|
|
INTRODUZIONE
Leggo da André Pichot(1):
Riportando il discorso ad un ambito più ristretto occorre dire che, nelle società primitive, lavorare materiali, sviluppare tecniche legate ad ogni manipolazione della materia non è un mero sapere pratico slegato da ogni altro sapere. Le pratiche di lavoro sono sempre associate ad alcuni riti che quantomeno reclamano un universo propizio e l'aiuto di divinità favorevoli. All'inizio si può pensare a qualcosa di spontaneo ma pian piano si deve immaginare una codifica dei riti che probabilmente si sviluppano in analogia alla vera e propria attività manuale. A questo punto è facile immaginare l'invocazione di dei o demoni. La magia, la richiesta dell'aiuto di forze ignote è parte integrante del processo di manipolazione della materia, soprattutto in quelle dove compare il fuoco. Una avvertenza è necessaria. Quanto più si studia l'alchimia in ogni suo risvolto, tanto più essa risulta confusa, complessa ed a volte contraddittoria. In realtà era una immenso intreccio tra pratiche di trasformazione delle sostanze con antiche religioni, con superstizioni e tradizioni popolari, con mitologia, astrologia, magia, filosofia, teosofia, e con tutti gli altri vasti campi dell'immaginazione e della pratica lavorativa dell'uomo. Quanto detto è il motivo per il quale non è quella che segue una storia dell'alchimia. L'impresa sarebbe troppo grande e non so davvero se ne sarei capace. Come dice Giua,
Di seguito mi occuperò propriamente di molti e vari aspetti dell'alchimia non fornendo i dettagli dei preparati chimici che si ottenevano nei differenti processi. Alla fine di queste discussioni darò un quadro sintetico delle elaborazioni chimiche che si sono ottenute nelle pratiche alchimistiche e che, in qualche modo, furono il lascito dell'alchimia alla chimica.
DOVE NASCE L'ALCHIMIA
Per quanto si voglia far risalire ogni pratica magica, ogni superstizione o mistero all'antico Egitto(2), e per quanto anche con l'Alchimia succeda lo stesso con una discendenza da tal Hermes Trismegisto che, secondo la leggenda, sarebbe il dio Toth (vedi "Religione, Magia e Scienza nel Rinascimento italiano"), i primi testi manoscritti di carattere alchimistico provengono da Alessandria, sono redatti in greco e si possono situare tra il 2° ed il 5° secolo d.C., agli inizi dell'era cristiana.
Naturalmente le pratiche
artigiane alla base degli sviluppi dell'alchimia hanno certamente più di
5000 anni. Le arti dei vasai di terracotta hanno originato il mito del dio
forgiatore dall'argilla i primi fabbri hanno creato i miti degli dei
forgiatori di ferro (Efesto). Ogni pratica lavorativa era, da una parte,
mantenuta segreta per ragioni di sopravvivenza. Dall'altra le supposte
meraviglie prodotte da tali pratiche creavano aloni magici intorno ad esse
fino ad arrivare addirittura alla invenzione di dei. Così alla primitiva
alchimia che altro non era che la lavorazione di materiali si è sovrapposta
una pratica che doveva avere dentro di sé la facoltà di farci avvicinare a
Dio. E così le applicazioni pratiche diventavano sempre più marginali per
lasciar posto alle manipolazioni finalizzate a realizzare effetti di tipo
soprannaturale. Una esemplificazione di come le prime pratiche metallurgiche
fossero in sé ritenute come dei riti sacri e quindi per nulla disgiunte dal
sacro, dall'avvicinamento agli dei è in una tavoletta proveniente dalla
biblioteca di Assurbanipal (VII secolo a.C.). Leggiamo:
Questa è un poco la
vicenda di tutte le superstizioni, anche della stessa astrologia. Lì
si parte da osservazioni astronomiche legate alla misura del tempo,
alla semina, al raccolto,... e poi da quel primitivo impegno a cui
dobbiamo essere enormemente grati sono venute fuori le sciocche
degenerazioni che conosciamo.
In tal senso
l'alchimia si colloca su di un piano più propizio al ciarlatano
di quanto non lo sia l'astrologia. Qui si può intervenire sulla
persona. Si può manipolare. Con gli astri vi è un determinismo
che può essere modificato solo dalle parole del ciarlatano
medesimo. Ma gli astri hanno tale valenza che anche l'alchimia
riesce a metterli dentro i vari rituali come momenti propizi,
quindi un a priori, a fare determinati rituali. Il tutto nasce
sempre da questioni legate principalmente alla salute e quindi
al desiderio d'amore. Ma la salute, il benessere di un figlio,
queste vicende sono i ventri in cui crescono queste male piante.
Compresa ogni superstizione, la magia e perfino la religione.
Vi sono altri elementi correlati più propriamente alla metafisica quando si tenta di rintracciare l'origine dell'alchimia. E' l'osservazione empirica del ciclo vitale fatta proprio nell'antico Egitto. La fertile terra alle rive del Nilo era il prodotto della macerazione di piante ed animali morti. Essa produceva piante in abbondanza che venivano mangiate da animali erbivori che, a loro volta, alimentavano i carnivori. Questi ultimi ed i resti dei primi quando morivano tornavano cibo nella decomposizione. A questo ciclo apparteneva anche l'uomo che però doveva esservi sottratto (religione). Per farlo occorreva isolare il suo corpo dopo la morte mediante l'imbalsamazione che impediva la decomposizione e quindi occorreva sistemarlo in tombe chiuse in modo ermetico (da Hermes Trismegisto). Più in generale l'alchimia primitiva si è occupata di trasformazioni e particolarmente della purificazione dei metalli con simbolismi in analogia alle vicende esoteriche del corpo umano.
Disegni trovati su dei sigilli assiri e babilonesi che rappresentano delle fornaci (circa 3000 a.C.)
Minatori greci (da un vaso in terracotta, Corinto, VI secolo a.C.) Fu durante l'epoca della cultura classica che l'Alchimia assunse un ruolo più colto in connessione con lo sviluppo del pensiero filosofico ed in particolare con la teoria della costituzione del mondo basata sui quattro elementi (terra, acqua, aria, fuoco) organizzati gerarchicamente secondo i gradi di una intrinseca nobiltà in modo da avere quelli più nobili più in alto. E' l'attrito della sfera della Luna che mette in moto violento l'aria che sta di sotto provocando un mescolamento tra i quattro elementi che conosciamo noi sulla Terra che è il mondo della generazione, della corruzione, della crescita e della diminuzione. Sopra il cielo della Luna osserviamo invece l'immutabilità. Tutto uguale, perfetto, immutabile. Quella parte di universo deve essere costituita di una sostanza diversa, anch'essa perfetta. Fu così che nacque la quinta essenza, il quinto elemento quello che garantiva la perfezione e l'immutabilità dell'universo al di sopra del cielo della Luna. L’abilità nella chimica applicata degli egizi e la conoscenza teorica dei greci originarono una fusione che non fu del tutto positiva perché la chimica egizia si esprimeva soprattutto con l’imbalsamazione dei morti e con i riti religiosi così che la cultura greca si impregnò di misticismo ostacolandone il successivo sviluppo. La khemeia così legata alla religione incuteva timore come i suoi adepti, che assunsero sempre più un ruolo di “maghi” più che di scienziati. Questa condizione fu poi ulteriormente incoraggiata con l’uso di simboli e pratiche sempre più misteriose che accresceva l’alone di mistero che circondava questa pratica. Questa situazione portò la khemeia a mescolarsi con astrologia, magia ed astronomia, così i sette metalli conosciuti diventarono legati agli astri conosciuti e sette era anche il numero sacro tramandato da Pitagora:
ed in questo modo sparì la netta separazione tra scienza e religione operata dai greci.
I QUATTRO ELEMENTI
La teoria degli elementi costituenti il mondo è antica come lo stesso pensiero classico greco. La sua sintesi ed ultima elaborazione fu di Aristotele nel V secolo a.C. I quattro elementi (da Empedocle) sono quelli che empiricamente osserviamo intorno a noi: terra, acqua, aria, fuoco. L'ordine non è indifferente perché gli elementi hanno dignità diverse. La terra che sta più in basso (cade al fondo nell'acqua e cade attraverso l'aria) è l'elemento più volgare. L'acqua sta sopra la terra ma cade nell'aria e quindi sta più su della terra. Ancora più su vi è l'aria che sale dall'acqua verso l'alto ed ancora più degno è il fuoco che s'innalza addirittura nell'aria. Il mescolamento in varie proporzioni di questi quattro elementi crea il mondo volgare che si trova sotto la Luna (il cielo della Luna). Si capisce subito come questa base di pensiero sia fondante per una alchimia colta. Ma la teoria dei quattro elementi prevede dell'altro.
