quello dell'albero carico di
frutti, con quello del mattatoio, con quello del piolo acuminato,
con quello della testa del serpente, ho spiegato come i piaceri
sensoriali forniscano una minima gratificazione ma molta sofferenza
e molta disperazione, e quanto sia grande il pericolo che
comportano.
Ma ecco che il
monaco Arittha, che in precedenza era stato cacciatore di avvoltoi,
senza avere bene inteso, travisa le mie parole, scavandosi in tal
modo la fossa e procurandosi abbondante demerito spirituale; la qual
cosa riuscirà a questo sciocco di danno e dolore per lungo tempo.
O monaci, è assolutamente impossibile che uno possa dimorare nei
piaceri sensoriali senza desideri sensuali, senza le percezioni del
desiderio sensuale, senza i pensieri del desiderio sensuale.
L'esempio del
serpente
"O monaci, alcuni
uomini, male avvisati, apprendono l'insegnamento (dhamma) -
discorsi, strofe, spiegazioni in prosa, in versi, esclamazioni,
proverbi, storie di vite passate (jataka), prodigi e risposte a
domande - ma avendo appreso l'insegnamento non ne esaminano il
significato (attha) con saggezza (panna).
Poiché non
esaminano il significato dell'insegnamento con saggezza, non
pervengono alla comprensione più profonda (nijjhana).
Essi apprendono
l'insegnamento soltanto allo scopo di criticare gi altri e vincere
nei dibattiti, e dunque non fruiscono del bene in vista del quale
hanno appreso l'insegnamento. Questi insegnamenti, essendo appresi
in modo sbagliato, procurano loro danno e sofferenza per lungo
tempo. E perché questo? Perché, o monaci, hanno appreso gli
insegnamenti nel modo sbagliato.
Immaginate un uomo che, avendo bisogno di un serpente ne cercasse
uno e che, vedendone uno grosso, ne afferrasse o le spire o la coda.
Il serpente si rivolterebbe contro di lui e gli morderebbe la mano o
il braccio o una delle membra e, a causa di ciò, l'uomo morirebbe o
patirebbe una sofferenza mortale. E perché questo? Perché, o monaci,
ha preso il serpente nel modo sbagliato. Allo stesso modo alcune
persone male avvisate prendono l'insegnamento nel modo sbagliato. E
questo si risolve a loro danno.
Alcuni membri della comunità apprendono gli insegnamenti - discorsi,
strofe, spiegazioni in prosa, in versi, esclamazioni, proverbi,
storie di vite passate,prodigi e risposte a domande - e avendo
appreso l'insegnamento ne esaminano il significato con saggezza.
Poiché esaminano il significato dell'insegnamento con saggezza,
prevengono alla comprensione più profonda. Essi non apprendono
l'insegnamento allo scopo di criticare gli altri o vincere nei
dibattiti, e dunque fruiscono del bene in vista del quale hanno
appreso l'insegnamento. E questi insegnamenti, che hanno appreso nel
modo giusto, porteranno loro benessere e felicità per lungo tempo. E
perché questo? Perché, o monaci, hanno appreso gli insegnamenti nel
modo giusto.
Immaginate un uomo che, avendo bisogno di un serpente ne cercasse
uno e che, vedendone uno grosso, lo afferrasse per il collo mediante
un bastone a forcella. In tal caso, per quanto il serpente potrebbe
dimenarsi contro di lui, non sarebbe in grado di mordergli la mano o
il braccio o una delle membra e, pertanto, l'uomo non rischierebbe
di morire né patirebbe una sofferenza mortale. E perché questo?
Perché egli ha preso il serpente nel modo giusto. Gli insegnamenti,
appresi nel modo giusto, porteranno loro benessere e felicità per
lungo tempo.
Quindi, o monaci, quando comprenderete il significato delle mie
affermazioni, tenetelo bene a mente, e quando non comprendete il
significato delle mie affermazioni allora chiedete spiegazione a me
o a quei monaci che sono saggi.
Il paragone
della zattera
"O monaci, vi
mostrerò come l'insegnamento sia simile a una zattera, la quale è
stata costruita allo scopo di traghettare (nittharana) e non di
essere afferrata.
Ascoltatemi, ascoltate attentamente ciò che vi dirò". "Si, o Beato"
risposero i monaci.
