La storia ed i principi teorici dell'alchimia spiegati e commentati da Paolo Lucarelli, insigne studioso di ermetismo, per molti anni allievo del maestro Eugéne Canseliet. In questo secondo intervento l'autore parla del metodo dell'alchimia e della figura dell'alchimista, evidenziandone caratteristiche fondamentali e presupposti necessari.
L'alchimista e il suo laboratorio, olio di Thomas Wyck (1616-1677). L'evidente disordine del laboratorio tende a caratterizzare l'alchimista come uno studioso un pò pasticcione, secondo un modello "scettico" già caro a Bruegel. In questo dipinto sono tuttavia presenti i due elementi che caratterizzano le fatiche dell'Arte alchemica: lo studio (i libri) e la pratica (il fornello e gli altri attrezzi.
Saremo accusati di evidente contraddizione, ma dobbiamo riconoscere che i Filosofi Ermetici non amano indulgere alla speculazione filosofica. Né manifestano inclinazione alcuna per le teorie metafisiche.
Si usa oggi parlare di alchimia avendo letto qualche libro che ne tratta, mentre sembra vi sia una curiosa reticenza a studiare i testi stessi dell'Ermetismo. Se qualcuno però avesse avuto, o avesse per il futuro, la pazienza e l'onestà di sfogliare almeno in piccola parte l'enorme patrimonio di scritti che gli antichi Maestri hanno lasciato, non potrebbe non notare come il fine sia sempre ed unicamente stato quello di predisporre dei "Manuali di istruzione" per operare. L'Alchimista intende preparare la "Pietra filosofale". Egli sa che l'ottenimento del donum dei, del Dono di Dio, apre la porta, tra l'altro ad una completa e perfetta conoscenza del mondo e delle sue leggi naturali. Egli sa che la Pietra completerà i doni tradizionali dei Re Magi, aggiungendo inevitabilmente all'oro della ricchezza materiale ed alla Mirra dell'immortalità fisica, l'Incenso della sapienza innata. Dunque perché perdere tempo ed energie nell'immaginare ipotesi sterili ed inutili sempre un po' patetiche e meschine?
Un anonimo Adepto esorta:
Lapidem Philoosophorum intelligere curae sit vobis & fundamentum sanitatis vestrae, thesaurus divitiarum, notitiae verae naturalis sapientiae, & certam naturae cognitionem eodem tempore adepti eris.
La vostra preoccupazione sia quella di capire la Pietra dei Filosofi, e nel contempo otterrete il fondamento della vostra salute, il deposito delle ricchezze, la nozione della vera sapienza naturale e la conoscenza certa della natura[1].
Definire dunque l'Ermetismo una Gnosi, come qualcuno ha fatto, è un errore grossolano, a meno di non chiarire cosa si intenda[2].
Lo sapevano i Filosofi di Alessandria che non ebbero mai se non aspre polemiche con gli gnostici loro contemporanei.
In realtà il contrasto non consiste, come ancora qualcuno dice, nell'opporre una visione ottimista del mondo a chi vi scorga gli effetti di un demiurgo malvagio: l'Ermetico non ha alcuna visione del mondo.
La vera differenza è più profonda e più radicale.
L'alchimista non ritiene che esista un Conoscenza Salvifica.
Egli sa che la Salvezza, se proprio vogliamo servirci di questo termine abusato, proviene dalla materia, solo dalla materia. A questa chiede l'unico aiuto, nei limiti in cui gli è concesso ottenerlo, nel momento e nel modo misteriosissimo in cui lo potrà ottenere.
Il Re alchemico.
Dice Pao-p'u-tzù, il grande alchimista cinese:
Per ottenere lunga vita (l'immortalità) è assolutamente necessario ingerire della medicina...[3]
Il resto, aggiungiamo noi, è inessenziale.
Si è detto giustamente che questa strana forma di gnosi
...non si formula, si realizza: si tratta evidentemente di un'Opera, e non di una dialettica filosofica...[4]
Distingue Pao-p'u-tzù:
Uno hsien è un saggio che trova il tao mentre in genere un saggio (shing) è uno che ha un certo potere nel mondo. Uno hsien è nato per essere hsien e un saggio è nato per essere saggio[5].
Per lo stesso motivo l'alchimista è ben poco interessato a tutte quelle pratiche, mentali, spirituali o fisiche, che varie tradizioni ci propongono, dall'India alla tundra siberiana, per perfezionare il piccolo uomo che siamo, e condurlo a più o meno elevati "stati di perfezione".