I quattro
elementi devono essere dotati di quelle che Aristotele
chiama qualità primarie. Devono essere:
- sensibili al tatto; - essere suscettibili di causare cambiamenti qualitativi; - devono formare coppie di opposti: caldo-freddo; secco-umido; pesante-leggero; denso-raro; ruvido-liscio; duro-soffice; resistente-fragile. Gli elementi non sono immutabili. Ciascuno di essi può essere trasformato in un qualsiasi altro attraverso il mutamento di una qualità (o ambedue) fondamentale nel suo opposto. La TERRA è freddo-secco; il FUOCO è caldo-secco; l'ARIA è umido-caldo; l'ACQUA è freddo-umido. Le trasformazioni più facili sono tra elementi che hanno una qualità in comune e, viste le qualità di ciascun elemento,la trasformazione di acqua in aria (o viceversa) è altrettanto facile che quella da aria a fuoco (eccetera). Risulta difficile la trasformazione da aria in terra (o viceversa). Oltre alle trasformazioni dette si possono avere anche unioni tra elementi che si scambiano le loro qualità in modo da produrne altri due. Ad esempio: acqua (freddo - umido) + fuoco (caldo - secco) può originare terra (freddo - secco) + aria (caldo - umido) e per capire a cosa si riferisce Aristotele, basta pensare ad un fuoco che si spegne con dell'acqua.
Altre qualità, sensazioni e colori, dei quattro elementi (anche assegnate ad essi successivamente ad Aristotele) sono: TERRA: solido e nero; FUOCO: luce e rosso; ARIA: gas e bianco; ACQUA: liquido e blu. Ai due elementi fluidi (aria ed acqua) viene assegnata la proprietà di trasferire calore (fluido oscuro) e luce (fluido luminoso) ma anche gli influssi (Energheia) dell'intero universo che muovono l'aria (venti) ed il mare e originano i fulmini fecondatori della terra. I quattro elementi non esistono mai allo stato puro: - la terra domina negli oggetti pesanti; - l'aria domina negli oggetti leggeri; - i metalli devono essere composti anche da acqua per poter spiegare la fusione; - il fumo è costituito da fuoco e da terra; - gli oggetti che galleggiano hanno una percentuale d'aria maggiore di quella di terra. I quattro elementi avevano un simbolismo associato, e la parte iconografica assume sempre un potere evocatorio importante in ogni arte magica: FUOCO Triangolo rivolto verso l'alto per indicare la proprietà di salire verso il cielo ACQUA Triangolo rivolto verso il basso per indicare la proprietà di discendere verso la terra tagliato da un segmento, per indicare la capacità di estensione ARIA Triangolo rivolto verso l'alto tagliato da un segmento, per indicare la capacità di estensione TERRA Triangolo rivolto verso il basso per indicare la capacità di cadere verso il basso.(3)
I quattro elementi rappresentati da D. Stolcius von Stolcenberg, Viridarium chymicum, Francoforte 1624 Al di sopra del cielo della Luna, come accennato, vi è un universo perfetto, eterno, immutabile che non può essere costituito degli stessi materiali che costituiscono il mondo che cambia, quello dove le cose si generano, si corrompono e si modificano. E' qui che nasce l'altro elemento costituente l'universo, quello che Aristotele chiama etere e che propriamente sarà chiamato il quinto elemento o meglio la quinta essenza. Questa visione, mai disgiunta dalla parte metafisica che riguardava l'uomo ed il suo raggiungimento della perfezione, attraverso varie trasformazioni che tendevano proprio a quella, fu fatta propria dall'alchimia araba. Quel quinto elemento aristotelico poteva essere sfuggito da qualche parte e ritrovarsi anche nel mondo sublunare. La sua ricerca per il suo mescolamento a determinati miscugli caratterizzò un'epoca. E' la storia della ricerca della pietra filosofale (o elisir), quella che unita a metalli volgari li avrebbe trasformati in oro. Ma in questa metafora vi è tutta la potenza della ricerca di un ente metafisico che avrebbe permesso il raggiungimento di quel fine auspicato sia nel mondo minerale che in quello animale (l'uomo): la perfezione. Attraverso questa pietra, che avrebbe curato ogni male, si sarebbe raggiunta addirittura l'immortalità (teorie attribuite all'alchimista Geber o Abu Musa Jabir Ibn Hayyan). In ogni caso, quantomeno, la sapienza totale.
Non poteva mancare la mistica del cristianesimo in questa ricerca della perfezione ed infatti molti pensatori cristiani si inserirono nel mondo dell'alchimia (in un primo tempo avversandola ma poi abbracciandola). Ma mettiamo un poco di ordine.
LE VARIE ALCHIMIE
A seconda di dove si sviluppò, l'alchimia storica, quella che ci ha fatto pervenire documenti, assunse caratteri peculiari che in breve occorre distinguere. In linea di massima occorre far riferimento a tre diverse alchimie che rappresentano anche l'evoluzione storica dell'alchimia in senso lato: L'alchimia greco-egiziana o alessandrina (dall'inizio dell'era cristiana a circa il VII secolo) che codificò i primi fondamenti (almeno quelli che sono giunti a noi) fondendo gli antichi saperi empirici alchemici egizi con la teoria dei quattro elementi e della loro trasmutabilità elaborata in Grecia; in tale filone vi sono i primi indizi del misticismo(4) legati alla crescente richiesta di oro a seguito dell'esaurimento delle miniere note e dell'aumento degli scambi. Gli egizi pensavano di aver trovato un sistema di trasformazione di rame in oro attraverso l'avvicinamento di una piccola quantità di quest'ultimo ad una grande massa del primo. Perché la cosa riuscisse serviva l'intermediazione di un qualche dio in un particolare periodo dell'anno e quindi sotto l'influenza di un qualche pianeta. Si determina quindi la coesistenza tra alchimia, influssi magici degli dei ed astrologia. È da notare che proviene dall'Egitto una delle leggende che più caratterizzò la ricerca dell'alchimista. Hermes Trismegisto, al quale ho accennato, sarebbe stato sepolto sotto una lapide di smeraldo che aveva le seguenti parole incise: "Come tutte le cose furono mediante la contemplazione di una sola, così tutte le cose nacquero da quest'unica mediante un singolo atto di adattamento. Padre di essa è il Sole, madre è la Luna. Il Vento la portò nel suo grembo, la Terra è la sua nutrice. Essa è la generatrice di tutte le opere prodigiose in ogni luogo del mondo. Il suo potere è perfetto." La trascrizione
di questa lapide avrebbe dato origine alle Tavole
Smeraldine, fondamentale testo alchemico, vera
bibbia dell'alchimista (Tabula
Smaragdinainserita nella sua versione latina in
Chrysogonus Polydorus De
Alchimia, Nuremberg
1541).
Il testo sembra oscuro ma è la summa del pensiero alchemico. I punti 2 e 3 affermano l'unitarietà delle cose. Il punto 4 afferma il principio del maschile e femminile e dei 4 elementi di Aristotele. Il punto 5 è l'idea greca della via alla perfezione. Il punto 7 si riferisce all'arte del separare, tipica dell'alchimia. Il punto 8 fa riferimento allo scambio delle materie finalmente purificate per la successiva produzione del Grande Lavoro, quello che produce la pietra filosofale.