E il Beato così disse:"O monaci, immaginate un uomo che durante un
viaggio si trovi davanti a una grande distesa d'acqua, la cui riva
vicina è pericolosa e suscita paura, mentre la riva lontana appare
sicura e non desta timore, ma non c'è né un traghetto né un ponte
per passare al di là. L'uomo potrebbe pensare ' C'è questa distesa
d'acqua, la cui riva vicina è pericolosa…e non c'è né un traghetto
né un ponte. Allora, raccoglierò erba e piccolo rami, rami più
grandi e foglie, e legherò tutto insieme costruendo una zattera.
Dopo di che, trasportato dalla zattera e aiutandomi con le mani e
con i piedi, arriverò sano e salvo dall'altra parte, sulla riva
lontana '.
Quindi l'uomo raccoglie tutto quello che si è detto, costruisce la
zattera, si aiuta con le mani e con i piedi e arriva sano dall'altra
parte.
Giunto sull'altra riva l'uomo potrebbe pensare ' Questa zattera mi è
stata molto utile, poiché trasportato da essa e con l'aiuto di mani
e piedi ho raggiunto sano e salvo la riva lontana. Se ora me la
mettessi sulla testa oppure la portassi sulle spalle e andassi dove
mi pare? '.
O monaci, che ne pensate? Agendo in questo modo egli adopererebbe
nel modo giusto la zattera?". "No signore". "in qual modo l'uomo
adopererebbe giustamente la zattera?
Giunto dall'altra parte egli potrebbe pensare 'Questa zattera mi è
stata molto utile, poiché trasportato da essa e con l'aiuto di mani
e piedi ho raggiunto sano e salvo la riva lontana,. Se ora la
lasciassi in secco o in acqua e andassi dove mi pare? '.
O monaci, agendo così egli farebbe ciò che è giusto fare con la
zattera.
Vi ho mostrato come l'insegnamento è simile a una zattera, la quale
è costruita allo scopo di traghettare e non di mantenercisi
attaccati.
Quando capite che l'insegnamento è simile a una zattera, si tratta
di abbandonare l'attaccamento agli stati positivi della mente
(dhamma)e, tanto più, a quelli negativi.
Sei modi di
vedere
"O monaci, esistono
sei modi di vedere. Quali sono? Una persona ordinaria, o monaci, che
non ha ricevuto gli insegnamenti, che non ha rispetto per i nobili
(ariya) ed è inesperta e indisciplinata nella loro dottrina (dhamma)
che non ha rispetto per i veri uomini ed è inesperta e
indisciplinata nella loro dottrina, concepisce la forma materiale
nel modo seguente:
' Questa è mia, questa sono io, questa è il mio sé '. Una persona
ordinaria intende così la sensazione: ' Questa è mia, questa sono
io, questa è il mio sé '. Così vede la percezione: ' Questa è mia,
questa sono io, questa è il mio sé '. Così vede le formazioni: '
Queste sono mie, queste sono io, queste sono il mio sé '. Essa vede
nel modo seguente ciò che è visto, udito, toccato, conosciuto,
incontrato, cercato e mentalmente considerato: ' Questo è mio,
questo sono io, questo è il mio sé '. E anche il seguente punto di
vista: ' Questo è il sé, questo è il mondo; dopo la morte io sarò
permanente, imperituro, eterno, non soggetto a cambiamento; durerò
per l'eternità ' , anche questo punto di vista egli considera così:
' Questo è mio, questo sono io, questo è il mio sé '.
O monaci, un nobile discepolo, che ha ricevuto gli insegnamenti, che
ha rispetto per i nobili ed è esperto e disciplinato nella loro
dottrina, che ha rispetto per i veri uomini ed è esperto e
disciplinato nella loro dottrina, percepisce la forma materiale nel
modo seguente: ' Questa non è mia, questa non sono io, questa non è
il mio sé '. Così egli vede la sensazione 'Questa non è mia, questa
non sono io, questa non è il mio sé '. Così intende la percezione:
'Questa non è mia, questa non sono io, questa non è il mio sé '.
Così vede le formazioni: 'Queste non sono mie, queste non sono io,
queste non sono il mio sé '.