Vogliamo essere molto chiari, e ci sforzeremo di farlo con un esempio. Un bruco che voglia e possa diventare grillo, non è in alcun modo curioso di ciò che pensano i bruchi, e men che mai aspira a diventare un bruco perfetto e meraviglioso, un bruco "saggio", o "guru", o "metafisico" o "santo" o comunque lo si voglia chiamare.
In realtà, l'unico suo obiettivo è smettere di essere bruco, e diventare grillo. Questo gli riuscirà a condizione di esservi destinato, e di fare certe cose nel modo e nel momento giusto, Quanto a chi è già diventato "grillo", o è sulla strada buona per arrivarvi, questi trasmetterà "istruzioni precise" sulle modalità operative, ma non si vede perché dovrebbe sprecare il proprio tempo, e quello di chi legge, per inutili rivelazioni.
Non avere ben chiaro questo obiettivo, conduce inevitabilmente ad uno stravolgimento nella comprensione degli insegnamenti ermetici. E questo un atteggiarsi della mente, un modo di vedere, una struttura di categorie nuove, di agile duttilità, che deve necessariamente modellare lo spirito di chi si proponga questa ricerca.
Si è detto, giustamente, che per i più la storia del seme di, grano che muore nella terra per fruttificare è una raffigurazione di Cristo. Sorridendo il curioso alchimista legge, nella vicenda di Cristo, la rappresentazione allegorica delle avventure del seme di grano.[6]
Chi non incominci a "vedere" in questo senso, come direbbe Artefio, "non è della nostra setta".
Se dunque troveremo nei testi classici di Adepti indiscussi e consacrati dalla tradizione dei passi, o dei lunghi capitoli, dedicati a speculazioni metafisiche, descrizioni cosmologiche o cosmogoniche, allegorie mistiche, divagazioni curiose o fiabesche, dobbiamo dare per certo che o sono di nessun valore, interpolati proprio per ingannare il profano, o piuttosto, ed è il caso più comune, descrizioni tecniche di operazioni di laboratorio, istruzioni sui punti più segreti dell'Arte.
Urtiamo qui contro il metodo stesso dell'insegnamento e del simbolismo alchemico, che vuole essere il più concreto possibile, mentre negli ultimi secoli gli uomini sembra siano diventati preda di una curiosa smania di astrattezza che li rende incapaci di apprezzare le 'cose' della materia. Perso nel magma pericoloso e ribollente del mentale. L'uomo contemporaneo si è staccato progressivamente dalla Natura, ed ha ridotto il proprio spazio fisico ad una corporeità ludica e sessuale che deforma le sue facoltà percettive.
Lo 'stile' alchemico richiama piuttosto quella antica concreta lingua delle origini, di cui pare solo la Cina abbia in qualche modo conservato lo spirito.
Traduciamo qui dei passi di un eminente sinologo, che possono adattarsi a qualsiasi autentico autore ermetico[7].
Leggendo si sostituisca opportunamente "alchimia" o "alchimista" a "cinese":
La parola, in cinese, è ben altro da un segno che serva a notare un concetto. Non corrisponde ad una nozione di cui si voglia fissare, nel modo più definito possibile, il grado di astrazione e di generalità, Esso evoca, facendo dapprima apparire la più attiva tra quelle, un complesso indefinito di immagini particolari.
Il Cinese, quando si esprime, sembra preoccupato di essere efficace, più che non obbedire a dei bisogni di ordine strettamente intellettuale.
Il pensiero si propaga (piuttosto che trasmettersi) dall'autore al lettore ( diciamo piuttosto dal maestro al discepolo; diciamo meglio: dal capo al fedele) senza che si risparmi a quest'ultimo la minima economia di sforzi, senza, d'altra parte, lasciargli la minima facilità d'evasione. Non è chiamato ad accettare le idee, nel loro dettaglio e nel loro sistema, dopo essere stato ammesso a controllarle analiticamente. Dominato da una suggestione globale, si trova 'catturato' di colpo da un intero sistema di nozioni.
Ritratto fantastico di Nicolas Flamel al lavoro nel suo laboratorio
(litografia del XIX sec.).