Le tavole smeraldine (la lapide sulla tomba di Hermes Trismegisto) nell'immaginazione dell'alchimista Heinrich Khunrath. Da Amphitheatrum sapientiae aeternae, Hannover 1606. L'alchimia araba. Nel VII secolo d. C. gli arabi conquistarono l'Egitto e si impadronirono delle conoscenze alchemiche qui sviluppate. Trasferirono tali conoscenze nei Paesi che via via conquistavano sviluppando in modo particolare un'alchimia che possiamo chiamare farmaceutica, distillati e preparazione di medicamenti attraverso estratti vegetali. E' caratteristica di questo periodo (molto lungo perché va dal VII al XIII secolo) la conoscenza più particolare dei lavori di diversi alchimisti attraverso i loro scritti. Ogni alchimista condivide poco con l'altro. Intanto per la questione accennata del mistero che circondava le ricerche di ognuno (le stesse ricette mediche che vari autori riportano sono incomprensibili per il linguaggio ermetico utilizzato) e poi perché il campo di operazioni è talmente vasto che le sovrapposizioni di argomenti per eventuali confronti sono davvero poche. Occorrerebbe qui studiare alchimista per alchimista per comprendere meglio il contributo di ciascuno e per situarlo nell'epoca in cui è stato sviluppato. E' da notare che anche qui si mantiene e si rafforza il mito mistico dell'oro come metallo al vertice della perfezione tra i metalli. E' in questa epoca che nasceranno i miti, dei quali mi occuperò più oltre, della pietra filosofale per raggiungere la perfezione tra i metalli e dell'elisir di lunga vita per raggiungere la perfezione tra gli esseri viventi.
L'alchimia occidentale.
Gli arabi (con il successivo arricchimento attraverso
l'Islam) insediatisi nella penisola iberica, in parte
dell'Europa orientale e nel Sud d'Italia ebbero il
grande merito di farci riscoprire la cultura classica
(greca, romana, alessandrina ma anche orientale)
attraverso i testi, che in Occidente erano andati
perduti per la volontà distruttiva dell'Impero della
Chiesa, e che erano stati invece conservati nelle
Biblioteche di Bisanzio, di Damasco e dei grandi centri
culturali dell'intero Medio Oriente. Trasferirono anche
molte abilità pratiche e, in questo ambito, non potevano
non esservi le conoscenze alchemiche che ebbero subito
una grande diffusione (a partire dal XII secolo) ed un
gran numero di praticanti soprattutto per quella cosa
della pietra filosofale (sempre descritta in modo
ermetico con aloni di misticismo) ma anche per la
ricerca di conoscenze mediche e farmacologiche. Il primo
testo alchemico pubblicato in occidente è dovuto
all'inglese Roberto Chester ed è del 1144. Anche in
Occidente l'alchimia mantiene il suo carattere mistico
(con pratiche magiche ed astrologiche a lato) e segreto.
Anche qui la ricerca degli alchimisti è sul doppio
fronte della trasmutazione della materia e del
perfezionamento dello spirito. In particolare l'Europa
medioevale favorì molto lo sviluppo dell'alchimia, per
la brama di arricchimento che le varie piccole corti
avevano. Tutti i potenti pagarono con ogni disponibilità
alchimisti di corte con il fine di poter aumentare il
loro potere (attraverso la scoperta di quella pietra, e
di quell'elisir). In questo ambito, in Occidente più che
altrove, ebbero buon gioco i ciarlatani ed i truffatori. In quanto vedremo di seguito occorre una fondamentale precisazione, ad evitare equivoci. Un elemento come oggi lo conosciamo non è mai quell'elemento. Per intenderci lo Zolfo non è lo zolfo che conosciamo. Per Paracelso, ad esempio, esso rappresenterà l'anima e poi qualche altra cosa, mai definita, con un linguaggio sempre sfuggente e mai puntuale. Lo stesso operare dell'alchimista non combina elementi ma li accoppia. È un universo di morti, anime, spiriti, esalazione, male e bene, trasmutazioni, sangue, maschile e femminile, unioni carnali,.... Nessuno pensi ad un qualche seppur minimo rapporto tra alchimia e chimica (anche pensando a quella di Dalton o Lavoisier), anche se, con il loro armamentare, gli alchimisti scoprirono alcuni elementi ed alcune proprietà delle sostanze.
LE TEORIE ALCHIMISTICHE
In linea del tutto generale si può dire che le teorie alchimistiche avevano qualche fondamento comune, alcune concezioni dalle quali partivano in modo deduttivo. Intanto la materia doveva essere in origine una sola e solo in seguito ad una qualche evoluzione erano nate le diverse forme della materia che conosciamo. Vi doveva poi essere una data entità, un agente che permetteva le trasmutazioni da una materia ad un'altra. Tale agente era la pietra filosofale unamedicina dei metalli capace di curare le malattie dei metalli vili nobilitandoli con le loro trasformazioni fino ai livelli dell'argento e dell'oro. Il fatto poi che la materia fosse una sola convinse gli alchimisti che se un dato agente, la pietra filosofale, ha così benefici effetti sui metalli vili, deve esistere una pietra filosofale che riguardi anche le trasformazioni dell'uomo e quindi in grado di curare le malattie dell'uomo con conseguente prolungamento della sua vita. Fu così che la pietra filosofale per l'uomo divenne l'elisir di lunga vita. Ancora partendo dall'unitarietà della materia, l'anima eterna deve appartenere a tale materia, mentre il corpo, la forma, è quella che cambia e si trasforma (si genera e si corrompe). Le trasmutazioni erano poi quelle indicate dalla teoria dei quattro elementi che prevedevano il cambio di alcune qualità per passare da un elemento ad un altro. In particolare si credeva fosse possibile imporre dall'esterno il colore e lo stato (come diremmo oggi) di aggregazione. Ecco allora che vi era una facile conseguenza da tale premessa. Il rame differisce dall'oro per il colore. Deve essere possibile trasferire il colore dell'oro al rame per ottenere oro. Tal cosa sembra sia stata tentata fin dal XIII secolo a. C. e ne abbiamo un qualche riscontro in alcuni scritti di epoca alessandrina (III secolo d.C.) di Zosimo di Panopoli, uno dei primi alchimisti che conosciamo(5) e che ci ha fornito una formula (formula del Cancro) che sarebbe alla base, appunto, della trasformazione di rame in oro. La riporto nella figura seguente avvertendo che nessuno l'ha mai saputa interpretare (i numeri sovrapposti indicherebbero i vari passaggi).
Formula del Cancro di Zosimo, tratta da J. Read, pag. 36. Da parte loro gli aristotelici, custodi della teoria dei quattro elementi, non ebbero molto da obiettare perché, in definitiva, tutto si poteva accordare con la teoria originale che prevedeva il raggiungimento della perfezione. Anche i platonici erano soddisfatti perché la perfezione è l'ultimo grado a cui l'uomo aspira (si trattava solo di ammettere che l'oro fosse la perfezione per i metalli). L'introduzione poi di pietra filosofale e di elisir di lunga vita è probabilmente una estensione che era nelle premesse e che si rafforzò all'interno della magia che veniva sviluppata nel mondo arabo. Secondo Aristotele, come accennato, il cielo della Luna divide il mondo in due zone: quella sotto tale cielo che è soggetta a generazione e corruzione ed in generale a cambiamento e caos; quella sopra che è eterna, immutabile e costituita di una essenza perfetta come l'etere (la quintessenza, che era chiamata così in quanto si aggiungeva ai quattro elementi: terra, acqua, aria, fuoco). La ricerca sotto il cielo della Luna di questa sostanza (l'etere) era compito principale dell'alchimista. Tale essenza, mescolata ad altre sostanze le avrebbe rese perfette e, ad esempio (ma questo è solo un aspetto marginale dell'alchimia e riguardava appunto ingordi e ciarlatani), avrebbe potuto tramutare il piombo ed altri metalli vili in oro o argento. Altra versione voleva tutti i metalli costituiti da un miscuglio di mercurio e zolfo (con caratteristiche non reali ma filosofali) e quando la proporzione tra i due era perfetta, il metallo risultante sarebbe stato l'oro. Più in generale, in questa ricerca l'alchimista studiava le varie sostanze e ne cercava le proprietà. Tentava miscugli, distillava (introducendo nel suo lavoro fornelli ed alambicchi che si riveleranno utilissimi per la ricerca chimica come la intendiamo oggi), catalogava, operava, in modo che oggi giudicheremmo rozzo, come un chimico (si tenga conto che nel Cinquecento la scoperta di procedimenti chimici legati alla tecnica, ad esempio estrattiva, dette inizio alla separazione dell'alchimia che assunse caratteristiche se possibile più segrete, con quella che sempre più si affermerà come chimica). L'impossibilità di produrre qualcosa che potesse poi essere in qualche modo raccolta in un testo e fare da base per ulteriori studi nasceva da quel segreto cui accennavo e soprattutto dall'approccio che si aveva allo studio delle sostanze medesime. Quali erano le caratteristiche che determinavano le differenze tra le sostanze ? Quelle qualitative. Il colore, ad esempio, rivestiva una importanza fondamentale: il nero era associato alla morte mentre il verde ad un buon raccolto nei campi, il 'vitriol' (abbreviazione del latino: visita interiora terrae rectificando invenies occultum lapidem che vuol dire "vai a cercare all'interno della terra e con corrette operazioni troverai la pietra nascosta") indicava sostanze con caratteristiche di brillantezza e cristallinità. Poi vi era il sapore, ... Ma ciò che legava strettamente alchimia ed astrologia era la corrispondenza tra sette metalli con i sette astri allora noti: Sole-Oro, Luna-Argento, Marte-Ferro, Venere-Rame o Bronzo, Mercurio-Argento vivo(6), Saturno-Piombo, Giove-Stagno. E, come vedremo, analoghe corrispondenze si costruiranno in medicina tra astri, metalli e parti del corpo. Dice Read:
Seguirò ora a descrivere alcune delle teorie sviluppate dagli alchimisti ed alcune pratiche da loro utilizzate. Non è per questo fine possibile seguire una stretta cronologia. Situerò per quanto possibile i singoli personaggi ma non vi sono da situare teorie che falsificano le precedenti. Ognuna vale allo stesso modo in epoche diverse ed è questo che qualifica ciò che arranca con grande fatica e non è scienza rispetto al duro metodo sperimentale che inaugurerà Galileo. LA TEORIA
ZOLFO - MERCURIO Si tratta di una modificazione importante da parte araba della teoria dei quattro elementi. I due elementi contrapposti di quella teoria (fuoco ed acqua) ora
La teoria
zolfo-mercurio per i metalli. Tratta da M. Mayer, Symbola
aureae mensae duodecim nationum, Francoforte 1617.