Egli vede nel modo seguente ciò che è visto, udito, toccato,
conosciuto, incontrato, cercato e mentalmente considerato: ' Questo
non è mio, questo non sono io, questo non è il mio sé '. E anche il
seguente punto di vista: ' Questo è il sé, questo è il mondo; dopo
la morte io sarò permanente, imperituro, eterno, non soggetto a
cambiamento; durerò per l'eternità ' , anche questo egli considera
così: ' Questo non è mio, questo non sono io, questo non è il mio sé
'.
Poiché egli intende queste cose, non è agitato da ciò che non
esiste".
Agitazione
Dopo che il Beato
ebbe finito di parlare, un monaco gli chiese: "Venerabile signore,
può esserci agitazione (paritassana) per ciò che non esiste
all'esterno?".
Il Beato così rispose: "Può esserci, o monaco. Qualcuno pensa così '
Ah, io l'ebbi! Non l' ho più! Possa io averlo! Non lo ottengo! '. Di
conseguenza quell'uomo soffre, prova pena e si lamenta, le lacrime
gli colano sul petto ed è sconvolto. Questo, o monaco, è il modo in
cui vi è agitazione per ciò che non esiste all'esterno".
"Venerabile signore, può esserci non agitazione circa ciò che non
esiste all'esterno?".
Il Beato rispose: "Può esserci, o monaco. Qualcuno non pensa così
'Ah, io l'ebbi! Non l' ho più! Possa io averlo! Non lo ottengo! '.
Di conseguenza quell'uomo non soffre, non prova pena e non si
lamenta, le lacrime non gli colano sul petto né è sconvolto. Questo,
o monaco, è il modo in cui non vi è agitazione per ciò che non
esiste".
"Venerabile signore, può esserci agitazione circa ciò che non esiste
all'interno?".
Il Beato rispose:"Può esserci, o monaco. Qualcuno ha il seguente
punto di vista 'Questo è il sé, questo è il mondo; dopo la morte io
sarò permanente, imperituro, eterno, non soggetto a cambiamento;
durerò per l'eternità '.
Quest'uomo ode il Tathagata o un discepolo del Tathagata che insegna
la dottrina dell'abbandono di tutti i punti di vista, decisioni,
ossessioni, attaccamenti e tendenze latenti, dell'acquietamento di
tutte le formazioni, del lasciare andare tutti i sostrati (upadhi),
del superamento della brama (tanha), dell'acquietamento della
passione (raga), della cessazione (nirodha), del nibbana, e pensa
così: ' Dunque io sarò annichilito. Dunque perirò! Dunque non ci
sarò più! '.
Di conseguenza soffre, prova pena e si lamenta, le lacrime gli
colano sul petto ed è sconvolto. Questo è il modo in cui vi è
agitazione circa ciò che non esiste all'interno".
"Venerabile signore, può esserci non agitazione circa ciò che non
esiste all'interno?".
Il Beato rispose:"Può esserci, o monaco. Qualcuno ha il seguente
punto di vista ' Questo è il sé, questo è il mondo; dopo la morte io
sarò permanente, imperituro, eterno, non soggetto a cambiamento;
durerò per l'eternità '.
Quest'uomo ode il Tathagata o un discepolo del Tathagata che insegna
la dottrina dell'abbandono di tutti i punti di vista, decisioni,
ossessioni, attaccamenti e tendenze latenti, dell'acquietamento di
tutte le formazioni, del lasciare andare tutti i sostrati, del
superamento della brama, dell'acquietamento della passione, della
cessazione, del nibbana, e pensa così: ' Dunque io sarò annichilito.
Dunque perirò! Dunque non ci sarò più! '.
Di conseguenza non soffre, non prova pena e non si lamenta, le
lacrime non gli colano sul petto né è sconvolto. Questo è il modo in
cui non vi è agitazione circa ciò che non esiste all'interno".
Impermanenza e
non sé
"O monaci, voi
potete ottenere quel possesso che è permanente, imperituro, eterno,
non soggetto a cambiamento e che dura per l'eternità. Ma voi, o
monaci, vedete davvero un tale possesso?". "No, venerabile signore".
"Bene, o monaci, neanche io vedo un tale possesso che sia
permanente, imperituro, eterno, non soggetto a cambiamento e che
dura per l'eternità.