Tra tutti i personaggi proposti dalla storia dell'alchimia, Flamel è stato
probabilmente quello che ha goduto maggiore popolarità: la sua vicenda, così
come viene narrata dalla tradizione, è un inestricabile miscuglio di fatti
storici ed elementi fantastici che nell'insieme esercita un indiscutibile
fascino.
Il primo obiettivo ... è quello di far scivolare in un cumulo di formule ricche di sollecitazioni neutre e pressanti una locuzione o un verbo agente, di cui l'uomo comune non merita di indovinare la forza precisa e i sottintesi ... lo scrittore, i suoi esegeti e i suoi editori se possono consentire a segnalare le parole attive e le locuzioni dominanti, si vieteranno di indicare i movimenti di dettaglio e le articolazioni segrete del pensiero. Questo, nella sua piena ricchezza, sarà comunicato a quel solo lettore che, se il suo spirito si risveglia al segnale potente e furtivo che una formula o un verbo gli avranno fatto intendere, potrà, con uno sforzo comparabile a quello di un adepto che cerca l'iniziazione, penetrare l'essenza ritmica della frase.
Daremo un esempio su una pagina di Fulcanelli, che traduciamo mantenendo i corsivi dell'originale:
ARIANE (Arianna) è una forma di AIRAGNE (ragno) per metatesi della i. In spagnolo ñ si pronuncia "gn"; aracne (ragno) si può dunque leggere arahni, arahni, arahgne. La nostra anima.
Non è forse il ragno che tesse il nostro stesso corpo? Ma questa parola richiama anche altre forme. Il verbo airo significa prendere, impadronirsi, allettare, attirare; da cui airhn, ciò che prende, si impadronisce, attira.
Dunque airen è il magnete, la virtù racchiusa nel corpo che i Saggi chiamano la loro magnesia. Proseguiamo. In provenzale chiamano il ferro aran e iran, a seconda dei diversi dialetti. È l'Hiram massonico, l'Ariete divino, l'architetto del Tempio di Salomone.
Il ragno, presso i felibri, è detto aragno e iragno, airagno; in piccardo arègni. Accostate tutto ciò al greco Sideros, ferro e magnete; Questa parola ha entrambi i sensi. Non è tutto. Il verbo aruw esprime il levarsi di un astro che nasce dal mare: da cui aruan (aryan), l'astro che nasce dal mare, si leva, dove ariane è dunque l'Oriente per permutazione vocalica. Per di più aruo possiede anche il senso di attirare; dunque aruan è anche il magnete. Se ora noi accostiamo Sideros, che ha dato il latino sidus, sideris, stella, riconosceremo il nostro aran, iran, airan provenzale, l'aruan greco, il sollevante[8].
Qui le parole "attive" sono: anima, magnete, ferro, stella, sole, cui va aggiunta rete da pesca, suggerita dalla tela di ragno.
Si è descritta l'estrazione del solfo dalla sua prigione, lo strumento necessario, il fenomeno che assicura della buona riuscita dell'operazione, il risultato finale. Non vorremmo, a questo punto, aver dato l'impressione che non si richieda all'artista alcuna qualità. Certamente gli autori, da Geber al Cosmopolita, sono troppo chiari perché possano sussistere dubbi sulla necessità di certe condizioni. La prima è detta molto semplicemente da Pao-p'u-tzu:
...dunque diventare hsien dipende dal destino...[9].
Geber si dilunga sugli "impedimenti" più comuni. Vale la pena di citare i più importanti. Vi sono quelli da parte del Corpo, "ex parte Corporis".
Dicimus igitur, queo si no habuerit sua completa organa, noin poterit ad huius operis complementum pervenire, velut si coecus fuerit, vel in extremis detruncatus...[10]
Diciamo dunque che se non avrà organi completi, non potrà giungere al compimento di quest'opera, o se sarà cieco o tronco delle estremità...
Più numerosi quelli da parte dell'Anima, "ex parte Animae".