Lo zolfo con il suo simbolo (un triangolo sovrapposto ad
una croce) è a sinistra ed il mercurio con il suo
simbolo (una circonferenza sovrapposta ad una croce) è a
destra. sono lo zolfo (in luogo del fuoco) ed il mercurio (in luogo dell'acqua). Ricordo qui quanto già detto: non si pensi agli elementi a noi oggi noti come zolfo e mercurio (argento vivo). Lo zolfo (detto anche zolfo filosofico o zolfo nostro) è una sostanza calda e secca che simboleggiava la capacità di bruciare (quindi un qualcosa affine al fuoco) mentre il mercurio (detto anche mercurio filosofico o mercurio nostro) è una sostanza fredda e umida che simboleggiava il fatto che i metalli potevano fondere e quindi diventare liquidi (quindi un qualcosa affine all'acqua). Un prolifico alchimista, mago ed astrologo medioevale, Ruggero Bacone(7), ci descrive il processo zolfo-mercurio.
Questo sunto appare molto chiaro (ma la cosa è anche raccontata negli scritti latini di Geber(8)). Vi sono solo due metalli che sono i principi primi da cui provengono tutti gli altri. E' il grado di purezza con cui si mescolano questi due principi che origina tutti gli altri metalli con differente grado di viltà (facile alterabilità dovuta al maggior contenuto di zolfo ed alla purezza di quest'ultimo) o nobiltà (resistenza, lucentezza e malleabilità proprietà che si ottiene se la percentuale di mercurio è più alta ed è più elevata la sua purezza-). La purezza assoluta dei due principi può originare la pietra filosofale (entità più pura dell'oro) una piccolissima quantità della quale può trasformare (più appropriato sarebbe il verbo tingere) i metalli vili in oro che è il più nobile tra i metalli. Non vi è certezza in tali trasformazioni solo perché sono condizionate da particolari eventi astronomici e dall'intervento di dei o demoni che favoriscano il processo. La figura precedente racconta di tali principi che esalando dalla terra, originano nel loro mescolarsi sotto terra, i vari metalli che noi troviamo ordinariamente. E' l'alchimista, quello che si trova sul monte, che accelera i processi che la natura realizza lentamente. E' utile osservare a proposito della figura che la parte iconografica aveva significati importanti proprio per poter rappresentare i vari simbolismi associati ai vari elementi e/o processi e/o eventi e/o influssi. Vedremo in seguito alcuni esempi proprio a partire dallo zolfo e dal mercurio filosofici. Questi due principi attivi vennero chiamati, in differenti contesti, culture, da differenti alchimisti, nei modi riportati in tabella (ma anche in altri). Ad esempio il mercurio era anche rappresentato come un dragone sia con che senza ali. In tale dragone si nasconderebbe Saturno. Il dragone si morde anche la coda con i suoi denti velenosi ed affilati e proprio come i filosofi (gli alchimisti) di cui è alleato, è difficile da vincere (Maier).
Ad esempio il mercurio era anche rappresentato come un dragone sia con che senza ali. A volte però il dragone era inteso come il solvente delle varie combinazioni. In tale dragone si nasconderebbe Saturno. Il dragone si morde anche la coda con i suoi denti velenosi ed affilati e proprio come i filosofi (gli alchimisti) di cui è alleato, è difficile da vincere. Oltre agli animali citati ve ne erano moltissimi altri compresi quelli fantastici. Ciascuno come simbolo dei prodotti intermedi delle varie trasformazioni.
Vediamo
ora le rappresentazioni che vari alchimisti davano dei
nomi di tabella.
Da Michael Maier, Symbola aureae mensae, 1617. Rappresentazione di Hermes Trismegisto con il Sole e la Luna. "Il Sole è il padre del suo sposo e la bianca Luna segue come terzo il governatore Fuoco".
Il leone e la leonessa alata da Michael Maier, Atalanta fugiens, Oppenheim 1618. "Unisci al leone una leonessa alata, affinché essi possono vivere all'aria. Ma egli si mantiene immobile e rimane sulla terra. Questa immagine ti mostra il cammino che segue la natura".
Da Michael Maier, Atalanta fugiens, Oppenheim 1618. Il dragone non muore fin quando non è ucciso da suo fratello (il sole) e sua sorella (la luna) insieme. Dal dragone (a volte inteso come il liquido solvente) si estraggono gli esseri dotati di corpo, anima e spirito.
In questa immagine, tratta da un manoscritto proveniente dagli ambienti Rosa-Croce. Ha per titolo Materia Prima Lapidis Philosophorum (Materia prima della pietra dei filosofi) che è poi la pietra filosofale. E' degli inizi del XVIII secolo. In esso vi è tutto il simbolismo possibile, a partire dal caos che regna in basso fino alla perfezione del cielo in cui vi è cristianesimo (in hoc signo vinces) e l'iscrizione ebraica che denota dio. La vita è organizzata da uomo e donna (zolfo e mercurio insufflati dai vapori provenienti dall'interno della terra e con ogni simbolo che può rappresentarli) che generano un bimbo, il loro figlio imperiale (la tintura di mercurio) dal battesimo dell'alambicco (il bimbo sarebbe poi la medesima pietra filosofale). Il monte verde è quello della materia prima; i simboli degli elementi che la compongono sono ordinati nel quadrato numerico magico di Saturno.
Da Stolcenberg, Viridarium chymicum, Francoforte 1624. L'unione del leone (sole) e del serpente (luna) permette alla pietra filosofale di raggiungere la sua perfezione. Il processo avrà successo e potrà ripetersi, se nel fornello saranno fatte scaldare e poi fermentare tre parti di oro puro con una di mercurio.
E' questo l'emblema del laboratori spagirico, quello che tentava la trasformazione dei vegetali per la produzione di medicamenti (da Alexander von Bernus, Alchymie und Heilkunst, 1936).
Da Le dodici chiavi della filosofia di Basilio Valentino, monaco benedettino (fine XIV, inizi XV secolo). L'insieme delle operazioni per la realizzazione della Grande Opera.
Da Le dodici chiavi della filosofia di Basilio Valentino, monaco benedettino (fine XIV, inizi XV secolo). "Se questi colori di genere diverso risultano mutati e questo Eroe diventa rosso, sarà il Figlio onnipotente che non ha pari nel Mondo, poiché avrà le forze del Sole e della Luna e sarà il vincitore di tutto l'Oro rosso".