O monaci, voi potete aderire a quella dottrina del sé (attavada) che
non determina sofferenza, pena, lamento, disagio, angoscia e
scoramento in colui che vi aderisce. Ma voi, o monaci, vedete
davvero una tale dottrina del sé?". "No venerabile signore". "Bene,
monaci, neanche io vedo una dottrina del sé che non determini
sofferenza, pena, lamento, disagio, angoscia e scoramento in colui
che vi aderisce.
O monaci, voi potete prendere come supporto quel punto di vista
(ditti) che non determina sofferenza, pena, lamento, disagio,
angoscia e scoramento in colui che vi aderisce. Ma voi, o monaci,
vedete davvero un tale supporto?". "No venerabile signore". "Bene,
monaci, neanche io vedo un supporto che non determini sofferenza,
pena, lamento, disagio, angoscia e scoramento in colui che vi si
appoggia.
O monaci, essendoci un sé ci sarebbe ciò che appartiene al mio sé?".
"Certamente venerabile signore". "E nel caso ci fosse ciò che
appartiene al sé ci sarebbe il mio sé?". "Certamente venerabile
signore".
"O monaci, poiché non si percepiscono come veri e stabili né il sé
né ciò che ad esso appartiene, non pensate che la seguente
affermazione sia del tutto sciocca: ' Questo è il sé, questo è il
mondo; dopo la morte io sarò permanente, imperituro, eterno, non
soggetto a cambiamento; durerò per l'eternità '?". "Cos'altro
potrebbe essere venerabile signore? Sarebbe un insegnamento del
tutto sciocco".
"O monaci, che cosa ne pensate? La forma materiale è permanente o
impermanente?" "Impermanente, venerabile signore". "Ciò che è
impermanente è fonte di sofferenza o di felicità?". "Sofferenza,
venerabile signore". "Ciò che è impermanente, fonte di sofferenza e
soggetto a cambiamento può essere considerato così ' Questo è mio,
questo sono io, questo è il mio sé '?". "No venerabile signore".
"O monaci, che cosa ne pensate? La sensazione, la percezione, le
formazioni, la coscienza sono permanenti o impermanenti?".
"Impermanenti, venerabile signore". "Ciò che è impermanente è fonte
di sofferenza o di felicità?". "Sofferenza, venerabile signore".
"Ciò che è impermanente, fonte di sofferenza e soggetto a
cambiamento può essere considerato così ' Questo è mio, questo sono
io, questo è il mio sé '?". "No venerabile signore".
"Perciò, o monaci, ogni tipo di forma materiale, sia essa passata,
presente o futura; interna o esterna; grossa o sottile; inferiore o
superiore; lontana o vicina; qualsiasi forma materiale dovrebbe
essere vista così com'è, con l'adeguata saggezza, nel modo seguente
' Questo non è mio, questo non sono io, questo non è il mio sé '.
Ogni tipo di sensazione, di percezione, di formazione, di coscienza
dovrebbe essere visto così com'è, con l'adeguata saggezza, nel modo
seguente ' Questo non è mio, questo non sono io, questo non è il mio
sé '.
Comprendendo tutto ciò, o monaci, un nobile discepolo, ben istruito,
prova un sereno disincanto nei riguardi della forma materiale, del
sentimento, della percezione, delle formazioni e della coscienza.
Allorché giunge al disincanto, diviene privo di attaccamento. Grazie
all'assenza di attaccamento (viraga) la sua mente viene liberata.
Quand'essa è libera sopravviene la conoscenza "essa è liberata".
Egli capisce: ' la nascita è distrutta, la santa vita è stata
vissuta, ciò che doveva essere fatto è stato fatto, non c'è più
rinascita in alcun stato di coscienza '.
Colui che ha
superato gli ostacoli del cammino
"O monaci, questo
monaco è definito come uno che ha rimosso gli sbarramenti, uno che
ha riempito le fosse, uno che ha sradicato i ceppi, uno che non
conosce ostacoli, un nobile che ha ammainato lo stendardo, che ha
deposto i fardelli, che non ha legami. E com'è, o monaci, uno che ha
rimosso gli sbarramenti? In questo caso il monaco ha abbandonato
l'ignoranza, l' ha tagliata alla radice, l' ha divelta come se fosse
una palma , l' ha eliminata, così che essa non è più soggetta a
nascita futura. Perciò il monaco è uno che ha rimosso gli
sbarramenti.