Dicimus igitur, quod qui non habuerit ingenium naturale, & animam persctrutantem subtiliter principia naturalia, & naturae fondamenta non inveniet hujus scientiae preciosissimae veram radicem ... Etiam multi invenimus, animam habere facilem opinantem fantasiam quamlibet. Sed quod credunt verum invenisse, fantasticum est totum, rationi devium, & errore plenum, & remotum a principiis naturalibus, quondam eorum cerebrum, multuis repletum fumositatibus, non potest recidere veram rerum naturalium intentionem ... Et sunt alii servi pecuniae, qui desiderantes hanc scientiam, mirabilem ipsam affirmant veram, sed ipsa dispendia interponere timent. Ideoque licet ipsam affirmet, & secundum rationem ipsam investigent, tamen ad operis experientiam non perveniunt, propter pecuniae avaritiam. Ad hos igitur non pervenit scientia nostra.[11]
Diciamo pertanto che se non avrà ingegno naturale e una mente che scruti sottilmente i principi naturali e i fondamenti della natura... non troverà la vera radice di questa preziosissima scienza ... Inoltre ne abbiamo trovati molti che hanno una mente che crede facilmente a qualsiasi fantasia. Ma il vero che credono di aver trovato è affatto fantastico, aberrante, pieno di errore e lontanissimo dai principi naturali, poiché il loro cervello, colmo di molte fumosità, non può accogliere il vero intento delle cose naturali ... Altri ancora sono schiavi del denaro: desiderano questa scienza, affermano che essa è meravigliosa e vera, ma temono le spese. Pertanto, sebbene ne siano convinti, e la indaghino correttamente, tuttavia non giungono all'esperienza dell'opera per avarizia di denaro ... Pertanto a questi non giunge la nostra scienza.
L'aspetto mistico dell'alchimia: l'alchimista nelle vesti di sacerdote orientale trionfa sul drago (la materia) e regge nella mano destra tre rose (simbolo della raggiunta perfezione). L'illustrazione è tratta dallo Zoroaster, manoscritto ermetico del XVII secolo.
Non ci si stupisca dell'accenno al danaro. Secondo la tradizione solo gli ignoranti o presuntuosi possono pensare che l'alchimia sia praticabile dai poveri. Non si richiede certo una ricchezza spropositata, ma i materiali, il laboratorio, gli anni di studio, i testi, tutto ciò comporta una ragionevole agiatezza.
Infatti dice Geber, parlando degli impedimenti che sopraggiungono fortuitamente, "fortuito casu supervenientibus".
Vidimus ergo quondam astutos et ingeniosos, minime ignorantes opera naturae, & ipsam ... sequentes principiis ... Hi tamen ultima paupertate depressi, ex dispensatione indigentia, hoc tam escellentissimum magisterium coguntur postponere[12].
Abbiamo poi visto alcuni abili ed ingegnosi, che non ignoravano l'opera della natura, e la seguivano ... nei principi ... Questi tuttavia, ridotti in estrema povertà, per mancanza di denaro, sono costretti a rinunciare a tanto eccellentissimo magistero.
Non necessita alla via alchemica alcuna pratica di vita ascetico-monastica, né altre regole o ritmi, se non quelli dettati dal laboratorio. Molti Adepti ebbero vita pubblica intensa e fortunata, altri preferirono una sorte oscura e misteriosa.
Qui vale quanto dice Pao-p'u-tzu:
La ricerca dell'immortalità non è complicata. Basta fare alcune cose, l'unico problema è che (quasi sempre) la volontà non è ferma e la fede non è confermata. Perché mai trascurare gli interessi umani? Il vero competente riesce senza difficoltà a occuparsi degli affari e della immortalità. Mentre in provato osserva rigorosamente la via dello "yang shêng", pubblicamente è impegnato negli affari mondani. In tal modo raggiunge una grande perfezione, perché è tenuto a controllarsi ... Una tale persona è eccellente. Se si riconosce viceversa di non avere forze sufficienti per dedicarsi alle cose del mondo e all'immortalità, si tralasciano quelle e ci si dedica al tao tè (la via della verità); chi fa così ha un grado di eccellenza minore.
Cosmopolita aggiunge preziosi consigli nell'atteggiarsi morale, che non vanno trascurati:
...SCRUTATORES Naturae tales esse debent quelis est ipsa Natura, veraces, simplices, patientes, constantes &c. & quod maximum, pii, Deum timentes, proximo non nocentes...[13]
...gli INDAGATORI della Natura devono essere tali quale è la stessa natura, veritieri, semplici, pazienti, costanti, etc.; e specialmente, pii, timorosi di Dio, che non nuociano al prossimo...
La Natura, che richiama qui Cosmopolita e prima Geber e gli altri, questa Natura non è, è bene sottolinearlo, quella smorta figura tra il bucolico e l'evasione estiva di un "club" marino, che si immagina l'uomo contemporaneo, vittima dei suoi stessi incubi.