Tratto da Les Douze Clefs. . . de. . . Basile Valentin. .. Plus l'Azoth . . . Paris, 1624. In questo disegno vi sono tutti i possibili simboli alchemici ed in particolare alcuni che saranno poi ripresi dalla Massoneria. E di queste rappresentazioni, in cui il simbolismo predomina, si mescolano tutti i motivi che sono alla base della vita dell'uomo. In particolare vi è la natura da una parte e il filosofo (l'alchimista) che tenta di carpire i suoi segreti al fine di raggiungere la perfezione che è poi legata alla nota metafisica cristiana ed ebraica. Tutto in un ordine ascendente per rappresentare proprio la salita verso l'alto, luogo in cui risiederebbe la perfezione. Nelle diverse mitologie vi era addirittura quella della semina di oro, al solito, sotto particolari condizioni.
"Seminate l'oro nella bianca terra concimata che è la terza terra che serve all'oro; essa tinge l'elisir e l'elisir fa la sua parte con essa". Da Aurora consurgens, fine del secolo XIV. Naturalmente il processo alla fine sarebbe risultato attivo: più oro raccolto di quanto seminato (in teoria ...). Un episodio non certamente trascendente ma interessante ci proviene dall'Italia del nono o decimo secolo. Le continue manipolazioni avevano permesso ad un ignoto alchimista di scoprire l'alcool puro dalla distillazione del vino(9). Il risultato era un'acqua (cioè un liquido) con la proprietà di andare a fuoco che entusiasmò il mondo dell'alchimia per l'essere riusciti a chiudere il circolo dell'alchimia (acqua che diventa fuoco). Questa sostanza venne chiamata aqua vitae(acqua della vita) e venne ritenuta il solvente adeguato per ottenere la pietra filosofale. Qualche coraggioso, un tale autonominatosi Lully, che aveva provato il sapore dell'aqua vitae (la nostra acquavite o grappa) disse: "Il gusto di questo liquido è superiore a qualsiasi altro sapore ed il suo profumo a tutti gli altri odori". A Lully risultava evidente che, in conseguenza di ciò, era vicina la fine del mondo.
L'unione di acqua con fuoco (tratto da un'opera tantrica) rappresenta l'unione di principi opposti, considerato alla base di ogni cosa. Con la scoperta dell'aqua vitae si realizza questa unione. Altro aspetto, questo di interesse, è relativo all'alchimizzazione della mitologia classica ed anche della Bibbia. Vari simboli alchemici sono associati agli dei ed ai miti classici ma anche a vari episodi della Bibbia.
Cristo al centro dello zodiaco (Italia del Nord, Secolo XI), al centro cioè dell'astrologia (qualcuno dice che la simbologia sia legata alla padronanza del tempo da parte di Gesù).Nei 4 medaglioni esterni, le 4 stagioni. E' lo stesso Messori, cantore della Chiesa, che dice: "la nascita di Gesù è stata annunciata dai profeti, ma anche dagli astrologi. Nel Vangelo di Matteo si racconta dell’arrivo di tre Magi che altro non erano se non sapienti astrologi della Mesopotamia". E ne conclude che l'astrologia è una cosa seria.
I nomi delle bestie dell'Apocalisse sono inscritti nella 4 sfere intersecantesi e rappresentano le 4 forze primarie dell'universo: Urthona è l'immaginazione; Luvah è la passione;Urizen è la ragione; Tharmas è il corpo. Il mondo a forma di uovo (l'uovo vcosmico che torna spesso nelle simbologie alchemiche) di Urthona si gonfia a partire dal vortice che, nel centro del caos, crea l'illusione dello spazio tridimensionale delimitato dall'opacità (Satana) e dalla densità (Adamo), impedendo così all'uomo di vedere le cose come sono, eterne ed infinite. Da William Blake, Milton, 1804-1808.
Da: Aurora Conseguens, inizi del secolo XV. "Nel Padre c'è l'eternità, nel Figlio l'identità e nello Spirito Santo la partecipazione all'eternità ed all'identità ... ed i tre sono uno, cioè corpo, spirito ed anima; quindi nel numero 3 vi è ogni perfezione". La triade è rappresentata dai tre uccelli dai tre colori dell'Opera (l'Opera è quella che porta alla realizzazione della pietra filosofale). Lo Spirito Santo è associato all'acqua mercuriale, che rende le cose terrestri 7 volte celesti ed ha un effetto vivificatore, purificatore e fecondo.
"Dopo molte sofferenze e pene varie, sono risuscitato pulito e senza macchia". "La tua pietra, alchimista, non è niente; la pietra fondamentale della quale parlo è il mio color oro e pietra filosofale". Da Angelus Silesius, Cherubinischer Wandersmann, 1657.
L'anima ardente nel suo stato naturale - rappresentata dal cuore rovesciato - si trova dentro il fuoco dell'ira che è la qualità del padre. Ma mediante il sacramento del battesimo in nome di Javè, il nome di Gesù si rende accessibile e l'anima riceve il fuoco d'amore del figlio: "Il Padre battezza con il fuoco, il Figlio con la luce". Il suo sangue celeste trasforma l'ira in amore. Da Jacob Boehme, Theosophische Werke, Amsterdam 1682.
PARACELSO E L'ALCHIMIA MEDICA
Per molti anni non vi furono novità degne di particolare nota nelle elaborazioni degli alchimisti fino ai lavori dello svizzero Theophrastus Philipp Aureolus Bombast von Hohenheim, autochiamatosi Paracelso (1493-1541) per essere considerato "Oltre Celso", la massima autorità medica del I secolo d.C., quello che scrisse Il vero discorso contro i cristiani. Ricordo in breve (semplificando molto e senza tener conto della scuola d'Ippocrate e di quella di Galeno) cosa era la medicina a quell'epoca. La tradizione greca, che durava da millenni, era dominante. Secondo tale tradizione ogni malattia del corpo nasce da uno squilibrio dei quattro umori che lo costituiscono: la flemma, l'irascibilità, la malinconia ed il sangue. Fatto d'interesse è che, se c'era disequilibrio, la cosa riguardava l'intero corpo e sull'intero corpo s'interveniva per la cura che consisteva in salassi, provocare vomito o sudore. Paracelso, che muoveva da un antiaristotelismo coniugato con il neoplatonismo panteista di Plotino, si ispirava ai lavori di Raimond Lull (1232-1315), del cardinal Cusano (1401-1464), di Pico della Mirandola (1463-1494), di Marsilio Ficino (1433-1439). Egli è il più noto rappresentante della parte dell'alchimia che va sotto il nome di arte spagirica (dal greco spao che vuol dire separare e agheiro che vuol dire raccogliere); si trattava di separare alcune sostanze, sottoponendole a trasmutazioni, per poi riunirle in preparati con proprietà medicamentose più efficaci di quelle tradizionali, di concezione ippocratica, galenica, araba. Notevole è il suo rigetto dell'occultismo, delle tradizioni gnostiche e delle teorie magiche. Secondo il nostro le sostanze naturali devono contenere delle virtùcon caratteristiche eterne e delle sostanze divine, in accordo con il pensiero di fondo dell'alchimia che assumeva una sostanziale unità di materia e spirito. L'universo era un complesso magico regolato dal grande mago Dio. In questo mondo vi erano molti segreti nascosti che era compito del medico tirare fuori ed utilizzare. Queste sue concezioni lo portarono a pensare che le infermità provenivano dal di fuori del corpo e non riguardavano l'intero corpo ma parti di esso. Come conseguenza, egli cercò rimedi specifici abbandonando quelli generali accennati. E, nell'ambito dei rimedi specifici, l'alchimia entrò con forza (inizia la iatrochimica) con una modifica di fondo rispetto a quella dello zolfo e mercurio fino ad ora vista. La cura sarebbe stata possibile intervenendo con medicamenti minerali piuttosto che organici. Dice Paracelso (Paragrano. Terzo trattato: dell'alchimia):
Paracelso introdusse nell'alchimia un terzo principio attivo, quello del sale, cioè il principio di non infiammabilità e di stabilità. A questo punto vi sono tre primi elementi (zolfo, mercurio, sale: i tria prima) ed il tre inizia a giocare un ruolo particolare. La numerologia vede nel tre un numero particolarmente favorito, vi è poi il richiamo alla Trinità attraverso l'energia spirituale che i tre elementi, interpretabili anche in senso materiale, avevano sul corpo, riflesso della trinità medesima.