E com'è, o monaci, uno che ha riempito le fosse? In questo caso il
monaco ha abbandonato il circolo delle nascite che porta a una nuova
esistenza, lo ha tagliato alla radice, lo ha tagliato alla radice,
l' ha divelto come se fosse una palma , l' ha eliminato, così che
esso non è più soggetto a nascita futura. Perciò il monaco è uno che
ha riempito le fosse.
E com'è, o monaci, che uno ha sradicato i ceppi? In questo caso il
monaco ha abbandonato la brama, l' ha tagliata alla radice, l' ha
divelta come se fosse una palma , l' ha eliminata, così che essa non
è più soggetta a nascita futura. Perciò il monaco è uno che ha
sradicato i ceppi.
E com'è, o monaci, uno che non ha ostacoli? In questo caso il monaco
ha abbandonato i cinque legami inferiori, li ha tagliati alla
radice, li ha divelti come se fossero una palma , li ha eliminati,
così che essi non sono più soggetti a nascita futura. Perciò il
monaco è uno che non ha ostacoli.
E com'è, o monaci, un nobile che ha ammainato lo stendardo, che ha
deposto il fardello, che non ha legami? In questo caso il monaco ha
abbandonato il concetto ' sono io ', lo ha tagliato alla radice, l'
ha divelto come se fosse una palma , l' ha eliminato, così che esso
non è più soggetto a nascita futura. Perciò il monaco è un nobile
che ha ammainato lo stendardo, che ha deposto il fardello, che non
ha legami.
Dunque, o monaci, gli dèi, con Inda, Brama e Pajapati, non sono
capaci di trovare un monaco la cui mente sia libera nel modo
suddetto; essi non possono dire ' la coscienza di un Tathagata è
sostenuta da ciò '. Perché? Ma perché io dico, o monaci, che in
questo mondo non è rintracciabile un Tathagata.
L'equanimità del
Tathagata
"O monaci, così
dicendo, così proclamando, alcuni asceti e brahmana mi hanno
rappresentato erroneamente, senza fondamento, vanamente e falsamente
nel modo seguente ' L'asceta Gotama è uno che svia dalla retta
strada; egli insegna l'annichilimento (uccheda), la distruzione, la
non esistenza (vibbava) di un essere vivente '.
Poiché, o monaci, io né sono un nichilista, né proclamo il
nichilismo, alcuni asceti e brahmana mi hanno rappresentato
erroneamente, senza fondamento, vanamente e falsamente quando hanno
detto: ' L'asceta Gotama è uno che svia dalla retta strada; egli
insegna l'annichilimento, la distruzione, la non esistenza di un
essere vivente '. O monaci, in passato e ora, quello che io insegno
è una cosa soltanto: la sofferenza (dukkha) e il supermento della
sofferenza (dukkhanirodha).
Se altri, o monaci, abusano, oltraggiano, e rimproverano il
Tathagata per questo motivo, egli non prova in sé alcuna forma di
rabbia, astio o scoraggiamento.
Se altri poi onorano, rispettano, riveriscono e venerano il
Tathagata per questo motivo, egli non prova in sé alcuna forma di
diletto, giubilo o esaltazione. Se altri onorano, rispettano,
riveriscono e venerano il Tathagata per questo motivo egli a
riguardo pensa così ' Essi si comportano così verso di me in virtù
di quello che prima hanno pienamente compreso '.
Perciò, o monaci, se altri abusano di voi, vi oltraggiano e vi
rimproverano, voi, al riguardo, non dovete provare alcuna forma di
rabbia, astio o scoraggiamento.
Se altri poi vi onorano, vi rispettano, vi riveriscono e vi
venerano, voi, a riguardo, non dovete provare alcuna forma di
diletto, di giubilo o esaltazione. Se altri vi onorano, vi
rispettano, vi riveriscono e vi venerano, voi, a riguardo, dovete
pensare così 'Essi si comportano così verso di me in virtù di quello
che prima hanno pienamente compreso '.
Lasciar andare e
disidentificazione
"Perciò, o monaci,
tutto ciò che non vi appartiene abbandonatelo; quando lo avrete
abbandonato, ciò sarà per voi di vantaggio e felicità per lungo
tempo.