La cantava nel XII secolo, con note ancora robuste e pregnanti, Alano di Lilla nel De Planctu Naturae, il Lamento della Natura.
O
dei proles, genitrixque rerum,
Vinculum mundi, stabilisque nexus,
Gemma terrenis, speculum caducis
Lucifer orbis.
Pax, amor, virus, regimen, potestas,
Ordo, lex finis, via, dux, origo,
Vita, lux, splendor, species, figura,
Regula mundi.
O prole di Dio,
genitrice delle cose,
Legame del mondo, stabile nesso,
Gemma ai terreni, specchio ai mortali,
Lucifero agli orbi
Pace, amore, virtù,
regime, possanza,
Ordine, legge, fine, via, duce, origine,
Vita, luce, splendore, specie, figura,
Regola del mondo.
Spiegava Ermanno di Corinzia:
(Naturam) eodem nomine vocare possumus, quo Plato significans mundi animam vocat.
Possiamo chiamare (la Natura) col medesimo nome che Platone chiaramente attribuisce all'anima del mondo.
Si capisce dunque che il suggerimento degli Adepti di "seguire la Natura" non sia né teorico né astratto. Il consiglio però prevede, per una effettiva attuazione, un incontro e una manifestazione. Soltanto dopo che la Diana nuda e splendente si sia palesata in tutta la sua deliziosa venustà all'Artista meravigliato, questi potrà "bruciare i libri" per seguire la Maestra infallibile, destinata da sempre a guidarlo sulla Via.
Allora, vero cavaliere errante, immerso nell'unica autentica "questa", avendo ucciso e decapitato il drago, avendo conquistato la terribile benevolenza della "Dame sans mercy", egli dovrà sottostare alla condizione più alta e più importante: mantenersi, in tutta umiltà, sempre e costantemente fedele d'amore.
Due simboli tipici
dell'alchimia: il "globo crucifero" e il serpente crocifisso riuniti in
un'unica immagine
tratta dallo Zoroaster, un manoscritto ermetico del XVII secolo.
Note
[1] Lux Obnubilata Suaptè Natura Refulgens, cera de Lapide Philosophico Theorica, metro italico descripta, et ab auctore Innominato Commenti gratia ampliata. Venetiis MDCLXVI, apud Alexandrum Zatta, Superiorum Permissu & Privil. Proemium.
[2] Vedi ad es. Festigière, La révélation d'Hermes Trismégiste, Les Belles Lettres, Paris 1981. Testo affatto insopportabile nella sua deformante presunzione cattolica, tuttavia ricco di notizie utili. Più corretto, pur in estrema sintesi, quanto scritto in H.C. Puech, Storia delle religioni, tomo secondo, Laterza 1977.
[3] Pao-p'u-tzù, Nei P'ien, i capitoli delle interiorità, in "Conoscenza Religiosa", 1976, n. 3.
[4] R.A. Schwaller De Lubicz, Le miracle Egiptien, Flammarion 1963.
[5] Op. cit. Noi tradurremo semplicemente "hsien" con "adepto".
[6] Michel Butor, Révue Critique, Ottobre 1953, citato in Claude D'Igé, Nouvelle Assembée des Philosophes Chymiques, Dervy livres 1972.
[7] Marcel Granet, La pensée chinoise, Albin Michel, Paris 1968.
[8] Fulcanelli, Le Mystère des Cathédrales et l'interprétation ésotérique des symboles hermétiques du Gran Oeuvre, A Paris, chez J.J. Pauvert, 1964, pag. 63.
[9] Op. Cit.
[10] Gebri regis arabum Philosophi perspicacissimi SUMMA PERFECTIONIS MAGISTERII IN SUA NATURA, ex bibliothecae Vaticanae exemplari undecumque emendatissimo edita cum vera genuinaque delineatione vasorum & Fornacum. In J. J. Mangeti, Bibliotheca Chemica Curiosa, Tomus Primus, lib. II, sect. II, subsect IV, Liber primus, cap. II.
[11] Ibid., cap. III.
[12] Ibid., cap. IV.
[13] Novum Lumen Chemicum e Naturae Fonte et Manuali Experientia depromptum, cui accessit Tractatus de Sulphure, Auctoris Anagramma DIVI LESCHI GENUS AMO, Tractatus primus. In Musaeum Hermeticum Reformatum et Amplificatum ... continens Tractatus Chimicos XXI, Francofurti, apud Hermannum à Sande, MDCLXXVIII.