Lo Zolfo è quindi un mediatore tra corpo e spirito per produrre le differenti sostanze che costituiscono il corpo. Il ruolo dell'anima' in questo modo di vedere le cose, è spirituale e simile a quello materiale che il liquido solvente esercita quando unisce zolfo e mercurio per realizzare la pietra filosofale. Il simbolismo rappresentava questo con due pesci che nuotano nel mare, dove il mare è il corpo ed i pesci sono lo spirito e l'anima:
De Lapide Philosophorum, 1625 In un altro suo lavoro, l'Opus Paramirum (1531) egli specifica ulteriormente il ruolo dei tria prima che costituiscono tutti i corpi.
E la cosa diventa complessa quando Paracelso afferma che la conoscenza del corpo è la conoscenza di quanto Zolfo, Sale e Mercurio esso contiene. Si tratta qui di capire con complicate metodologie come stanno le cose. Ed egli fornisce dei metodi di separazione degli elementi che è d'interesse riportare, osservando tra l'altro che non era pratica di Paracelso il tenere nascosti i procedimenti:
Lo schema che segue, riassume le proprietà dei tria prima (proprietà delle quali non entro in spiegazioni) che hanno anche loro rappresentazioni simboliche come quella di figura.
Triangolo alchimistico
Si noti che vengono qui modificate alcune proprietà della teoria zolfo-mercurio precedente. In quella infatti lo zolfo era considerato stabile ed il mercurio volatile. Ora invece i due principi sono entrambi volatili (in alchimia di queste incongruenze ve ne sono in quantità). Paracelso pensava, mediante distillazioni particolari di metalli ridotti ad olii con acqua forte, di estrarne la parte attiva, vigorosa e pura, quasi lo spirito di quella sostanza, la sua energia sottile, che chiama quintessenza del corpo (Archidoxae medicinae libri, 1524):
Ma ancora di più della quintessenza potevano gli arcani:
Ci sono quattro arcani: quello della prima materia, che rinnova la giovinezza, quello della pietra dei filosofi, che muta il corpo umano come il fuoco pulisce quello della salamandra, il mercurius vitae che fa ricrescere denti e capelli, e la tinctura che fa oro dall’argento e leva la corruzione dall’uomo.E' utile ritornare a sottolineare che l'alchimia da sola non è considerata da Paracelso risolvente i problemi della cura delle malattie. Vi sono sempre da dover considerare molti altri influssi, tra i quali quelli astrologici:
In ogni caso, da Paracelso abbiamo una interessante presa di posizione:
e non isolata perché egli si batté sempre contro gli avidi alchimisti imbroglioni che spillavano solo denaro alla gente, sia che operassero nel campo dell'alchimia minerale sia in quello dell'alchimia medica(10).
LA PIETRA FILOSOFALE
Ho accennato qua e là alla pietra filosofale senza entrare in qualche dettaglio. Conviene ora soffermarsi un poco su questo concetto cardine dell'intera alchimia. Di cosa si tratti ce lo dice un medico, astrologo, filosofo, teologo ed alchimista medioevale (tra l'altro maestro di Raimond Lull), Arnaldo da Villanova (1235-1315):
e può trasformare in oro cento parti di un metallo impuro (per Ruggero Bacone le parti diventavano centomila e Lull affermava che se il mare fosse di mercurio lo tingerebbe tutto: Mare tingerem, si mercurius esset!). L'origine della pietra (lapis philosophorum) è però molto più antica e davvero non si sa dove localizzarla, probabilmente ad Alessandria, nei primi secoli cristiani. Già al punto 5 delle Tavole smeraldine abbiamo visto che, questo lapis, è il padre della perfezione in tutto il mondo. Raimond Lull la chiamacarbunculus. Paracelso afferma che si tratta di un corpo solido color rubino, trasparente e flessibile che si rompe come il vetro. L'alchimista musulmano Kalid la definisce nel modo seguente:
Altri affermano che si tratti di una polvere pesante e splendente con odore intenso e piacevole. Tale polvere era anche detta di proiezione ed aveva la capacità di trasformarsi in oro se era rossa ed in argento se era bianca. Tutti concordavano nella sua proprietà di tingere e quindi di cambiare il colore originale dell'oggetto con il quale veniva in contatto.
COME SI PREPARA LA PIETRA FILOSOFALE
Quella pietra doveva essere proprio filosofale se molti alchimisti sostenevano che essa era di difficilissima preparazione pur essendo dappertutto e solo a chi non sa osservare essa non si fa vedere. Nel Gloria Mundi, seu Tabula Paradisi
Frontespizio del Museo Ermetico (1526), uno degli scritti tradotti dal tedesco in latino e raccolti nel Musaeum Hermeticum (1678), si dice che la pietra filosofale:
e cioè che non è cosa per poveri di spirito. Si tratta appunto di un lavoro per iniziati che debbono combinare insieme, oltre alle vere e proprie trasformazioni di tipo alchimistico, tante altre cose e disposizioni. Le Tavole Smeraldine sarebbero servite da guida a chi mostrava di saperle leggere. Più che un processo di fabbricazione si tratta di vari processi che è complesso raccontare, anche per quella cosa del segreto, dei simbolismi, di molte oscurità che ci raccontano tali processi. Gli stessi alchimisti lo definivano l'Opus Magnum, la Grande Opera. Si partiva da alcuni materiali che si ritenevano di base (i migliori erano l'oro e l'argento) e si lavorava per la loro purificazione completa con procedimenti che oggi chiameremmo chimici. L'oro e l'argento purificati producevano Zolfo e Mercurio filosofici. In un contenitore di vetro (vaso di Ermete o vaso dei filosofi o uovo filosofale, uovo come simbolo di creazione e di fertilità) si mescolavano i principi filosofici (Zolfo e Mercurio); si chiudeva poi ermeticamente questo vaso mediante il fuoco (si fondeva cioè il vetro della bocca del vaso in modo che si chiudesse il vaso stesso) e si passava al vero e proprio Opus. A volte si aggiungeva un terzo principio, il Sale filosofico (ottenuto dall'argento vivo, cioè dal mercurio) che aveva il pregio di chiudere a tre i principi attivi e molte volte, gli alchimisti più incolti, lavoravano con i più diversi materiali in interminabili prove eminentemente empiriche. Per operare le diverse trasformazioni si usavano degli strumenti e, particolarmente importanti erano i forni. Da un testo, Geberi Philosophiae ac
Alchimistae (1531), che riporta vari lavori di Geber, riprendo alcune immagini che illustrano i vari tipi di fornaci:
Tratto
da: The
Works of Geber Englished by Richard Russell, London,
1678. Gli strumenti e particolarmente i forni o le fornaci (il prolungato e controllato riscaldamento dei materiali purificati) sono fondamentali per ogni lavoro alchemico, tanto che un forno è simbolo dell'alchimia, il forno Athanor, nome che proviene dal greco come parola composta da thanatos, che vuol dire morte, ed una a privativa davanti, che vuol quindi dire complessivamente immortalità (secondo un'altra versione Athanor deriverebbe dall'arabo al tannur che significa il forno per ottenere la fusione).
Athanor (da: J. C. Barchusen, Elementa Chemiae, Leyden 1718) Ma il forno doveva avere significati bel più profondi e rapportabili completamente all'uomo se uomo e forno vengono rappresentati con medesime sembianze:
Alla sinistra è
rappresentato un forno antropomorfo (da: G. Dorn, Aurora,
Basilea 1577). Alla destra un forno a forma di generatrice o
matriz (da: Andreas Libavius, Alchimi,
Francfort 1606). Da alcuni alchimisti cristiani l'Uomo venne
considerato per analogia il "Forno filosofico" in cui si
compie l'elaborazione del pensiero capace di scoprire le
capacità di trasmutazione che conducono alla purezza. Preparati opportunamente gli ingredienti con il riscaldamento di cui dicevo nel forno alchemico e nel vaso di Ermete chiuso ermeticamente, si passava al processo di moltiplicazione. In questa fase la quantità di materia prima che l’alchimista ha già trasmutato può venire moltiplicata a volontà per semplice contatto con la pietra moltiplicatrice nell'ultimo passaggio della Grande Opera che è chiamato proiezione. Anche sulle operazioni necessarie per il raggiungimento dello scopo finale vi è disaccordo tra alchimisti. Per Paracelso le operazioni dovevano essere sette mentre, ad esempio, per Antoine-Joseph Pernety (1716-1796) dovevano essere le dodici di seguito elencate (messe anche in relazione con i segni dello Zodiaco):
I processi alchemici Tento
qualche spiegazione dei processi elencati. aiutandomi con il
Read(12). La «calcinazione», o riscaldamento
all'aria, portava al «fissaggio» dei metalli fusibili, ed in
tal modo essi assumevano una forma solida permanente o
«calce» che resisteva a ogni ulteriore cambiamento. La
«distillazione» fu spesso immaginata come un processo a due
stadi, l'ascendente e il discendente, simbolicamente
rappresentati da uccelli che volavano verso l'alto e verso
il basso. Allo stesso modo, cigni, colombi o altri uccelli
che volavano verso l'alto, simboleggiavano la
«sublimazione». Si pensava che sublimando più volte una
stessa sostanza, si potesse arrivare alla sua quintessenza.