E cosa non è vostro? La forma materiale non è vostra, lasciatela
andare! Quando l'avrete abbandonata, ciò sarà per voi di vantaggio e
felicità per lungo tempo.
La sensazione non è vostra, lasciatela andare! Quando l'avrete
abbandonata, ciò sarà per voi di vantaggio e felicità per lungo
tempo.
La percezione non è vostra, lasciatela andare! Quando l'avrete
abbandonata, ciò sarà per voi di vantaggio e felicità per lungo
tempo.
Le formazioni non sono vostre, lasciatele andare! Quando le avrete
abbandonate, ciò sarà per voi di vantaggio e felicità per lungo
tempo.
La coscienza non è vostra, lasciatela andare! Quando l'avrete
abbandonata, ciò sarà per voi di vantaggio e felicità per lungo
tempo.
O monaci, cosa pensate? Se un uomo portasse via l'erba, i
bastoncini, i rami e le foglie da questo parco di Jeta, o se li
bruciasse o ne facesse ciò che desidera, pensereste forse ' un uomo
ci sta portando via o ci sta bruciando o sta facendo di noi ciò che
desidera '?". "No venerabile signore". "Perché no?". "Perché non si
tratta di noi né di qualcosa che ci appartiene".
"Analogamente, o monaci, tutto ciò che non è vostro abbandonatelo.
Quando lo avrete abbandonato, ciò sarà per voi di vantaggio e
felicità per lungo tempo. E cosa non è vostro? La forma materiale
non è vostra…la sensazione non è vostra…la percezione non è
vostra…le formazioni non sono vostre…la coscienza non è vostra.
Quando avrete abbandonato tutto ciò, ne ricaverete vantaggio e
felicità per lungo tempo".
L'insegnamento
"O monaci,
l'insegnamento (dhamma) che ho proclamato è chiaro, aperto, evidente
e senza pecche. In esso, da me ben proclamato, chiaro, aperto,
evidente e senza pecche, non c'è rinascita per i monaci che sono
divenuti arahant e i cui influssi impuri sono stati dissolti, che
hanno vissuto la santa vita, che hanno fatto ciò che doveva essere
fatto, che hanno deposto il fardello, che hanno raggiunto il vero
scopo, hanno distrutto i legami dell'esistenza e sono completamente
liberati attraverso la perfetta conoscenza.
O monaci, l'insegnamento che ho proclamato è chiaro, aperto,
evidente e senza pecche. In esso, da me ben proclamato, chiaro,
aperto evidente e senza pecche, i monaci che hanno abbandonato i
cinque legami inferiori dovranno tutti riapparire spontaneamente e
da lì ottenere il nibbana definitivo, senza discendere più da quel
mondo.
O monaci, l'insegnamento che ho proclamato è chiaro, aperto,
evidente e senza pecche. In esso, da me ben proclamato, chiaro,
aperto evidente e senza pecche, i monaci che hanno abbandonato i tre
legami inferiori e attenuato l'attaccamento, l'avversione e
l'ignoranza sono coloro che dovranno tornare ancora una volta in
questo mondo per porre fine alla sofferenza.
O monaci, l'insegnamento che ho proclamato è chiaro, aperto,
evidente e senza pecche. In esso, da me ben proclamato, chiaro,
aperto evidente e senza pecche, i monaci che hanno abbandonato i tre
legami sono entrati nella corrente, non sono più soggetti a
rinascite nei destini inferiori, hanno la certezza della liberazione
e sono destinati al risveglio.
O monaci, l'insegnamento che ho proclamato è chiaro, aperto,
evidente e senza pecche. In esso, da me ben proclamato, chiaro,
aperto evidente e senza pecche, i monaci che seguono il Dhamma o
sono seguaci per fede sono destinati al risveglio.
O monaci, l'insegnamento che ho proclamato è chiaro, aperto,
evidente e senza pecche. In esso, da me ben proclamato, chiaro,
aperto evidente e senza pecche, i monaci che hanno sufficiente fede
in me, sufficiente amore per me, sono destinati al paradiso".
Così insegno il Buddha e i monaci furono felici di ascoltare le sue
parole.
Da:
http://xoomer.alice.it/karuna/discorso%20serpente.htm