Con il termine «putrefazione» o «mortificazione» veniva
indicata la «morte di un metallo» causata generalmente dal
calore (ossidazione); il processo inverso di «ritorno alla
vita» o «risurrezione» (riduzione) era interpretato dagli
alchimisti come il ritorno dell'anima di un metallo nel suo
corpo. Si supponeva che questi due processi si
manifestassero con la comparsa dei colori nero e bianco.
Secondo un'idea molto diffusa, anche l'oro, il metallo
perfetto, doveva subire la mortificazione per permettere al
suo «seme» di germogliare o crescere quando si fosse trovato
in un mezzo adatto. «Il grano e gli altri semi dei vegetali,
gettati nel terreno, prima di poter germogliare devono
decomporsi», scrisse Paracelso riferendosi a una diffusa
anche se errata concezione medioevale. Il processo di
«congiunzione» era considerato come l'unione del maschio con
la femmina, del Sole con la Luna, dello zolfo con il
mercurio, del solido con il volatile, del rospo con l'aquila
e così via. Nella «nutrizione» il recipiente per la reazione
era riempito di materiali preparati al momento. La
«circolazione» era una forma continua di distillazione in
vaso chiuso; questo processo fu spesso condotto in un vaso a
due braccia, l'alchimistico pellicano (già incontrato), o in
un doppio vaso.
Pellicano alchimistico grande importanza perché venivano usati per indicare le ultime due operazioni culminanti nella trasmutazione. Un principio fondamentale dell'alchimia affermava che, una volta ottenuta la pietra o polvere per la «proiezione» nella sua forma grezza, si poteva aumentare enormemente la sua forza con un processo di «moltiplicazione». A questo punto può nascere di nuovo un po' di confusione: infatti i fabbricanti d'oro indicavano con lo stesso termine l'aumento della quantità iniziale d'oro usata come massa iniziale nelle loro trasmutazioni. Alcuni sostennero che la medicina (la pietra) poteva venir moltiplicata «all'infinito» con il mercurio. Nella operazione finale, chiamata «proiezione» una piccolissima quantità della preziosa polvere, avvolta di solito nella carta o chiusa nella cera, veniva gettata in un crogiolo rovente contenente mercurio, piombo fuso o altre sostanze che dovevano subire la trasmutazione. Il fuoco giocava quindi un ruolo importante. L'uovo filosofale, contenente il pulcino (pietra filosofale) veniva aperto con il fuoco (simbolicamente rappresentato da una spada) che era il calore della cova e quindi un calore dosato con estrema cura, ed infatti, come accennato, era proprio il dosaggio del calore uno dei problemi più grandi degli alchimisti.
La rottura dell'uovo
filosofale (il vaso di Ermete) con la spada (fuoco)
originerà il pulcino (pietra filosofale). La cura dell'uovo è sempre presente ed in tal senso non deve turbare il fatto che nella precedente figura compaia una spada. L'operazione di apertura dell'uovo è sempre qualcosa di delicato, come mostrano le immagini che seguono, le quali fanno esplicito riferimento alla delicatezza necessaria con l'uovo filosofale.
Da Arthur Henkel, Albrecht Schone, Emblemata, ristampa, Stoccarda 1967. Dal frontespizio di un monumentale commentario biblico di un monaco del XVII secolo dove si riportano Glossae medievali di Strabone e di Nicola di Lyra. A partire dal 2° volume, i successivi cinque tomi portano sul frontespizio un’immagine mitologica, con la scrittanoctu incubando diuque. Si allude al significato dell'Opus di Dio, consistente nell’operare la trasformazione della vita, la nascita di una creatura nuova, come il pulcino nasce dalla gallina che lo cova. Il “noctu diuque” indica, inoltre, come il processo spirituale non deve avere soluzione di continuità.
Il Forno Filosofico e la gallina che cova (Speculum veritatis, XVII s.: Biblioteca Apostolica Vaticana, Cod. lat. 7286) E' d'interesse osservare che l'uovo è simbolo utilizzato anche da uno dei massimi pittori del Cinquecento, Piero della Francesca. Si osservi questa sua Madonna dell'uovo:
Piero della Francesca, Madonna dell'uovo (1472-1474)
Piero della Francesca, Madonna dell'uovo (particolare) I problemi si ponevano per controllare i gradi di calore forniti dai fuochi (oggi si direbbe: la temperatura). Non si poteva sbagliare di troppo perché i processi che avvenivano dentro l'uovo erano di tipo incubazione ed era il tempo insieme al grado di calore che giocava un ruolo importante. Per alcuni processi si immaginavano addirittura cento anni di fuoco di modo che Maier poté dire (1617) che il tempo che la Natura ha a disposizione è estremamente lungo ... Il tempo a disposizione dell'Arte è [invece] molto breve così che, per ingannare il tempo della Natura fu creato il mese dei filosofi che aveva la durata di 40 giorni! Come già detto gli astri giocavano ruoli fondamentali ma non tutti erano d'accordo su quali fossero gli astri favorevoli a determinati processi. L'alchimista Norton, ad esempio, sostenne (1447) che la Grande Opera doveva iniziare con il Sole nel Sagittario e la Luna nell'Ariete e doveva terminare con il congiunto influsso di Sole e Luna nel segno del Leone. Altra complicazione per l'alchimista era il colore (ho dato un qualche cenno qua e là). Occorreva seguire l'Opus nel suo complesso attraverso i differenti colori che le varie sostanze assumevano via via durante i processi. Anche qui vi erano colorazioni a priori che, per quello che rappresentavano nelle analogie, dovevano essere preferite. Si doveva partire dal nero per passare al bianco, poi al giallo e quindi al rosso e questo in analogia sia con i gradi di nobiltà dei quattro elementi che con quella dei quattro umori del corpo:
Nel passaggio da un colore all'altro occorreva vedere i colori della coda del pavone; e se ciò accadeva voleva dire che tutto andava bene (Carnock, 1574). Il nero aveva il significato di completa putrefazione mentre il rosso si doveva ottenere dopo il nero, altrimenti tutto il processo era fallito. Il raggiungimento del rosso era un successo importante, un preparato in grado di moltiplicarsi (Ripley, XV secolo). Ed i colori, proprio per la loro importanza al fine della buona riuscita dell'Opus, assumono importanti significati anche in relazione allo stato di salute dell'uomo che, lo ricordo, è determinato (fori della teoria di Paracelso)dall'equilibrio dei quattro umori: flemma, irascibilità, malinconia e sangue. La cosa ci viene descritta dal mago ed alchimista tedesco Heinrich Cornelius Agrippa von Nettesheim (1485-1535) nel suo De occulta philosophia (1533). Egli dice (Capitolo XILX):
Da ultimo anche la musica aveva la sua importanza. Questo era un elemento di provenienza pitagorica, le armonie delle note musicali con le loro proporzioni aiutano della Grande Opera ed indicano le proporzioni tra i principi attivi (Norton, 1477). Infine non poteva mancare la preghiera, la purezza di cuore e l'assenza di peccato e l'imperativo dell'alchimista era:
NOTE
(1) A. Pichot - La nascita della scienza - Dedalo 1993 (2) Vi è, come accennato, una grande incertezza a situare le origini dell'alchimia. Certamente essa ha avuto a che fare con le abilità dei vasai, dei metallurgisti e dei forgiatori che operavano principalmente in Mesopotamia. Questa parte estremamente evoluta del mondo avrebbe poi esportato le conoscenze sia verso Occidente, l' Egitto e la Grecia, sia verso Oriente, Cina ed India. Le conoscenze via via accumulate furono poi sistematizzate in Egitto durante il periodo ellenistico. Nei primi secoli del cristianesimo, con forti influenze neopitagoriche e neoplatoniche, si ebbero le prime opere scritte di alchimia. Il nome alchimia, usato probabilmente per la prima volta da tal Giulio Firmico contemporaneo di Costantino per indicare una particolare scienza appresa dagli arabi, è derivato propriamente dall'arabo al khem con al articolo e khem sostantivo. E khem è l'antico nome dell'Egitto che derivava dal colore delle sue terre fertili sulle rive del Nilo, terre nere oppure dal fatto che l'Egitto fosse la terra del cammello. Altre derivazioni possono essere dall'ebraico qamû e dal greco kaiô che hanno il significato di ardere, bruciare. Altre ancora fanno discendere alchimia dall'arabo al e chema che vuol dire il segreto o sempre da al e dal greco chemeiache vuol dire la fusione. In definitiva alchimia è il nome dal quale si riteneva discendesse l'arte delle trasformazioni della materia. Ed è certamente vero che in Egitto si fosse esperti in alcune tecniche che in qualche modo sono legate ai primordi dell'alchimia, come la colorazione del vetro, la tintura dei tessuti, la fabbricazione di smalti, la lavorazione dei metalli tra cui assumerà un valore simbolico importante l'oro. (3) A questo punto si inseriscono tutta una serie di speculazioni che portano ad associare altri simboli, come quello della Stella di David. Vediamo come (tratto da: Alessandro E.M. Pisani, Scritti alchemici e curiosi, http://www.freemasons-freemasonry.com/alchimia_3.html).
(4) Non stupisca l'accostamento
della ricerca dell'oro con misticismo.
In una scala di intrinseca nobiltà, l'oro era il metallo perfetto. E
ricercare oro era ricercare la perfezione. In analogia, la ricerca della
perfezione dell'uomo era operazione di carattere mistico.
(5) Zosimo nato a Panopoli (nome greco dell'egiziana Akhmi'n), città del medio Egitto, e vissuto ad Alessandria di cultura greca, è il primo grande scrittore di alchimia in lingua greca. Fu uno scrittore prolifico che avrebbe scritto ben 28 libri. Di lui è rimasto un ampio corpus di scritti, dedicati agli aspetti più tecnici dell’alchimia, titoli e frammenti. (6) L'elemento mercurio era chiamato argento vivo. Tra l'altro si credeva che se solo quell'argento vivo si fosse solidificato, sarebbe diventato l'ordinario argento. (7) Ruggero Bacone è personaggio di cui non si sa molto. Anche il suo nome non è certo perché in quell'epoca si tendeva a dare a dei lavori i nomi di persone illustri al fine di avere subito fama. Non si è quindi sicuri che tutte le opere attribuite a Ruggero Bacone (Opus Minus, Opus Major, Alchimia Major, Trattato di Filosofia) siano della stessa persona. Sembra sia nato intorno al 1210 nella contea di Sommerseti, in Inghilterra, trascorse la maggior parte della sua vita in prigione. Studiò presso l’università di Oxford, quindi in quella di Parigi fino al 1250, in questo stesso periodo rientrò in Inghilterra per vestire l’abito dell’ordine Francescano. Sorpreso dai frati nel suo laboratorio alchemico venne denunciato dal generale dell’Ordine, San Bonaventura, condannato a lasciare Oxford ed imprigionato a Parigi nel convento dei Francescani. Tutto ciò che si sa sulla sua vita si può trovare in bibliografia 4. Sembra sia morto nel 1294. (8) Giabir ibn-Hayyan è un alchimista arabo, noto in occidente con il nome di Geber, vissuto probabilmente tra il nono e decimo secolo (760-815). Anche per Geber è probabile che molti scritti a lui attribuiti (De alchemia, Summa perfectionis magisterij, Liber de septuaginta, ...) non siano suoi. Ma vi è di più. Secondo recenti ricerche Geber non avrebbe mai scritto la Summa. Quest'opera sarebbe di un francescano, Paolo di Taranto, del XIII secolo e lettore presso il monastero di Assisi. Per compiere la trasmutazione di un metallo in un altro è necessario, secondo la teoria di Geber, utilizzare due diversi composti medici, uno in grado di trasformare i metalli vili in oro (la pietra filosofale o il grande elisir) e l'altro di trasmutarli in argento (il piccolo elisir). Le prescrizioni per ottenere queste medicine sono però date in un linguaggio ermetico, cosi da riuscire incomprensibili. (9) La scoperta dell'alcol giocherà un suo piccolo ruolo nel confutare le dottrine aristoteliche. Esso risulta umido e caldo anziché umido e freddo, come avrebbe dovuto essere nella teoria di Aristotele. (10) Francis Bacon (1561-1620) in Temporis partus masculus (1602) darà il seguente giudizio su Paracelso:
(11) L’immagine del pellicano che dona il sangue ai propri figli, ricorrente nella simbologia cristiana, si può forse far risalire al “Fisiologo”, un bestiario redatto in ambienti gnostici alessandrini intorno al II secolo d.C. da un anonimo. Il libro traccia un parallelo tra caratteristiche immaginarie attribuite a vari animali e virtù cristiane. C'è da notare anche che il processo di moltiplicazione alchemico ha dei riferimenti chiari alla moltiplicazione dei pani e dei pesci.
Osservo di
passaggio che la Moltiplicazione e la Trasmutazione si differenziano
tra loro per gli scopi che raggiungono anche se sono entrambe
operazioni filosofiche:
Per comprendere
pienamente la differenza tra pietra semplice e moltiplicatrice si
deve pensare alla caratterizzazione del mondo secondo l’alchimia: vi
sono in gioco 5 nature (generativa, crescente e agente, decrescente
e dolorante). Compito dell’alchimista che ricerca la Pietra
Filosofale è lavorare prima con e poi contro Natura. Ci sono due
percorsi (ascendente e discendente), che solo nel loro insieme danno
luogo alla perfezione alchemica, all’uomo d’oro, alla trasmutazione.
La pietra moltiplicatrice è il punto di partenza del percorso
generativo e ascendente, perché fa crescere i 4 elementi e i 3
principi della chiave del 3; la moltiplicazione riguarda anche le
operazioni alchemiche, che si accrescono e acquistano forza. Durante
la fase discendente la pietra semplice permette al misto di
conservarsi nel suo stato di salute: si ha così una fissazione del
misto che, invece di morire ed essere riciclato, si trova fuso nella
pietra semplice stessa. Differenza fondamentale tra pietra semplice (di colore verde) e pietra filosofale è che la prima ha un solo possibile uso: una volta utilizzata perde tutti i suoi poteri di trasformare i metalli vili in oro. E' comunque possibile lavorare al forno per del tempo (a volte anche centinaia di anni) la pietra semplice per ottenere la pietra moltiplicatrice (colore viola). E' il colore che darà la certezza dell'avvenuta trasmutazione. Una volta ottenuto dell'oro con la pietra semplice, sarà possibile moltiplicarlo con la pietra moltiplicatrice.
(12) John
Read - Dall'alchimia
alla chimica -
Longanesi 1960, pagg. 56-58 BIBLIOGRAFIA
1) A. Pichot - La nascita della scienza - Dedalo 1993 2) John Read - Dall'alchimia alla chimica - Longanesi 1960 3) Alexander Roob - Alchimia & Mistica - Taschen 1997 4) Ruggero Bacone - La scienza sperimentale. Lettera a Clemente IV. I segreti dell'arte e della natura - Rusconi 1990 5) Serge Hutin - L'alchimia - Dellavalle 1971 6) Walter Scott (a cura di) - Hermes Trismegisto: Corpus Hermeticum - EDAF Madrid 1998 7) Paracelso - Paragrano - Laterza 1973 8) Alexander Koyré - Misticos, espirituales y alquimistas del siglo XVI aleman - Akal Madrid 1981 9) Charles Webster - Magia e scienza da Paracelso a Newton - il Mulino 1984 10) Paolo Rossi (a cura di) - Il pensiero di Francis Bacon - Loescher 1974 11) http://hdelboy.club.fr/bibliot_phil_chim.html (Una raccolta importante di testi ed immagini alchemiche in francese) 12) Michele Giua - Storia della chimica in Storia delle Scienze a cura di Nicola Abbagnano - UTET 1965 13) Enrico Cornelio Agrippa - La filosofia occulta o la magia - Edizioni Mediterranee 1972
Da: www.fisicamente.net
|
|